FEDERICO MORELLA

D Federico Morella…innamorato della chitarra…da sempre immagino…

R Da sempre, si.

Ho cominciato a circa 10 anni a suonare la chitarra e da allora non me ne sono mai più allontanato.

D Nel 2005 sei tra i fondatori del gruppo Absolute Priority, un sestetto di ottimi musicisti…come nasce il tutto ?

R Il gruppo nacque in realtà come project -studio composto da me e Valerio Voliani.

I brani di Hunter sono stati interamente scritti da noi due.

In seguito reclutammo il resto della band coinvolgendo in primis Massimo Grasso, già con me nei Celephais, e man mano tutti gli altri: Simone Colombo, Francesco Caprina e Andrea Bardi (in ordine di arrivo)

D E’ del 2012 l’uscita di “Hunter”, il vostro primo lavoro…soddisfatti ?

R Si, siamo rimasti molto colpiti dalla risposta entusiasmante che ha ricevuto l’album.

Purtroppo, nel periodo in cui stavamo organizzando un minitour europeo, la band ha subìto un brusco stop: le strade degli Absolute e di Valerio si separano, rimettendo tutto in discussione, anche il songwriting.

D Il vostro suono è potente, deciso, per niente commerciale…quali sono i vostri punti di riferimento?

R Sono molteplici.

Valerio è sempre stato molto ispirato da Geoff Tate (Queensryche), mentre io ho riferimenti molto più progressivi – quindi Dream Theater per il metal-prog, Vanden Plas, ma anche indietro fino ad arrivare agli IQ, ai Marillion e Genesis.

D Ultimamente il vostro sound si è un po’ orientato verso sonorità prog…sensazione o realtà?

R Inizialmente si, ci siamo spinti verso sonorità progressive anche moderne, ispirati da band per noi nuove, quali Tesseract o Haken. In seguito però abbiamo trascorso molto tempo in “meditazione”, alla ricerca di un qualcosa che davvero ci appagasse nel profondo.

Siamo tuttora in questa fase sperimentale, che presto porterà ad una rinascita del gruppo, probabilmente mettendo in discussione moltissimo di quanto erano gli Absolute all’epoca di Hunter.

D A proposito di Livorno…è sempre stata una “città della musica” con decine e decine di gruppi “indigeni”. Qual’è il rapporto, musicalmente parlando, con la città?

R Ottimo, indubbiamente.

Livorno, nonostante alcuni generi siano più apprezzati (un po’ tutto l’indie-rock), è una città che, anche per la sua storia antica, è sempre stata aperta ad accogliere tutto e tutti con entusiasmo, e così è stato anche per noi.

Il nostro concerto di presentazione dell’album che facemmo al The Cage fu davvero memorabile.

D Federico, i tuoi fraseggi sono il punto di forza del gruppo…hai fatto studi particolari o autodidatta?

R Sono completamente autodidatta, escluso un paio di anni da piccolo da un maestro.

Mi ritengo però musicalmente molto sensibile, quindi per fortuna sono riuscito a cogliere certi aspetti della musica anche senza l’aiuto di un insegnante.

La mia visione della musica è ad ampio spettro, non solo focalizzata sullo strumento – chitarra.

Non sono quindi il classico chitarrista, almeno così non mi sento. Mi ritengo invece un musicista con la chitarra in mano…si, questa è la mia visione di me stesso.

D Hai un grosso rimpianto, un’occasione non sfruttata che “non ti fa dormire la notte” ?

R Molti anni fa avrei voluto fare un provino per entrare nei Politburo, che conoscevo personalmente, ed il cui cantante nonché amico Emiliano Cecere adesso è un autore ormai affermato.

Questo desiderio però non si conciliava con l’ Università, che allora frequentavo…

D Chi è oggi Federico Morella ?

R Oggi Federico Morella è prima di tutto un padre di due bambini meravigliosi, Ania e Daniele.

Ma è anche un musicista molto esigente con sé stesso, al punto da arrivare a lavorare anni e anni per poi magari rimettere nuovamente tutto in discussione se non soddisfatto del lavoro.

Non sono un tipo facile, ma questa è la mia scelta di vita.

Un saluto alla redazione di 57100Livorno.it

ILARIA RAPALINO

D Ilaria Rapalino, cantante da bambina immagino…

R Ricordo che feci un provino per lo zecchino d’oro quando andavo alle scuole elementari, ma per quel poco che ricordo non mi interessava molto e non mi impegnavo. Comunque non cantavo molto da bambina, ero timidissima e quindi ho sempre cantato “di nascosto” quando pensavo che nessuno mi potesse sentire e questo è durato fino

all’adolescenza.

D Eri la vocalist del gruppo Choosy Pigs, che ricordi hai di quella esperienza ?

R I Choosy Pigs sono stati quella che ritengo la mia prima vera band, ne ho avute altre prima ma suonavamo solo cover e non c’era stato lo stesso “feeling” che ho provato con i Choosy Pigs. Tutto è nato perché tramite un progetto universitario ho conosciuto il bassista Massimo Ruberti, che ritengo un genio e una persona super creativa che non smette mai di avere nuove idee. Poi con lui ho riunito batterista e chitarrista e, per quanto breve, si era creato un “feeling” speciale tra di noi e più che altro “scazzando” ci siamo divertiti molto. Purtroppo, per mia colpa, si è troncato sul nascere.. Abbiamo suonato per circa 4 mesi e fatto 5 pezzi nostri tutti generati dall’improvvisazione. Abbiamo poi registrato in sole 4 ore proprio il giorno prima della mia partenza per Londra.

DNel brano “Hate you” nel primo demo che avete prodotto proprio la tua voce lo rende molto bello…

R”Hate you” è la mia preferita, è un pezzo dal sound molto rudimentale e allo stesso tempo cupo e dal testo si intende che ha un’impronta di “protesta” contro qualcuno…che in realtà è un noto politico Italiano che si chiama “Berlusconi” 🙂

D Solo poco tempo di permanenza nel ruppo e poi la tua uscita…che è successo ?

R Mi sono ritrovata a dover scegliere e prendere una decisione, se rimanere con quello che avevo ma che non mi rendeva felice al 100%, o se prendere il rischio e avviarmi verso una nuova avventura. Sono partita senza un piano preciso con una valigia e zaino e non ho più fatto ritorno. Ho lasciato amici cari, ragazzo, famiglia e ovviamente anche i Choosy Pigs.

D Nel mondo del rock ci sono molte cantanti che hanno “lasciato il segno”…quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi mostri sacri?

R Una delle cantanti ancora in vita che mi ispirano molto sono Patti Smith e Pj Harvey. I miei “mostri sacri” sono più uomini ad esser sincera, mi viene diretto menzionare Bob Dylan e David Bowie. Invece tra i miei gruppi storici preferiti ci sono ovviamente i Joy Division, The Stooges, The Cure, The Smiths..

D Sono 5 anni che vivi a Londra; te che vieni da una realtà notevole in ambito musicale ma pur sempre di provincia, come ti sei trovata catapultata “al centro dell’impero” musicale?

R Ti posso dire che Livorno, per quanto piccola, ha una scena musicale altissima e di gran livello in proporzione a Londra. Niente da togliere a Londra, ma essendo comunque una metropoli allo stesso tempo è molto dispersiva. Tutto dipende da che ambiente frequenti e se hai la possibilità di lavorare in ambito musicale. Purtroppo per me è già stato difficile farmi delle amicizie vere e durature, quindi figuriamoci trovare qualcuno che condividesse i miei stessi interessi musicali! Per fortuna ho trovato almeno qualcuno con cui andare ai concerti, una cosa che qui non manca assolutamente, ci vado almeno una volta a settimana! Seguo più che altro band locali indie di nicchia, che hanno una certa importanza qui in UK ma che vanno anche in tour per l’Europa. Ho trovato che c’è una bella scena interessante a Brighton, più piccola ma molto rock’n’roll, quasi da comparare a Livorno. Infatti le migliori band indie vengono quasi tutte da Brighton, forse sono il mare e la costa che ispirano di più a fare musica?

D Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offrire” Così, Samuel Johnson, critico letterario, poeta, saggista, biografo e lessicografo britannico commentava a proposito di Londra. Anche sotto l’aspetto musicale ti trova daccordo questa affermazione?

R È vero che Londra ti dà tutto, ci sono cose interessanti da fare ogni giorno, non smetti mai di conoscere nuova gente e ci sono un sacco di opportunità lavorative. Se hai un sogno lo puoi veramente realizzare qui, se vuoi qualcosa davvero lo puoi realizzare e vieni premiato per le tue fatiche. Io la ritengo una città adatta ai giovani e a chi ha voglia di fare e a chi piace la dinamicità delle cose in generale, qui non è una vita per tutti ed è molto dura all’inizio. Superati i 30 anni tendi poi a cercare una certa stabilità e tranquillità, e forse, come sta per capitare a me, incomincio a “stancarmi”? Non della vita ovviamente, ma della troppa dinamicità. Non ti saprei dire esattamente in ambito musicale….Mi è capitato di conoscere qualche “ex punk” della generazione di mio padre che ha vissuto la vera scena musicale punk/ post punk, quando ancora la zona di Chelsea era alternativa e no “posh” come adesso e Camden Town non era solo street food e cianfrusaglie. Questa generazione di persone sembra essere ancora molto legata a Londra e alla musica di quando erano giovani, noto invece che la mia generazione, al contrario, se ne allontana più facilmente concentrandosi più su lavoro e famiglia e mettendo la musica su un secondo piano. I veri saggi della musica sembrano scarseggiare tra i giovani, soprattutto tra i ventenni di oggi, sembrano essere meno appassionati e seguire più i trend del momento.

D Ilaria anche se giovanissima, hai un rimpianto, una occasione che non hai sfruttato come avresti voluto?

R Ora che mi sono stabilizzata nella vita in generale e dal punto di vista lavorativo mi sento pronta per coltivare di più le mie passioni, magari, tempo permettendo, trovare una band e strimpellare il mio basso che suono brutalmente! Canto solo sotto la doccia o mentre faccio le pulizie sognando ancora ad occhi aperti di essere una rockstar. Si..passati i 30 anni lo faccio sempre 🙂 Un mio rimpianto? Purtroppo stupidamente non mi sono mai messa a studiare musica seriamente e non ho mai creduto al 100% in quello che facevo, lo facevo giusto per il piacere di farlo… non mi sono mai sentita un animale da palcoscenico e ho sempre avuto vergogna nel cantare di fronte ad altri.

D Chi è oggi Ilaria Rapalino ?

R L’Ilaria di oggi, rispetto a quella prima di partire, è positiva, molto indipendente e forte. In 5 anni è stata dura costruirmi delle amicizie abbastanza solide e dei punti di riferimento, ma adesso ho pochi amici veramente importanti per me che hanno vissuto le mie stesse difficoltà ed esperienze e che sono diventati come famiglia. Tutta questa esperienza mi ha fatto molto crescere e non avrei mai pensato di avere così tante soddisfazioni in ambito lavorativo. Per questo motivo sono veramente contenta e fiera di me stessa e del percorso che ho intrapreso.

D Vuoi attraverso il nostro giornale salutare la tua Livorno e gli amici che hai lasciato ?

R Saluto alcuni tra i pochi cari amici rimasti a Livorno che stanno iniziando a mettere su famiglia, al contrario di me 🙂 Di Livorno mi manca il cibo, il mare, l’odore di salsedine, il sole lucente, e quel lato super “verace”. Mi manca un pò vedere facce conosciute e salutare tutti, ma allo stesso tempo mi piace anche l’anonimato che c’è qui. Purtroppo per le mie ambizioni lavorative non c’è opportunità per me a Livorno, ma chi lo sa, forse un giorno mi immagino in una bella casa con giardino e vista mare, magari ad Antignano, e ad andare in bicicletta a fare la spesa al mercato di Piazza Cavallotti e fare quella vita tranquilla ma che ti rende felice con quelle piccole cose che impari ad apprezzare di più quando sei lontano da casa…

FRANCO BONACCORSI

1 Franco Bonaccorsi…cantante. Come ha inizio questa tua vocazione ?

Mi è sempre piaciuto cantare, fin da piccolo. Quando compravo i dischi imparavo subito i testi e le melodie per poter cantare dietro alle canzoni. Poi, per caso, a metà degli anni 80 un amico mi disse che la sua band stava cercando un cantante. Facevano cover di gruppi che ascoltavo e gli dissi che i pezzi li conoscevo, ma che non avevo mai fatto parte di una band. Andai alle prove pensando che mi avrebbero buttato fuori subito e invece mi presero.

2 Nel 1990 nascono i Death Cell. Hanno una peculiarità…gruppo senza chitarra…basso, batteria e voce. Perchè questa scelta ?

Scelta obbligata: non avevamo un chitarrista. La prima formazione dei Death Cell era composta da Alessandro Feri al basso, Francesco Lenzi alla batteria e me alla voce. I nostri generi di riferimento iniziali erano il punk, il dark, il doom e la psichedelia e volevamo fare una musica che, partendo da questo, mescolasse il tutto in qualcosa di personale e originale, scrivendo solo brani nostri, senza fare cover. Non era facile in quel momento trovare dalle nostre parti un chitarrista per un progetto di quel tipo. Cominciammo comunque a suonare insieme e a comporre i brani, cercando di trasformare quello che era una mancanza in un nostro punto di forza. Quello che suonavamo ci piaceva e piaceva anche a chi ci ascoltava, così abbiamo continuato.

3 Prima del vostro primo demo tape dal titolo omonimo The Death Cellsi unisce al gruppo anche una chitarra. Inevitabile

Sì, entrò in formazione Simone Lenzi e questo completò la band e ovviamente dette ai nostri brani maggiore respiro, sebbene il basso sia sempre rimasto lo strumento portante su cui sviluppare i pezzi. Nel frattempo, tra laltro, era cambiato anche il bassista, era arrivato Federico Cingottini dopo labbandono di Alessandro che voleva tornare a suonare la batteria, strumento che gli piaceva di più, e questo aveva dato nuova linfa compositiva e energia alla nostra musica.

4 La vostra musica vi ha portato a suonare nei più famosi palcoscenici della Toscana: Macchia Nera di Pisa, lIndiano e lEx-Emerson di Firenze, il Cave e il Topsy di Livorno, fino alla partecipazione alla Festa dellUnità di Pisa, dividendo la serata con gli Skiantos…una bella soddisfazione.

Sì, abbiamo suonato in giro più che potevamo. Al tempo facendo musica propria si poteva arrivare a suonare in locali, centri sociali e eventi importanti, anche se si era una band poco conosciuta. Ci è sempre piaciuto suonare dal vivo ed è così ancora oggi.

5 Nel 1994 il musicista, produttore e noto ex chitarrista dei Death SS Paul Chain, ascolta il vostro demo e vi invita a registrare un album completo nel suo studio di Pesaro, sotto la sua produzione artistica.
Nasce così “Magic Water, full-lenght del 1994, composto da 8 canzoni originali, in cui lo stile iniziale del gruppo si affina in un suono più personale, ancora più oscuro e musicalmente compatto e dirompente. Raccontaci.

Magic Water rappresenta la summa della prima parte del percorso musicale dei Death Cell. Ci fece piacere che un artista del calibro di Paul Chain avesse apprezzato la nostra musica e ci avesse chiamato nella sua casa/studio per registrare un album. Fu divertente vivere quellesperienza in quella casa antica, del 600 se non ricordo male, attorniati da teschi, croci rovesciate, chitarre e materiale da scena, a contatto con la follia musicale e personale di Paul Chain, che ci fece da produttore artistico, rendendo il nostro suono più gotico e pesante senza snaturarlo, anzi esaltandolo.

6 Finalmente vi fate conoscere anche fuori dei confini regionali e non solo; infatti suonate in una serie di date a livello nazionale, tra cui da ricordare lesibizione al Bar Tabacchidi Milano, e internazionale, come la manifestazione Tremplin Rockdi Parigi.

Dopo lincisione del disco, che fu pubblicato e distribuito nei negozi e sui cataloghi (al tempo lonline non esisteva..) dalla Zero Production, branca delletichetta indipendente Face Records di Tony Face, lex batterista dei Not Moving e le recensioni positive sulle testate giornalistiche musicali e di genere principali, abbiamo avuto loccasione di poterci far ascoltare fuori dalla Toscana: trasferte epiche e belle suonate. Mi ricordo a Parigi dove eravamo totalmente sconosciuti e invece ricevemmo un sacco di complimenti.

7 Nel 1995, nonostante i vari riconoscimenti, rimanete soltanto in due…che successe?

Il chitarrista e il batterista decisero di lasciare la band per terminare gli studi. Rimanemmo in due, basso e voce e provammo a ricostituire il gruppo, ma senza trovare una formazione duratura o soddisfacente. Abbiamo fatto anche qualche concerto in due, ma poi lasciammo perdere, anche perchè la vita e il lavoro portarono lontano anche me, ho vissuto molti anni allestero e il bassista.

8 Finalmente nel 2014 una reunion che vi vede protagonisti in una lunga serie di concerti, tra cui partecipazioni a manifestazioni di livello nazionale come MusicaW Festival di Castellina Marittima e Emergenza Festival al The Cage di Livorno. Tutto come prima?

  1. Come prima e meglio di prima. Ci siamo ritrovati per caso ancora una volta in tre: basso, batteria e voce, il nostro vecchio chitarrista ha appeso lo strumento al chiodo appassionandosi alla fotografia. Siamo quindi tornati a suonare e comporre nuovi pezzi senza la chitarra, come allinizio. Siamo rimasti soddisfatti di quello che abbiamo prodotto. Gli anni passati, le differenti esperienze musicali (nessuno di noi aveva mai veramente smesso di suonare) e le nuove influenze ci avevano dato un nuovo stile e migliorato compositivamente e tecnicamente, mantenendo intatta la nostra affinità e la facilità di creare nuovi brani. Abbiamo continuato quindi in tre per circa un anno e mezzo, fino a quando non è entrato in formazione il nuovo chitarrista. Ad oggi la formazione dei Death Cell, oltre a me alla voce, è: Francesco Lenzi (batteria), Alessandro Grassi (chitarra), Federico Cingottini (basso).

9 Nel 2017 viene pubblicato l’EP “Lancia In Resta” ma so per certo che attualmente in fase di lavorazione c’è un nuovo album che uscirà nel 2018. Anticipaci qualcosa dai

Si, Lancia In Resta è lanteprima del nuovo album dei Death Cell. Contiene brani originali composti dopo la nostra riunione e sono alcuni di quelli che andranno a comporre il nostro nuovo lavoro, che dovrebbe essere inciso nellautunno 2018. Sono grandi brani e siamo soddisfatti di come gli abbiamo incisi e di come ci rappresentino oggi. Ed i nuovi stanno venendo alla grande.

10 Franco quali sono le tue fonti di ispirazione?

Moltissime, musicali e non solo. Musicalmente ho sempre ascoltato e ancora oggi ascolto tanti generi e gruppi differenti, cercando di seguire le nuove uscite e le evoluzioni della musica. Non mi piace fermarmi al passato, ma cercare sempre novità da affiancare allascolto dei miei preferiti. Se devo darti i nomi di band che mi hanno influenzato, posso citarti a caso e non in ordine di preferenza: Black Sabbath, Stooges, Velvet Underground, Doors, Pink Floyd, Lou Reed, David Bowie, Sex Pistols, Clash, Joy Division, Bauhaus, Cure, Sonic Youth, Fugazi, Soundgarden, Janes Addiction, Ministry, Nine Inch Nails, Tool. Ma ce ne sarebbero molti, molti altri.

11 Hai un rimpianto, musicalmente parlando…un treno che hai visto sfrecciare davanti senza che tu sia salito ?

Ce ne sono molti, ma preferisco ricordare i treni che ho preso, che mi hanno dato esperienze ed emozioni.

12 Chi è oggi Franco Bonaccorsi ?

Come dice il grande Iggy Pop: I am the passenger and I ride and I ride

GIACOMO IASILLI

D Giacomo Iasilli, bassista…in un mondo dominato dalle chitarre…perchè questa scelta ?

R Perché grazie a mio fratello maggiore chitarrista Luigi (Gigi) e al mio zio bassista Corrado Ravera, sono stato portato sulla strada delle 4 corde quando ancora non avevo 10 anni, per aiutare mio fratello nelle registrazioni autoprodotte con il 4 tracce a cassetta, del suo progetto VILTUDO ( nel quale entrerò ufficialmente ad appena 12 anni).

D Nel 2008 sei tra i fondatori del gruppo Compact Moroboschi…raccontaci iniziando dalla “traduzione ” del nome…

R Nel 2008 con i Compact (appunto compatti) abbiamo scelto una formazione minimale con il mio attuale socio in affari Alessandro Quaglierini ed il nostro amico dj/artista Michael Rotondi, che potesse essere un riassunto ermetico delle varie influenze punk, rock, elettroniche che da sempre ci avevano fatto da comune denominatore. Moroboshi è stato aggiunto perché suonava bene nel nome ed è una citazione ad ATARU MOROBOSHI protagonista dell’anime giapponese LAMU’.

D Difficile etichettare il vostro genere…molte le influenze, dai Ramones ai Nirvana passando dagli Eagles

R Si, spaziare attraverso i generi musicali diversi aiuta ad apprezzare la musica nella sua totalità

D Nel 2011 vede la luce il vostro primo lavoro omonimo…una bella soddisfazione…

R Il progetto è stato interamente auto prodotto, registrando con i nostri mezzi, nel nostro studio a Livorno. Per la distribuzione invece abbiamo scelto il canale digitale (CD BABY e le varie piattaforme standard del web) oltre ad una minima parte di stampe (intorno alle 1000 copie)

D Compact Moroboshi è rimasto figlio unico o la famiglia si è allargata ?

R Tutto è rimasto in sospeso a causa del trasferimento di Michael a Milano, e per l’impossibilità da parte mia e di Alessandro di connubiare lavoro notturno (siamo i titolari de LA SVOLTA PUB e del FRANKIE PUB)

D Al di là del genere musicale del gruppo quali sono i tuoi punti di riferimento da bassista, i tuoi mostri sacri ?

R I miei punti di riferimento restano comunque legati al funk e alla musica con ritmiche molto preponderanti, anche se ultimamente ho cominciato ad avventurarmi nella storia del jazz.. ma è un altro capitolo.

D Progetti futuri del gruppo? Possibilità di esibizioni a Livorno ?

R Per il futuro, spero di poter riuscire a realizzare un altro disco con i compact, e magari anche di pensare a una reunion dei Viltudo, con mio fratello.. perché no? Probabilmente riusciremo a breve a partorire un altro lavoro, tempo permettendo… ci stiamo lavorando!

D A proposito di Livorno…da sempre la città a dato vita a centinaia di gruppi che per una città di provincia è un fiore all’occhiello…quale è il tuo rapporto con la realtà musicale cittadina ?

R Livorno da sempre è portatrice di input meravigliosi, anche se da qualche tempo la mancanza di realtà come palchi più piccoli o semplicemente spazi all’aperto di libera fruizione, sembrerebbero aver affievolito questo fermento.

D Giacomo quale è quel treno sul quale non sei salito e “ti mangi le mani” ?

R Sono state molte le occasioni, ma alla fine ho capito che l’importante è affrontare sempre tutto con molta onestà interiore. Non è detto che quello che un musicista cerca sia la fama o il successo… le occasioni oggi per me, sono fatte di minuti insieme a musicisti fantastici con cui magari ho la possibilità di scambiare due note, o semplicemente un pensiero.

D Chi è oggi Giacomo Iasilli ?

R Giacomo Iasilli oggi è un ragazzo un pò più grande, ma ancora con dentro molte cose da voler realizzare.

 

ALBERTO VELGI

1 Tutto ha inizio nel 2004…nascono i Back One Out con Alberto Velgi alla batteria…

Esatto, il progetto back one out inizia ufficialmente nel 2004, ma sotto altro nome, “RAID” suonavamo insieme già dal 2001 ed il mio primo approccio alla batteria risale al 1999 all’età di 11 anni.

2 Il vostro genere può essere definito punk rock ma con lo sguardo rivolto alla California piuttosto che all’Inghiltera di metà anni 70

Sicuramente ci avviciniamo più alla California che all’Inghilterra, ma a mio parere l’etichetta punk rock non credo rispecchi a pieno il nostro genere, la considero un po’ riduttiva, in quanto sicuramente nasce da quella base ma abbiamo sempre cercato di distaccarcene in qualche modo, cercando di dare al nostro suono articolazioni musicali più complesse e ricercate, tempi dispari, virtuosismi ed altro, sfaccettature che nel classico punk rock formato da accordi e 4/4 non sono richieste.

3 It could be worth it è il vostro ultimo lavoro…soddisfatti?

A mio parere rappresenta un buon lavoro, l’unico interamente autoprodotto, compresa la registrazione… contenti che ha avuto anche buon successo all’estero

4 E’ una mia sensazione o il suono si è fatto più duro, più “crudo”, quasi metal ?

Sensazione esatta, la nostra intenzione è sempre stata quella di allontanarci da suoni “leggeri” ed avvicinarci ad un suono più “forte” mantenendo una parte vocale melodica.

5 L’album è stato anche presentato con un tour in Spagna…bella esperienza…

Bellissima esperienza, con un riscontro molto positivo, nonostante il cambio improvviso di formazione poco prima della partenza, colgo l’occasione per ringraziare Andre (voce) e Giorgio (chitarra) per la disponibilità che ci hanno dato e sicuramente è anche merito loro la riuscita di questo tour, inoltre ringrazio Matte (roadie) per il suo supporto.

6 Quali sono le tue fonti di ispirazione , i tuoi punti di riferimento?

Sono un batterista completamente autodidatta ed ho sempre pensato che questo metodo può essere molto valido e forse l’unico per avere una propria personalità dietro le pelli.. ad avvalere questa mia teoria è stato un concorso di batteria internazionale al quale ho partecipato quando avevo 20 anni, premiandomi con un 3 posto su 500.000, votato da batteristi come Salvador Niebla, Vinnie Colaiuta e Neil Peart. I batteristi dai quali ho preso ispirazione sono indubbiamente: Derrick Plourde, Jordan Burns e Jimmy Sullivan,

7 Oltre ai Back One Out hai fatto parte di altre band?

No, ho sempre creduto in questo progetto senza mai allontanarmene, eccetto qualche momentaneo aiuto ad amici in cerca di batterista.

8 Quali progetti futuri? C’è in previsione una esibizione a Livorno?

La band è stata completamente ricostruita con nuovi membri, io e mio fratello siamo rimasti gli unici della vecchia formazione. Ci stiamo riassestando e stiamo completando il 4 album, presto riusciremo anche a tornare sul palco…

9 I tuoi gruppi preferiti…

Strung out, Lagwagon, Rise against, Avenged sevenfold…

10 In definitica…chi è oggi Alberto Velgi ?

Sono un trentenne che in campo di batteria non si stanca mai di provare nuove tecniche e virtuosismi da applicare. Mi piace molto scrivere i testi delle canzoni e anche se gli anni passano, l’entusiasmo per la musica non mi abbandona e spero che non lo faccia mai.