ANTONIO SALINA

D Antonio Salina tastierista…hai fatto studi classici o sei autodidatta ?

R Ho iniziato prendendo qualche lezione ,ma fondamentalmente sono autodidatta

D Attualmente fai parte della band I Genius, ottimo gruppo, ottimi musicisti…come è iniziata la tua avventura in questo “complesso”, come si usava dire una volta ?

R Avevo avuto esperienze musicali con alcuni componenti del complesso , quando l’ex tastierista ha lasciato , Stefano, il batterista, mi ha contattato ed io ho accettato con piacere

D Prima hai fatto parte di altre band ?

R Suono dall’età di 18/20 anni, e ho sempre fatto parte di qualche gruppo. Ho iniziato con un mio gruppo, era il 1978, ” La ruota di scorta” alternando nostri pezzi inediti a pezzi di musica leggera italiana. Abbiamo anche partecipato a Primo Applauso , concorso per gruppi emergenti, classificandoci secondi con un nostro inedito. Poi la mia esperienza è proseguita con il gruppo “Aurora Lunare” dove il fondatore Mauro Pini mi chiamò e con il quale ho proseguito il percorso musicale accompagnandolo nella promozione di un 45 giri da lui prodotto nelle tv e radio regionali.

Successivamente ho continusto a suonare fra piano bar , gruppi di musica da ballo, da ascolto e non mi sono mai fermato dato che la musica è la mia prima passione.

D A partire dagli anni ’70 le tastiere hanno avuto una parte sempre più rilevante all’interno dei gruppi rock, tanto da diventarne parte integrante, come spieghi questa “promozione” ?

D Quali sono i tuoi mostri sacri, i tuoi punti di riferimento ?

R Sono cresciuto ascoltando e suonando fondamentalmente PFM, Ivan Graziani, Pink Floyd , Queen..

Ho un debole per i Pooh, che spesso mi trovo a cantare in varie occasioni

D Con i Genius attraversate tutto il panorama musicale italiano e non solo suonando cover di tutti i generi…ma qual’è il tuo genere preferito ?

R La musica , se di qualità è bella tutta

D Progetti futuri tuoi e della tua band: qualche concerto a breve in città dove poter venire ad ascoltarvi ?

R A csausa del covid siamo un po tutti in stand by, non ci sono date certe, speriamo di poter suonare al piu presto

D Questo maledetto Covid ha impedito il normale svolgimento degli spettacoli musicali programmati in città…una città di notevoli e importanti artisti ma spesso sonnecchiona, quasi infastidita…cosa pensi che manca per fare il salto di qualità ?

R Un cambio di mentalità, la musica non è rumore….

D Tutti noi ci chiediamo ancora oggi come mai non siamo saliti su quel treno che forse avrebbe potuto cambiare la nostra vita…eppura era lì…musicalmente parlando, dove andava il tuo treno ?

R Non lo so, per prendere quel treno ci dobbiamo trovare nel posto giusto al momento giusto…una fortuna che a pochi è concessa e spesso nemmeno ai più meritevoli.

D Chi è oggi Antonio Salina ?

R Un marito, un babbo appassionato di musica, passione che ho trasmesso anche a mia figlia Martina , con la quale ho condiviso in passato serate di piano bar e che spera di continuare a suonare il più a lungo possibile.

STEFANIA CASU

D: Stefania Casu, pianista… come nasce la passione per questo strumento?
R: Ho iniziato a studiare pianoforte all’età di 8 anni, perché mio padre era appassionato di musica e aveva studiato il mandolino. Lui ha trasmesso la passione per la musica prima a mio fratello piu grande, che ora è violinista e poi a me.
D: Se non sbaglio hai fatto studi avanzati, una bella laurea in pianoforte…
R: Ho studiato pianoforte all’Istituto Mascagni di Livorno e mi sono laureata sotto la guida del Maestro Ugo Ferrario. In seguito ho studiato composizione, lettura della partitura e nel mese di ottobre del 2000 mi sono laureata in jazz, sotto la guida del Maestro Mauro Grossi.


D: Sei ovunque… in pratica non c’è un evento culturale di una certa importanza senza la tua presenza al piano, una bella soddisfazione…
R: Sono entrata da anni a far parte della Compagnia Lirica Livornese, con la quale faccio diverseserate di diversi generi musicali. Accompagno il Coro di Garibaldi d’Assalto, direttore Pardo

Fornaciari, suono con la Banda cittadina e in altre situazioni occasionali. La mia attività primaria è fare l’insegnante di musica nella Scuola Media Statale “G. Bartolena”.
D: La tua bravura fa sì che tu riesca a gestire situazioni diverse: dall’operetta al coro, dal varietà all’opera vera e propria, persino il vernacolo ti ha visto protagonista sia come musicista che direttrice musicale… raccontaci.
R: Non mi tiro indietro quando mi chiamano a suonare, perché mi diverto in tutte le diverse situazioni artistiche.
D: La tua formazione classica impone quasi una scelta di genere ma che rapporto hai con “le altre musiche”?
R: La laurea in jazz mi ha aperto un mondo nuovo per generi diversi dal classico. Mi piace suonare di tutto.

D: Quali sono le tue fonti di ispirazione, sia musicisti che compositori?
R: Amo i musicisti Romantici e i musicisti francesi, ma anche la musica barocca; ascolto un po’ di tutti i generi e vado spesso ai concerti.
D: Mai fatto parte di una orchestra?
R: Sì, in passato ho suonato in una Big Band e da adolescente ho suonato nell’orchestra dell’Istituto Mascagni.
D: Sei una docente scolastica e in passato hai anche insegnato pianoforte… che dici del rapporto che hanno i giovani con la musica, classica e jazz in particolare?
R: La maggior parte dei giovani vogliono la vita semplice e preferiscono la musica leggera, meno impegnativa, ma ho avuto allievi che mi hanno dato soddisfazione per la loro bravura e per le loro capacità.
D: Ognuno di noi ha un rimpianto che lo tormenta per non aver preso quel treno famoso… dove andava il tuo e perché sei rimasta a terra?
R: Mi sarebbe piaciuto insegnare in un Conservatorio, ma la vita mi ha portato a fare una scelta diversa. Appena laureata ho vinto il concorso nella Scuola Media e lì sono rimasta. Vinsi anche un concorso per insegnare musica negli Istituti di 2° Grado, ma, avendo la cattedra fuori Livorno, ho dovuto rinunciare per motivi familiari.
D: Chi è oggi Stefania Casu?
R: Sefania Casu oggi nutre la stessa passione di quando aveva vent’anni, perché la musica è stata presente nella sua vita in tutti i momenti, anche in quelli più difficili.


MAURIZIO FANELLI

D Maurizio Fanelli cantante ma anche batterista…chi nasce prima dei due ?

R Sono nato come batterista poi successivamente come cantante .

D Attualmente fai parte della Steak Blues Band…ottimo blues, ottimi musicisti…raccontaci di più…

R Negli anni 90 circa , grazie al grande Manlio Pepe e il mitico Mimmo Mollica , mi avvicinai al Blues e sentivo che era il genere che percepivo e nel tempo formai la Steak Blues Band .

D In precedenza hai fatto parte di altre band ?

R In precedenza ho fatto parte come batterista , di un paio di band con repertorio ” Rock Pop ….

D Il blues è qualcosa che quando ti entra dentro non ti lascia più…quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi cosidetti mostri sacri ?

R Il Blues è quella cosa che a volte non si può neanche spiegare , lo acquisisci ,lo vivi al momento che lo fai , te lo senti dentro ed è una magnifica sensazione .

D Ti ho sentito cantare alcune volte ( mai purtroppo nelle vesti di batterista)…hai una voce che ben si adattta al genere della musica del diavolo…si percepisce e si vede che “senti” il pezzo, lo vivi…

R Grazie delle parole…quando canto blues “entro” nel pezzo e cerco di trasmettere a chi mi ascolta tutta la grande bellezza di questa musica.

D La batteria è l’altro tuo grande amore…immagino la gioia dei tuoi vicini di casa…

R La batteria è stata il mio primo approccio con la musica , sono riuscito a studiare un po’ esercitandomi frequentemente , essendo una strumento rumoroso , bè, puoi immaginare .

D Progetti futuri, qualche concerto a breve magari in città ?

R Riguardo il futuro , credo di continuare a fare del buon ” Ritm& Blues e magari con qualche live , anche se attualmente è un po’ complicato , ma sono fiducioso .

D A Livorno il blues è un genere che ha molti “adepti”…facile nelle varie manifestazioni sentire band che si cimentano…come ti spieghi questo fenomeno ?

R A Livorno ci sono dei bravissimi mucisti per tutti generi , però dico che il Blues non è tanto di culto in questa città , questo me ne dispiace un po’ .

D Tutti noi abbiamo un rimpianto e forse anche più di uno….musicalmente parlando, quale è il tuo più grosso che ancora oggi “ti dà pensiero” ?

R Sinceramente rimpianti , non credo , forse potevo fare di meglio , magari con un po’ di fortuna in più , comunque posso dire di ritenermi soddisfatto per quello che ho fatto

D Chi è oggi Maurizio Fanelli ?

R Oggi Maurizio Fanelli è uno che ancora crede nella musica , che sicuramente andrò sempre avanti perché la musica fa’ parte di me , nonostante che comincio ad avere un’età “Matura” ; mi sto’ dedicando alla chitarra acustica con una certa passione , come vedi non si finisce mai di imparare . Con questo voglio essere grato a tutti i musicisti che hanno suonato e collaborato con me in tutti questi anni , mi hanno fatto crescere ed insegnato tanto , sono tanti non sto’ ad elencarli.

PINO SCARPETTINI

D Tutto ebbe inizio nel 1966 quando a Genova nasce un gruppo di nome Trolls con un livornese alle tastiere…Pino Scarpettini…raccontaci

R Tutto ebbe inizio nel 1965 e non nel 66 …. quando iniziai a fare il pendolare tra Livorno e Genova dove continuai i miei studi di musica, armonìa e composizione col Maestro Mario Moretti del Conservatorio Paganini di Genova. Alloggiavo nell’albergo Gianni a Sturla, Sturla un rione periferico sul mare. Caso volle che questo albergo fosse di proprieta’ del padre di Vittorio De Scalzi. C era un pianoforte dove io mi dilettavo a suonare; un giorno si avvicino’ Vittorio con la chitarra ed iniziammo a duettare. Mi chiese se volevo entrare a far parte di un gruppo in cui suonava dal nome Goldfingers, accettai e mi inserri come organista. Io a Livorno avevo il gruppo de Gli Astratti ed un giorno Vittorio fece una sostituzione come chitarrista…..

D Da dove nasce il nome Trolls ?

R Un giorno passeggiando per Galleria De Ferraris a Genova, in un negozio vidi uno strano personaggio, mi piacque, era un portafortuna … era il Troll… lo portai a Vittorio e gli dissi perche non cambiamo il nome al gruppo … l’ idea fu subito gradita e quel giorno nacquero I TROLLS…. cambiammo gli elementi ed entrarono Giulio Menin batteria, Ugo Guido al basso ed Guido Menin chitarra, sostituito poco dopo da Piero Darin…..

D Non avevate rivali nei concorsi e stravincete ovunque, non solo con il consenso del pubblico ma anche della stampa specializzata..dove era la vostra forza ?

R Si,il gruppo andava per la maggiore e non aveva rivali, il successo di pubblico e di critica era unanime… la nostra forza: eravamo bravini e …carini.

D Al 1° Trofeo Rapallo Davoli vi piazzate al terzo posto dietro i Mat 65 e i Corvi…questo vi regala un contratto con la Columbia Voce del Padrone e l’uscita del 45 giri “Dietro la nebbia/Questa sera”, una bella soddisfazione…

R Nacque cosi Dietro la Nebbia, con la quale nel 66 partecipammo al Troifeo Rapallo Davoli, classificandoci al 3 posto, anche se, in effetti avremmo dovuto vincere. Ma noi eravamo un gruppo di Genova dove si svolgeva la finale, i Corvi un gruppo di Parma, Davoli organizzatrice parmense, quindi dettero la vittoria ai Mat 65…. niente da dire comunque, i tre gruppi migliori. Ecco il contratto con la Columbia Voce del Padrone e la successiva uscita del primo 45 giri con Dietro la Nebia e Questa sera.

D Nel 1967 parti militare e il gruppo ha una scissione…che successe in realtà ?

R Il fatto che nel 67 partii di leva non influi’, perche non mi impediva di andare avanti col gruppo, merito di convalescenze e permessi.

Fu Vittorio a lasciare il gruppo non io…. ed inizialmente dopo un periodo di silenzio, usci un altro gruppo col nome Trolls, che diffidato aggiunse il New.

Vittorio fu sostituito da Luciano Milanese, giovane chitarrista divenuto poi un grande bassista jazz e purtroppo prematuramente scomparso.

D I Trolls ripartono con un nome che diventerà famoso nel tempo: i New Trolls e tu mica sei stato con le mani in mano vero…che hai fatto dopo la tua uscita dal gruppo ?

R Sia Trolls che New Trolls iniziano strade parallele, con alterni successi. I Trolls continuano ad incidere con la Coluimbia altri due 45 giri… ne seguiranno una serie tra inediti e cover famosi, come la versione italiana di “What a wonderful world – Un mondo su misura”.

D Sei rimasto in buoni rapporti con i ragazzi della band ?

R Inizialmente i rapporti furono un pò tesi perche ritenni una birbaccionata essersi appropiato del nome( mio)…… ma col tempo sono migliorati sempre di piu’…. ora Vittorio fa il solista e ci sentiamo spesso… gli altri si sono spartiti il nome New Trolls con varie desinenze…. mentre Trolls rimane sempre Trolls.

D Quali sono state le tue fonti di ispirazione, i tuoi mostri sacri ?

R Le mie fonti di ispirazione… Beatles e Ray Charles, autentici mostri sacri .

D Tutti noi ci portiamo dietro rimorsi e rimpianti, tutti noi abbiamo visto un treno che ci aspettava e non siamo saliti e ancora oggi “ci mangiamo le mani”…dove andava il tuo treno ?

R Non ho rimpianti, in seguito fondai gli Omelet con i quali feci Sanremo 80 e mandai a quel paese l organizzatore di allora , certo Gianni Ravera, per evidenti brogli… acqua passata…

D Chi è oggi Pino Scarpettini ?

R Oggi sono uno stimato professionista, continuo a suonare, ed insegno alle nuove generazioni…. produco qualche artista come il trio Le Soprano, che fanno progressive lirico… del resto siamo stati l’ inventori del progressive.

Cosi, anche col mio tumore che mi segue e combatto vado avanti e la musica e’ il mio toccasana…. e se proprio lo vuoi sapere il 30 agosto mi sposo la mezzo Soprano Elisa Bartalini, il rock sposa la lirica!….bellissimo!

D Tanti auguri allora Pino, di cuore, te lo meriti.

R Grazie.


PATRIZIA DESIDERI

D Patrizia Desideri cantante…immagino dalla tenerissima età…

R Si, in effetti è così. Ho iniziato a prendere lezioni di canto , da sempre, e non ho mai smesso, anche adesso, perchè sembrerà un luogo comune ma io ci credo nel detto “Non si smette mai di imparare”.

Ho avuto ottimi maestri, infatti sono stata allieva di Auro Morini, Maurizio Montanari, Fabio Ceccanti, Donatella Pellegrini, Sabrina Benvenuti…cantanti e maestri che mi hanno dato una impostazione, un metodo. La voce è un dono di natura ma dietro ci sono molte cose, tanti esercizi, tanti accorgimenti. Anche usare il microfono deve essere fatto bene.

La fortuna di avere avuto questi maestri è che erano pianisti, questo è servito in seguito per affrontare il piano-bar accompagnando un musicista, rispettando i suoi tempi, tutta cosa diversa dalle basi “finte” che spesso vengono usate da un computer.

Fin da piccola mi sono sentita proiettata verso lo spettacolo, l’intrattenimento.

Purtroppo problemi familiari importanti (mio padre morto giovanissimo, mia madre alle prese con mille e mille problemi), hanno impedito questo mio desiderio; avrei voluto imparare a suonare il pianoforte, fare un corso di teatro, ma tutto andava in secondo piano. Mi sono accontentata del canto, scelta più facile e perchè no, meno costosa.

Chissà…in un altro contesto o in un’altra città (tutto si svolge a Roma o Milano) avrei potuto fare di più…e poi sarà una frase fatta ma tremendamente reale: ci vogliono le conoscenze, punto !

D Ti ho sentita cantare, hai una voce limpida, chiara, ma all’occorenza sa anche “graffiare”…

R Il timbro della voce è personale, nessun maestro ti insegna, è un dono di natura.

Pensa che da ragazza volevano indirizzarmi verso il modo di cantare Di Loredana Bertè o Mia Martini , ma non volevo essere l’imitazione di nessuno.

D Mai fatto parte di un gruppo ?

R No, mai fatto parte di un gruppo anche se mi sarebbe piaciuto, ma devo dire che non so se sarebbe stata una scelta facile. Vedi, io amo la musica cantautoriale, quasi di nicchia; per me i testi sono importantissimi, non mi piacciono le “urlatrici”, i virtuosismi vocali…pochi gruppi magari sarebbero stati contenti di tale scelta. Mannoia, Consoli, Fossati, ecco questa per me è il concetto di musica.

D Il tuo genere preferito penso sia la musica leggera e non italiana…

R Il mio genere preferito è il cantautoriale italiano. Sono nata musicalmente negli anni ’80 e ho conosciuto gli Spandau Ballet e similari, ma fin da ragazzina, quando organizzavo spettacoli proponevo la Mannoia, Fabi, Dalla e persino Pino Daniele.

D Il ruolo di cantante per te è un po’ riduttivo : cantautrice, presentatrice tv, organizzatrice di eventi, insomma “non stai mai ferma”…quale il ruolo che più ti appaga ?

R Il ruolo che più mi appaga è stare a contatto con la gente…pensa che non mi dispiace neanche fare il Karaoke, infatti organizzo serate in tal senso e sono apprezzatissime: li presento, li faccio cantare, li faccio sentire importanti, dai bambini a età avanzata.

In Tv mi sono divertita molto, soprattutto a Telecentro: 4 puntate del programma “Ma che bontà”, dove entravamo nelle cucine dei ristoranti dove intervistavamo i cuochi…molto divertente.

Poi “Finalmente ti ho trovato”, una parodia tutta livornese di “Uomini e Donne”: tutto rigorosamente senza copione e in diretta il sabato sera. Non sapevi mai cosa poteva accadere, cosa poteva uscire da quelle bocche e dovevo essere pronta a gestire tutte le situazioni. Purtroppo la mancanza di fondi e sponsor ha fatto sospendere tutto.

Poi mi sono divertita molto a leggere i messaggi durante una trasmissione sportiva calcistica: a volte, sono sincera, ero anche in difficoltà perchè non mi intendo per niente di calcio…quindi puoi ben capire. Pensa che nonostante me lo abbiano spiegato molte volte non ho ancota capito “il fuorigioco!!!”

Cantautrice si, infatti ho realizzato i testi di due canzoni : “Andrea”, dedicata a mio figlio, con musica del maestro Auro Morini e “Come stai”, dedicata al mio babbo, con musica del maestro Fabio Ceccanti. Come vedi ho solo scritto i testi perchè purtroppo non ho una cultura musicale che mi permette di musicare le mie canzoni.

D Sei stata anche la ideatrice e presentatrice del concorso “I sogni son Desideri” che nell’ultima edizione ha avuto 140 iscritti di ogni età provenienti da 22 scuole di canto toscane…una bella soddisfazione…

R Soddisfazione è dir poco: manifestazione di 5 giorni al Teatro Salesiani, 22 scuole, 140 cantanti suddivisi per categorie di età, compresa sezione “Brani inediti di cantautori.

Il maestro Alessandro Fava accanto a me…

Poi come le fiabe…nel 2012 la crisi, li sponsor vengono a mancare, i costi (Teatro, SIAE, Premi per 5 categorie) sempre più alti… Pensai “Se lo sciupo non lo faccio”…e così è stato. Peccato perchè avevamo molta risonanza: avevo allacciato rapporti con Radio Stop con il patron Giannoni in giuria, l’allora quotidiano locale “Corriere di Livorno” e “La Nazione” facevano servizi giornalieri…si, peccato. Devo dire però che sono molto contenta di aver mantenuto solidi rapporti con alcune scuole di canto tanto che spesso mi chiamano a organizzare serate ed eventi…segno che qualcosa di buono avevo fatto.

D “Sfondare” nel mondo della musica non è mai facile, ottimi talenti non ci sono mai riusciti…che consigli ti senti di dare ad un giovane che vorrebbe “provarci “ ?

R Sfondare è difficile. Io mi sono sempre “rimboccata le maniche”, senza babbo dall’età di 6 anni, problemi economici in casa, mai potuto fare provini, book fotografici, contattare agenzie eppure…sono qua. Ho fatto anche il provino per “Il Grande Fratello”…quindi il consiglio è : mai abbattersi e rimboccarsi le maniche.

D Patrizia tutti noi abbiamo un rimpianto che ogni tanto riaffiora, un treno mai preso…dove andava il tuo e perchè non sei salita ?

R Il rimpianto è “il destino”, le vicissitudini della vita…mi sarebbe piaciuto studiare musica e il pianoforte…chissà dove andava quel treno.

D Chi è oggi Patrizia Desideri ?

R Una donna fortunata. Patrizia ha fatto l’istruttrice di guida per 20 anni e poi ha scelto di vivere di musica.

Mi chiamano a presentare serate, eventi, karaoke, matrimoni…

Faccio di lavoro quello che amo fare.

Sono una che ci ha creduto fino all’ultimo, amante della musica che per me ha valore terapeutico: sono riuscita a fare quello che amavo: vivere di musica.

Certo Livorno e Pisa non sono Londra o Los Angeles ma va bene così, sono felice di lavorare e questo lo trovo un grande previlegio.

GIANCARLO FONZI

D Giancarlo Fonzi, bassista, in un mondo dominato dalle chitarre perchè il basso ?

R Perché senza il basso che farebbero le chitarre? Scherzi a parte, il basso mi ha subito affascinato, forse perché le sue frequenze parlano alla pancia, vanno nel profondo, io sono un istintivo, era il mio strumento.

D Attualmente fai parte del gruppo Blues Miners…il nome dice tutto, andate alla ricerca di brani blues, scavate nella musica del diavolo, per riproporre, alla vostra maniera brani più o meno noti…appagante senza dubbio…

R Decisamente, avendo frequentato per anni le jam che si tenevano a Livorno e dintorni abbiamo notato che, alla fine, era una costante l’esecuzione dei soliti brani (sebbene numerosi), più conosciuti quindi i più facilmente eseguibili con un gran numero di musicisti. Tanti di questi brani fanno parte anche del repertorio di gruppi che si esibiscono nei vari locali dove si fa musica. Da qui è nata la voglia di andare alla ricerca di brani ed autori meno conosciuti e rappresentati ma non per questo meno belli o complessi, anzi.

D Prima dei Miners in quali gruppi hai militato ?

R Premetto che sono sempre stato un “musicista” col contagocce ovvero, nella mia vita ci sono state altre priorità che mi hanno lasciato veramente pochissimo tempo libero, quindi anche le mie esperienze musicali sono molto poche e limitate. A parte gli esordi che, come per quasi tutti sono stati con amici e compagni di scuola (uno di loro peraltro fa parte dei Miners) il primo gruppo in cui ho suonato è stato “Autonomia Musicale” con l’amico e liutaio Mauro Manetti, suo fratello Franco, Riccardo Lazzeri (poi nei Blues Harbour di Mimmo Mollica) e Riccardo Chirici poi causa militare sostituito da Fabio Giannitrapani, bella esperienza purtroppo breve. Da ricordare a fine anni ’90 i Forever Young Con Vincenzo Sorgente, Cinzia Pasquini, Stefano Lucarelli e davide Equi. Successivamente ma sempre con intervalli di anni ho suonato con mio cognato Luca Biasci, bravo cantautore un po’ atipico ed introverso e poi con tanti amici senza però che si concretizzasse un vero gruppo fino a quando, nel 2017, l’amico Massimiliano Pietrini mi chiese di far parte dei Teenage Wasteland, cover band degli Who, accettai, con non poche riserve vista l’ecletticità delle parti di basso (di un inarrivabile John Entwhistle) ed è stata per me una esperienza bellissima e formativa dal momento che avevo da pochissimo ripreso lo strumento in mano e solo per partecipare, con difficoltà, alle Jam sessions del Surfer Joe ma che mi ha anche fatto conoscere dei validissimi musicisti come appunto Massimiliano e anche Paolo Albanese, ottimo tastierista e Gianni Venturi grande batterista purtroppo prematuramente scomparso. Poi arriviamo ai Blues Miners, con Paolo Fara (il compagno degli esordi ritrovato) alla chitarra e voce, Marco Santinelli (membro dello storico gruppo “Aurora Lunare”) alla batteria e Arrigo Lattes noto tastierista che ha militato in molte formazioni musicali.

D Spesso e volentieri ho visto che ti lasci coinvolgere in molte jam…un modo per stare insieme ad amici e improvvisare buona musica …

R Le Jam sono state l’occasione di riprendere in mano il basso, che avevo per molti anni abbandonato, devo ringraziare Mauro Manetti mio grande amico che le conduceva e, con amorevole insistenza, mi ha convinto a salire sul palco. Dopo tante brutte figure dovute all’inattività però è ritornata prepotentemente la voglia di suonare e così sono diventato una presenza “infestante” a tutte le jam che potevo frequentare, da quella di Giacomo Vespignani che rimpiazzò Mauro Manetti al Surfer Joe, quella di Alex Sarti alla Deriva e poi alle Botteghe e al Mississippi, quella dei Dinosauri del Blues al White Rabbit e poi al Route 66 e ora in altri locali della provincia di Pisa, quella di Emiliano Degli’Innocenti sempre alla Deriva e per finire quella di Nick Becattini ancora al Route 66. Le jam mi hanno permesso di conoscere tanti grandi musicisti e, soprattutto, di suonare insieme a loro, una scuola impagabile.

D Quali sono i tuoi bassisti di riferimento, i tuoi mostri sacri ?

R Dirò una banalità citando Jaco Pastorius, ma è stato davvero un bassista per me importantissimo anche se non di un genere che amo (riesco a) suonare, però bassisti che ho apprezzato ed amato sono Chris Squire (Yes) John Paul Jones (Led Zeppelin), Pino Palladino ora negli Who del già citato Entwhistle e poi in fila Mark King, Alphonso Johnson ma anche Stefano Cerri, Rino Zurzolo, Dino D’Autorio, Marco Antonio Ricci e molti atri.

D Ovviamente il blues fa la parte del leone ma quale altro genere prediligi suonare ?

R Mi piacciono quasi tutti i generi, il rock, il prog, la fusion, il jazz ma da lì a dire che li posso suonare tutti ce ne corre.

D Progetti futuri, magari qualche concerto a breve in città ?

R Per ora stiamo definendo la scaletta, tenendo conto che ci siamo formati appena prima della pandemia, capirai che dobbiamo rimboccarci le maniche e provare molto, ma spero che presto si possa suonare magari in condizioni ottimali che di questi tempi non è cosa facile.

D A proposito di città, Livorno…patria di numerosissimi musicisti , eppure…manca qualcosa per far emergere molti di quelli che sono artisti che meriterebbero ben altra considerazione…dove sta “l’inghippo” secondo te ?

R Non c’è un vero e proprio inghippo, Livorno come dici giustamente ha dato i natali a grandi artisti e, nella fattispecie, tantissimi musicisti di grande livello ma, vuoi per cattiva sorte, vedi i fratelli Cappanera della Strana Officina, vuoi perché il livornese è particolarmente insofferente a certi meccanismi e compromessi, artisti come Ciampi in passato, Bobo Rondelli che ne è un grande erede, Roberto Luti, Alex Sarti oggi, non sono valorizzati come meriterebbero e ce ne sono altrettanti che vantano anche collaborazioni illustri come Mauro Grossi, Dimitri Espinosa, Carlo Cavallini, Renato Ughi e decine di nomi che si fa fatica ad elencare, rimangono ancorati alla loro città, madre e matrigna che francamente è difficile lasciare.

D Giancarlo, tutti noi abbiamo occasioni perdute di tutti i tipi, treni mai presi…musicalmente parlando qual’è il tuo più grosso rimpianto ?

R Il mio più grosso rimpianto? In realtà non è un vero e proprio rimpianto, la musica è stata una costante nella mia vita ma è passata in secondo piano perché ho scelto di mettere avanti la famiglia e ciò mi ha portato da sempre a fare due lavori per andare avanti e seguire la casa, i figli, poi purtroppo genitori e suoceri non in buona salute, devo essere riconoscente a mia moglie che prima da fidanzata poi da compagna di vita ha sempre rispettato i miei impegni di lavoro che mi rendevano poco presente a casa, ma non tanto da non farmi carico delle mie responsabilità. Poi, una volta cresciuti i figli la nuova disponibilità di tempo libero mi ha consentito di ritornare alla vecchia passione ed eccomi qua.

D Chi è oggi Giancarlo Fonzi ?

R Oggi sono un vecchietto che si diverte come un bimbo a nuotare, suonare e fare tardi con gli amici e che spera di andare presto in pensione per fare ancora più casino, con la famiglia e gli amici vecchi e nuovi.

LORENZO CONTORNO

D Lorenzo Contorno giovanissimo bassista…quindi il sacro fuoco della musica di ha colpito subito…

R Secondo qualche racconto sì, sembra che suonassi la batteria andando “a tempo” coi brani del Jesus Christ Superstar

D Essere “figlio d’arte” sicuramente ha influito moltissimo…immagino sei cresciuto a pane e musica…

R La musica è di casa non posso negarlo, ma ammetto di non essere mai stato spinto a prende uno strumento in mano. È una necessità sorta in me col tempo.

D Ti ricordo inserito nel gruppo Echoplaying…nei fai sempre parte e prima o dopo ci sono stati altri gruppi ?

R Assolutamente ancora nel gruppo! Stiamo evolvendo sempre più dagli inizi e col nostro ultimo singolo ‘Giostra’ ne abbiamo dato una riprova importante. Prima c’è stato qualche gruppo, ma gli Echoplaying rimane l’unico progetto importante di cui abbia mai fatto parte.

D Quali sono stati i tuoi punti di riferimento, i tuoi bassisti preferiti ?

R Sono un amante degli anni ’90, in particolare del grunge. Quindi Shepherd, Ament, Starr e così via. Il bassista però che più mi influenza rimane comunque Justin Chancellor dei TOOL. Una perfetta sintesi fra semplicità, spirito, gusto ed effettistica.

D Vi vidi suonare e il vostro sound si poteva inquadrare come Alternative Rock, New Wave…

R Trovo sempre difficile inquadrarci in un genere. Credo che la nostra forza stia proprio nell’unione di noi singoli membri. Seppur così diversi, creiamo un’alchimia che si svincola dai semplici generi, trasmettendo puramente quello che noi stessi siamo nel nostro intimo, fra di noi e col nostro strumento. In definitiva direi che suoniamo ‘Echoplaying’.

D Sei giovane ma hai già una buona esperienza musicale..salire sul palco dà sempre una forte emozione…ma una volta iniziato passa tutto…

R Ho una buona esperienza nel piccolo! Abbiamo avuto la fortuna di poter suonare al Teatro degli Arcimboldi di Milano e non è stato facile essere focalizzati dall’inizio. Poi però prendi un bel respiro, guardi gli altri che ti sono vicino e premi Start!

D Livorno e la musica, un connubio vincente…centinaia e centinaia di musicisti hanno respirato il nostro libeccio dalla nascita…eppure, salvo rare eccezioni è sempre difficile emergere…cosa manca secondo te per creare una Scuola Livorno ?

R È il grande problema della livornesità. Siamo eccezionali ma ci fermiamo all’esserlo più che a diventarlo. Ma tutto ciò è già stato trattato nello splendido libro di Simone Lenzi ‘Sul Lungomai di Livorno’.

D Vista la tua età è difficile avere rimpianti, ma se tu potessi tornare indietro “ a quel momento”, musicalmente parlando, cosa cambieresti ?

R Forse darei di più. I primi tempi in cui suoni spesso perdi tempo a controllare che le note siano giuste e precise più al sentimento che dai a chi ti ascolta. Cercherei di essere da subito più presente sul palco.

D Parlaci un po’ della tua esperienza attuale in RadioEco…

R Con l’inizio della carriera universitaria mi si è presentata la possibilità di fare parte di questo bellissimo progetto. Un gruppo di persone eccezionale, interessantissime ed estremamente differenti che mi arricchiscono tutte le volte con cui ci entro in contatto. RadioEco tratta di tutto il mondo in cui viviamo. È fatta da giovani per giovani. Si parla di musica, con articoli (come faccio io) o con podcast, ma anche di attualità, ogni forma d’arte, rapporti con la società ecc. È un percorso che porterò avanti con molto orgoglio e dedizione.

D Chi è oggi Lorenzo Contorno ?

R Lorenzo Contorno oggi è quello che era ieri e quello che sarà domani. Per quanto magari possa fare il rievocatore storico e non giocare più calcio ad esempio. Non credo nel cambiamento di una persona. Posso e devo imparare tutto quello che mi viene offerto, ma ciò non genera un cambiamento in me. Piuttosto mi fornirà degli elementi di lettura della vita che potrò applicare nella quotidianità come nella musica.

MARCO CATARSI

D: Tutto iniziò alla fine degli anni 60 quando un gruppo di bambini dette vita ad una band dal nome Cuori di Pietra, e Marco Catarsi era alla chitarra… che ricordi hai?

R: Ricordi ne ho un miliardo, ma sono confusi, sovrapposti. Certe volte, quando descrivo un episodio di quell’epoca a un amico, ho la sensazione di mentirgli, di inventarmi tutto. Come è possibile che i Cuori di Pietra siano stati al fianco di Massimo Ranieri, di Gianni Pettenati o dei Rokes? Come si spiega che una sera siano stati presentati in pubblico dal superlativo Corrado Mantoni? Ogni volta mi sembra di raccontare una marea di balle. Poi guardo le foto e mi accorgo che è tutto vero. È stato vero, roba da non credere.

D: In che senso al fianco di Ranieri e degli altri grandi artisti che citi?

R: Nel 1967, quando i Cuori di Pietra iniziarono a salire sul palco, non era ancora nata la stagione del concerto (inteso come lunga serata di un solo cantante o di un solo gruppo): gli artisti di grido arrivavano sul luogo dello spettacolo verso le 11 di sera, si limitavano a cantare quattro o cinque loro successi, a concedere un bis, a firmare un centinaio di autografi e a darsela a gambe, travolti dalla folla in delirio.

D: E quindi?

R: Quindi c’era da colmare un bel buco temporale, perché la gente prendeva posto in sala verso le 8 o poco dopo, non arrivava mica alle 11. Di solito chi iniziava a scaldare la platea era un intrattenitore, un barzellettista, oppure una coppia di comici, come gli insuperabili Mario Fenzi e Armando Nocchi, i cui sketch in vernacolo erano irresistibili, ideali per rompere il ghiaccio.

D: Ma come, mi tiri fuori dal cilindro i grandiosi Fenzi e Nocchi? Fortuna che avevi le idee confuse! Prosegui, prosegui. E poi?

R: E poi toccava alla musica, vale a dire che iniziavano a esibirsi una serie di cantanti solisti e gruppi musicali, fra i quali — nove volte su dieci — potevi trovare I Cuori di Pietra, la band più giovane di Livorno (e chissà, forse della Toscana): quattro mocciosi di 8-9 anni, che lasciavano tutti a bocca aperta per la loro disinvoltura nell’affrontare le hit del momento.

D: Fammi qualche esempio di brani che avevate in repertorio. Ne ricordi qualcuno?

R: Di primo acchito mi vengono in mente Bonnie and Clyde (Georgie Fame & the Blue Flames), L’Incidente (Mal e I Primitives), L’Ora dell’Amore (cover di Homburg dei Procol Harum, in Italia portata al successo dai Camaleonti), Angeli Negri (cover di Angelitos Negros, canzone di Pedro Infante del 1948, in Italia riapparsa varie volte, in quel momento con Fausto Leali), Cinque Minuti e Poi (Maurizio Arcieri) e… boh, chissà quanti altri: di media ne mettevamo in piedi tre o quattro al mese.

D: Eravate davvero giovani, in realtà bambini… giocavate a fare i grandi o eravate davvero parte integrante, musicalmente parlando, di quella fantastica Livorno che vide nascere gruppi importanti sulla scena beat?

R: Rispondo per me, ma credo di poter rappresentare anche il pensiero degli altri: non giocavamo a fare i grandi, giocavamo e basta. A quell’età c’è chi s’incontra con gli amici per la partita di calcio; noi ci incontravamo per la “partita di musica”. Era uno spasso riunirci, non vedevamo l’ora di farlo per imparare cose nuove, per sentire il fracasso del rullante, per ficcare la spina del jack nella presa dell’amplificatore, percantare in un microfono vero, che era un sogno. Maremma, che bei giocattoli avevamo!

D: Tu e la chitarra quindi un amore nato… fin dai primi passi di vita…

R: Non esattamente. Prima della chitarra m’innamorai della batteria; suonavo quella di mio cugino Claudio (componente degli Iceberg, altro gruppo livornese di quel periodo) il quale — pur gentilissimo nel mettermi in mano le bacchette — guardava i suoi tamburi con una certa preoccupazione: ero indemoniato e ci picchiavo violentemente.

In casa una batteria non l’avevo, ma la costruivo (e distruggevo) quotidianamente con scatole da scarpe, fustini di detersivo, cassette della frutta recuperate al mercato, coperchi di pentola, tazze e scodelle sbocconcellate… insomma, materiale di scarto, ma prezioso per me che facevo rigorosi esercizi ritmici, e che a volte immaginavo di essere Ringo Star. La zazzera ce l’avevo, lo strumento pure, non mi mancava niente per suonare assieme ai Beatles mettendo sul piatto del Lesa un loro disco.

La chitarra, certo, quella arrivò presto, e forse fu un amore ancor più grande: non l’abbandonavo mai, tant’è che chiesi di andare a lezione da un vero maestro, perché “accà nisciuno nasce ‘mparato”.


D: Fermati! È per caso dal maestro di chitarra che incontrasti i futuri componenti dei Cuori di Pietra?

R: Esatto, li incontrai dal maestro Silvestrini, un uomo speciale, indimenticabile, sempre sorridente, musicista eclettico. Iniziai a prendere lezioni da lui nel 67, assieme a mio cugino Maurizio, bambino delizioso, amico vero, anche lui futuro Cuore di Pietra.

D: A proposito, chi erano gli altri del gruppo?

R: Il maestro Silvestrini, in seguito alla fase di rodaggio in cui si avvicendarono vari elementi, scelse la formazione definitiva: Giovanni Martelli (batteria), Luciano Del Santo (tastiere), il già citato Maurizio Giambini (chitarra e voce) e il sottoscritto (chitarra e voce).

D: Cuori di pietra… un nome “duro” per dei giovanissimi… come nacque questo nome?

R: A dire il vero non lo ricordo. O meglio, ricordo che fu un gioco anche quello: qualcuno lo propose per il gusto di creare un contrasto umoristico fra noi bambini (in pratica degli angioletti) e il nome cattivissimo che ci saremmo portati dietro. Invece ho ben presente un fatto: l’idea del contrasto piacque a tutti, non ci furono ripensamenti, quel nome divenne subito il definitivo.

D: Finita l’esperienza con i Cuori di Pietra, in quali altri gruppi hai militato?

R: Nessun gruppo di spicco. Ebbi mille esperienze, in parte come solista, in parte assieme a band che occasionalmente mi invitavano a far parte di un evento musicale, ma sempre e soltanto a scopo ludico. Peraltro avevo iniziato lo studio del pianoforte in conservatorio, e una “voce di dentro” mi sussurrava che dell’Arte dei Suoni stavo trascurando una dimensione più intima, più costruttiva: quella del suo approfondimento storico e teorico, di cui avvertivo urgenza per un arricchimento individuale. Cosicché, pur continuando ad amare il pop/rock (impazzivo per i pionieri del progressive), non ero più così entusiasta di salire sul palco un giorno sì un giorno no. Quando sei ragazzino — se realmente provi attrazione per la musica e non per l’applauso — hai poca voglia di sembrare una specie di mostro agli occhi degli amici: vuoi essere uno di loro, che magari suona Battisti sulla spiaggia cantando insieme agli altri, non «quello che oggi è sul giornale».

D: Gli anni 60 erano, lo dicono ormai tutti, formidabili, seppur molto giovane, che ricordi hai di quelle atmosfere, di quel credere che “qualcosa stava cambiando”?

R: Facciamo un passo indietro. Io nasco nel 58, mi affaccio agli anni 60 con il ciuccio in bocca. Mi tolgo il ciuccio, canto Ventiquattromila Baci e mi rimetto a ciucciare. Ciò significa che dalla mia prospettiva non stava cambiando niente: il primo mondo che ho annusato era quello, credevo fosse sempre stato quello. Per me era normale che si attendesse con impazienza l’uscita di un disco di Celentano; era normale che il giorno prima non esistesse She Loves You e il giorno dopo sì; era normale che la Befana avesse il sacco pieno di strumenti musicali; era normale che la presentatrice di Studio Uno si chiamasse Mina. MINA, non so se mi spiego. E nella seconda metà dello stesso decennio, quando sulla scena comparivano gruppi come gli Equipe 84, I Dik Dik o i New Trolls, era normale che le cantine fossero stipate di ragazzi che riproducevano le loro canzoni; era normale che il fruttivendolo mettesse i soldi da parte per comprarsi un basso; era normale sentir chiedere «Tu cosa suoni? Con chi suoni?» perché suonavano tutti, tutti o quasi.

Di quanto invece quel periodo non fosse affatto “normale”, l’ho capito assai dopo. Credo che nessuno, fra coloro che gli anni 60 non li hanno vissuti in prima persona, possa neanche vagamente immaginarne la poderosa effervescenza, l’implacabile susseguirsi di novità.

D: “Avessi fatto quella scelta”… “avessi seguito quel consiglio”… “avessi preso quel treno”… qual’è il tuo più grosso rimpianto, sempre musicalmente parlando?

R: Forse quello di essermi allontanato da Livorno giovanissimo, rinunciando così alla possibilità di contribuire al fermento musicale labronico.

D: Chi è oggi Marco Catarsi?

R: Fino all’anno scorso ti avrei risposto che svolgo questa e quest’altra attività. Oggi, con il mondo paralizzato da molti, troppi mesi, ti rispondo che l’attuale Marco Catarsi è uomo che ha in forte antipatia il vocabolo “assembramento”. Perché la musica, come ogni altra attività di gruppo — sia essa lavorativa, ricreativa o artistica — in primo luogo è aggregazione, di conseguenza unione, calore, amicizia, crescita, energia, svago, sviluppo, progresso, rafforzamento intellettivo, scambio culturale, piacere esistenziale, gioia di vivere.

D: Cosa vuoi dire esattamente?

R: Voglio dire che c’è solo da scegliere se morire anzitempo per evitare una morte incerta, o riprendere a vivere felicemente, consapevoli un giorno di morire.

GIANNI NICCOLAI

D Gianni Niccolai, bassista. In un mondo dominato dalle chitarre perché la scelta del basso ?

R Perché a differenza di molti bassisti che diventano tali per sopperire alla presenza dei troppi chitarristi nella band, io sono sempre stato attratto dal groove e dalle vibrazioni sin dall’infanzia.

D Fai parte del gruppo Stella Maris Music Conspiracy, un nome che è tutto un programma…ottima band, ottimi musicisti, una sorta di garage-punk band…come nasce questo “complesso” come si usava dire una volta ?

R Nascono per necessità espressiva e bisogno di ritrovarsi di Stefano, Tetano e Angelo. Io come Alex arriviamo dopo coinvolti anche noi nel bisogno di esprimerci e ritrovare quel suono primordiale che contraddistingue la band.

D Al vostro attivo anche un cd dal titolo Operation Mindfuck !…a quando un nuovo lavoro ?

R Ultimamente abbiamo rincominciato a suonare insieme dopo circa cinque anni di stop, poi è arrivato il Covid e ha fermato tutto di nuovo. Se le cose cambieranno e riusciremo a ritrovarci avevamo in mente di fare una registrazione di qualche nuova e vecchia canzone.

D Prima hai fatto parte dei Silvereight, poi dei Bad Love Experience e infine dei Lip Colour Revolution con i quali hai fatto due dischi…raccontaci

R In realtà è tutto al contrario, prima ho fatto parte per circa dieci anni dei Lip Colour Revolution, con cui abbiamo inciso un Lp e due Ep, dopo ho aiutato per un periodo i Bad Love Experience come bassista per il tour del disco Believe Nothing e nel frattempo suonavo con Falca Milioni e Le Figure, Silvereight, e mi sono cimentato nella creazione di una colonna sonora per la graphic novel, “I Giorni del Vino e delle Rose”.

D Quali sono stati i bassisti che ti hanno influenzato di più, i tuoi mostri sacri ?

R Roger Water, Donald Duck Dunn E Flea, erano i miei punti di riferimento fino all’adolescenza, poi è arrivato il punk il grunge e allora è cambiato tutto, adesso a quasi quarant’anni credo di averne un centinaio di bassisti che mi hanno influenzato, ma cerco di prendere spunto sopratutto da altri musicisti non solo bassisti.

D Sbaglio o ti diletti anche con la fisarmonica e il canto ?

R Con la fisarmonica mi ci sono dilettato per un periodo solo per poter riprodurre il famoso “Unplugged in New York” dei Nirvana, per il canto invece ho sempre provato fin dove arrivavo e mi veniva lasciato, anche se con i cantanti non è sempre facile rapportarsi, spesso vengono preceduti dal loro ego… Chissà forse in futuro prenderò coraggio e ci metterò io la voce.

D Ormai questa ondata di “arresti domiciliari” causata dal Covid si spera finisca…quando potremo sentirvi dal vivo, magari in città ?

R Per il momento la vedo molto dura, nel senso che con S.M.M.C. non possiamo sicuramente fare concerti con le attuali restrizioni, il pubblico ha bisogno di stare vicino e compatto, scalmanarsi e ballare. Pare al momento (e qui si evidenza il degrado culturale in cui viviamo) che le discoteche possono stare aperte, e invece per i live club o i festival che già da prima erano massacrati da leggi assurde debbano attenersi a regole ancora più rigide, una sciocchezza tipica del nostro paese.

D A proposito di città, la nostra Livorno, città dai numerosissimi gruppi…cosa manca secondo te per poter fare quel salto di qualità che il talento e la passione rendono necessari e possibile ?

R La città non è più così ricca di tantissimi gruppi, al giorno d’oggi credo che sia aumentata la qualità delle band labroniche e che in molti giovani che gravitano intorno alla musica hanno compreso che c’è bisogno anche di altre figure nel campo musicale, come chi segue l’aspetto tecnico o quello manageriale. Sarebbe bello se Livorno e l’intera costa si trasformassero in un centro di aggregazione e inclusione, però come tante cose c’entra sempre di mezzo la politica, dove si potrebbe incentivare la musica dal vivo e il busking de tassare i locali e chi fa attività culturale.

D Tutti noi abbiamo rimorsi e rimpianti…tutti noi non siamo saliti su quel treno che ci stava aspettando…dove andava il tuo ?

R Mah, credo di averli presi tutti i treni che potevo prendere, ma francamente credo anche che dobbiamo smettere di vedere il successo e “l’arrivare” (poi chissà dove) come una necessità, come si vede nella musica che viene prodotta oggi(in Italia), mi sembra che sia una gara a chi fa più schifo a chi è meno originale, al diventare tutti uguali. Invece di una sana e produttiva voglia di creare qualcosa di nuovo, fresco e curioso e nel collaborare con gli altri musicisti creando gruppi che mancano, sopratutto in una società che ci vuole sempre più soli e solisti.

D Chi è oggi Gianni Niccolai ?

R Oggi sono un appassionato di musica, viaggi e natura, che vive del lavoro che si è inventato nell’ambiente dove sguazzo da più di vent’anni, ho una curiosità e una voglia di esprimermi ancora grande, soffro solo l’assenza di un “gruppo” di persone che la vede e vive come me, ma sono certo che il tempo mi darà una mano a incontrare le giuste persone, come ha fatto fino ad ora.

GIULIA D’AMATO

D Giulia D’Amato, cantante…immagino da quando hai iniziato a camminare…

R In realtà Giulia ha iniziato a cantare e a camminare tardino ..sono una che ha i suoi tempi. Da adolescente ho partecipato a qualche Kermesse e concorsi locali,ma con poca consapevolezza; so solo che volevo farlo. Una voce intonata, un buon orecchio,un buon senso del ritmo. Mi dicevano..”la bimba va fatta cantare”….e io cantavo …cantavo qualsiasi cosa.

D Hai una voce potente, grintosa, calda…hai fatto qualche studio o è tutto frutto di madre natura ?

R La voce è sicuramente una dote innata…anzi un privilegio mi piace pensare..e con il passare degli anni è cambiata e maturata molto ,influenzata dai miei ascolti:il rock ,il blues il soul è come se avessero scelto quale dovesse essere il colore della mia voce…decisamente Black.

Auro Morini è stato l unico maestro ad avermi aiutato a muovere i primi passi. Lui mi ha dato le giuste nozioni per una buona respirazione. Rimpiango solo di non essere stata un allieva costante allora, forse per la giovane età.
In seguito ho passato anni ad ascoltare e cercare quella giusta chiave di lettura per ciò che realmente volevo cantare.

D Fai parte del gruppo Julia D’Amato Blus Band…come nasce questa band ?

R La mia band nasce da un incontro fortuito,durante una jam casereccia…neanche ci conoscevamo di persona. Ma come ben sapete per instaurare un feeling basta un attimo….l’ alchimia è una cosa preziosa e quando viene tradotta in musica va fatta suonare…e così è stato! Sono circa 2 anni che suoniamo insieme e anche se viviamo distanti e proviamo poco quando ci esibiamo ritrovo quel groove che ci contraddistingue.

D Giulia e il blues…sei nata per cantarlo, interpretarlo…ti ho vista sul palco alcune volte e impossibile non notare che “senti” il pezzo, lo interpreti, lo fai tuo…la musica del diavolo ti ha stregato l’anima…

R Ero un turbine di emozioni contrastanti,dovevo convogliarle in una direzione. Be’…è così che sono arrivata al Blues…
In realtà Janis Joplin mi ci ha portato. Mi ha aperto un mondo quella voce somigliante a un treno a vapore. Prima esperienza di blues cantato da una bianca. Ero stregata. Mi era familiare quel modo di cantare . Poi Big Mama, Nina Simone, Patti Smith, Etta James, Howlin Wolf, AMy winehouse , Muddy Water…fu chiaro la mia attitudine quale fosse.
Ho qualcosa in comune con questi personaggi…c è un intesa emotiva, so di cosa parlano. Alla fine la scelta di un genere è data da questo,da quello che ti fa sentire e quello in cui più ti ritrovi. E io nel blues ritrovo me…anche se nella vita non so bene chi sono..!

D Progetti futuri ? Riprenderete i concerti e se si anticipaci qualche data…

R Forse qualche data tra Luglio e Agosto sul litorale la faremo..piazzare un gruppo con 5 elementi ora non sarà facile vista l emergenza sanitaria. Magari qualche serata in sessione acustica…con il mio chitarrista e compagno..(anch’egli grande fonte di ispirazione per me), riproponendo lo stesso repertorio.

D Salire su un palco e “dare tutto se stesso” per chi ci ascolta è gratificante…come reagisce Livorno, città della musica per eccellenza, verso voi artisti ?

R Il palco è il banco di prova per definizione. Cercare di arrivare al pubblico è il lato più ambizioso e affascinante del live. Esibirsi è regalare e lasciare qualcosa di se a chi ti ascolta.. è bellissimo c è poco da dire e in questi mesi è mancato molto.
Io non so bene cosa rimane a chi mi ascolta …
Qualcuno mi ha detto
“Canti come una donna dalla pelle scura anche se sei una biondina “…. be’…un complimento cosi non ha prezzo per me….
Vuol dire che quella voce un po sporca e imperfetta,
con una timbrica scura e grintosa in qualche modo rimane impressa. E allora chiudo gli occhi e mi butto…ho sempre fatto così. Nella vita…sono una che si butta.

D Tutti noi ripensiamo spesso a quel treno che è partito senza di noi…ci ha aspettato ma noi stupidamente non siamo saliti lasciandoci ancora un aspro sapore di rimorso…dove andava quel tuo treno ?

R Anche se ancora oggi non so bene cosa mi riservi ….io mi butto sempre e comunque, a volte mi tutelo poco e mi faccio male. Ma non voglio rimorsi e rimpianti, e sebbene molti treni li abbia persi sono convinta che tanti altri dovranno passare.
L importante è non sentirsi mai arrivati….apprendere dagli altri..sapere ascoltare. Siate curiosi di imparare….sempre