MASSIMILIANO MAGNI

D Massimiliano Magni, batterista dalla giovane età immagino…per la gioia dei tuoi

coinquilini…

R In verità in tarda età e quasi per gioco. Ho iniziato da bambino ma con il pianoforte che

poi ho abbandonato. Una sera sono andato ad ascoltare le prove di alcuni amici, quelli

che oggi sono i Madame du Bois e dove suono come batterista. Non c’era posto per

sedersi se non sullo sgabello della batteria. Da li a poco il cantante mi ha chiesto di

provare a tenere un tempo per vedere se il brano che avevano scritto funzionava. una nota

tira l’altra ed ho iniziato a battere il ritmo.

D “I Rifugio di Nilo sono un poeta maledetto tre musicisti sfigati” così vi

presentavate al pubblico quando facevi parte appunto dei RdN…traduci please

R L’esperienza dei Rifugio di Nilo è stata una tra le più belle che ho vissuto. 4 personalità

completamente diverse tra loro che si sono messe insieme con la voglia di provare a dire

qualcosa. Beh non siamo mai stati tanto fortunati e quindi ci siamo sempre presi per il

culo. Era come mettere in un sacchetto quattro ingredienti a caso e sperare di tirare fuori

la torta dell’anno. A parte gli scherzi in realtà funzionava molto bene, tutte queste

differenze si sentivano e notavano anche negli atteggiamenti. Nel casino generale si

nascondeva una poesia che non poteva che stare li in mezzo

D 4 amici, ottimi musicisti con la consapevolezza di non voler essere più della

realtà…con la soddisfazione di produrre un fortunato demo, con canzoni importanti come

Giù le mani”, “Inesorabilmente”, “Casomai”…

R Abbiamo scritto molti brani e tutti di getto. Ogni tanto nella sera giusta capitava di

azzeccare il giro giusto, il groove giusto e le parole si incastravano quasi alla perfezione.

Dopo un periodo di fermo abbiamo ripreso a scrivere e quel demo segnava un po il

cambiamento, la voglia di fare sul serio. Sentivamo la voglia di fissare un punto di

partenza più importante quindi abbiamo deciso di andare in studio e provare a dare una

forma a questo progetto con l’aiuto di un nostro carissimo amico, Francesco Landucci de

Il Poderino, che ci ha messo a nostro agio ed ha capito cosa volevamo.

D E si arriva ai Big Monkey…buon sano rock’n’roll, con venature di blues e i piedi

ben piantati nel passato

R I Big Monkey nascono per desiderio di Alessandro, bassista appunto di Monkey e dei

Madame Du Bois.

Ci sembrava un idea che poteva funzionare e abbiamo avuto ragione. Spaziamo dal

rock&roll di Elvis o Jerry Lee Lewis al blues di BB King e cosi via. Una scaletta di 3 ore

e più dove il pubblico si scatena ballando e cantando con noi. Abbiamo ripreso le versioni

più vecchie ed originali per rispettare appunto lo spirito dell’epoca. Questo è un progetto

che ci sta dando tante soddisfazioni e soprattutto ci fa divertire molto.

D E della Lussy Brown & Red Street Band che mi dici ?

R Lussy Brown & Red Street Band è stato un esperimento che purtroppo è durato poco.

Abbiamo fatto qualche concerto e abbiamo avuto una buona risposta dal pubblico ma per

vari motivi non potevamo continuare.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi batteristi da ispirazione ?

R Sono cresciuto con il rock&roll e quindi molti “batteristi da ispirazione” vengono da quel

genere. Mi piace Danny Carey dei Tool ma anche John Bonham dei Led Zeppelin, Phil

Collins come Gavin Harrison dei Porcupine Tree. Ascolto tutto quello che posso e per

ogni genere che suono cerco gli artisti che meglio lo rappresentato. Ho tanto da imparare

e poco tempo per studiare quindi faccio quello che riesco quando posso.

D Progetti futuri, magari qualche pubblicazione, concerti in arrivo ?

R Il progetto più immediato è quello di promuovere il disco che abbiamo inciso con i

Madame Du Bois, Il secondo dall’ingresso del nuovo bassista . Ci abbiamo lavorato tanto

e ne siamo particolarmente entusiasti. Stiamo iniziando a cercare posti dove proporre

brani originali che come sai non è cosi scontato trovarli.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi : Charlie Watts dei Rolling Stones ha

detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo trova

davanti sui palchi di tutto il mondo…qual’è il “tuo culo” ?

R Il “mio culo” è quello di aver incontrato tanti musicisti sulla mia strada e molti amici che

credono in me e apprezzano il mio lavoro. Tra l’altro sono tutti i culi che costantemente

ho davanti mentre suono.

D Massi, un rimpianto, una occasione perduta che ancora oggi di fa “mordere la

mai” ?

R Il rimpianto più grande è quello di non aver capito, quando ho iniziato a studiare, che il

mio strumento era la batteria. Le occasioni vanno e vengono, credo che ci si debba porre

in modo giusto al momento giusto e per la giusta situazione . Se non avessi sbagliato

scelte in passato adesso non suonerei con tutti i miei amici e quindi non farei tutto quello

che faccio oggi.

D Chi è oggi Massimiliano Magni ?

R Sai che non lo so. Sono una persona che cerca ancora la sua strada, che sperimenta tanti

generi che ama ascoltare i suoi compagni mettere insieme accordi e parole. la musica è

una lingua universale e mi piacerebbe saperla parlare bene.

LUCIO TIRINNANZI

D Lucio Tirinnanzi, chitarrista ma anche cantante…da sempre immagino…hai fatto studi classici o autodidatta ?

R Ho imparato a suonare per imitare mio padre che, da piccoli, deliziava me e mia sorella con le canzoni di Lucio Dalla durante le estati al mare. Lui mi ha sempre spronato a imparare, e infatti mi ha regalato le mie prime chitarre, una Clarissa classica e una Epiphone elettrica stile Les Paul. Di maestri veri e propri però ne ho avuti pochi, mi sono sempre arrangiato cercando di carpire i segreti del mestiere da chi ne sapeva molto più di me. Uno di questi è Mirko Russomanno, un vero talento e uno dei migliori esecutori dei Beatles che abbia mai conosciuto. Un altro è Carlo Virzì, musicista tout court che non ha bisogno di presentazioni. Tra l’altro i due suonavano anche insieme prima che li conoscessi, mi sono divertito un mondo con loro, è stato un onore averli avuti come insegnanti inconsapevoli. Quanto alla voce, sono sempre stato un disastro, forse un maestro mi avrebbe fatto comodo, invece improvvisavo alla Dylan, ma con risultati meno epici.

D Il 2000 ti trova membro del gruppo PAM, un quintetto di ottimi musicisti…

R Tutti molto più bravi e preparati di me, alcuni venivano dalla Surf Music, altri dal Rock. Ma quello che ci teneva insieme era l’amicizia, che dura tuttora. Non avrei mai voluto accanto altri se non loro. E finché ho suonato, difatti, non ho mai cambiato gruppo. Quando poi da Livorno mi sono trasferito a Roma, ho iniziato a fare dei live anche da solo o con un trio, ma non era la stessa cosa. Così ho smesso. Mi mancavano i miei amici, di cui il gruppo era solo un aspetto, per quanto centrale.

D Il vostro sound affonda le radici nella musica italiana anni 70 con De Andrè e De Gregori su tutti…ma ci sono anche tracce psichedeliche con le chitarre in evidenza, anche se il folk è da sempre il vostro punto di riferimento…

R Sono sempre stato un fanatico di Bob Dylan, cui De Andrè e De Gregori come noto hanno sempre fatto riferimento, soprattutto il secondo. Di certo, i miei testi sono stati influenzati dalle loro intuizioni e dai loro spunti intellettuali. Ma io sono cresciuto anche con il grunge nelle orecchie, per cui le influenze rock e le chitarre distorte hanno sempre accompagnato ogni arrangiamento delle canzoni dei PAM. Se consideri poi che Nico Sambo, ovvero il chitarrista solista, è sempre stato un cultore della psichedelia, ecco che ne è uscito un Folk Psichedelico (il copyright del nome è del bassista, Alessandro Quaglierini), una trovata originale per la scena livornese del tempo. Addolcito dalle note al piano e organo di Luca Valdambrini, restava comunque molto patchanka grazie alla rudezza di Jody Guetta, un rullo tamburo continuo.

D Avete partecipato a Sanremo Rock e Sounds Cube…una bella soddisfazione…

R Certo, ci siamo divertiti un sacco, avrei voluto che durasse di più e puntavo ad arrivare anche oltre. Ero molto ambizioso all’epoca e credevo tanto nel progetto. Purtroppo, però, al momento di incidere il nostro primo disco, il produttore ci ha per così dire fregato e questo ha minato molto la fiducia nella tenuta del gruppo. Al tempo, inoltre eravamo diventati sei, io abitavo già a Roma. E, in breve, tutto era diventato ingestibile. Forse, oggi che i dischi sono pressoché scomparsi dalla scena, sarebbe andata diversamente. Il ricordo più bello, comunque, resta il concerto a Livorno per la promozione in serie A. Una folla quasi oceanica a sentirci e a incitarci, con il mare sullo sfondo. Indelebile.

D Una volta sciolto il gruppo che è successo, che hai fatto ?

R Sono invecchiato! Mi sono costruito una carriera come giornalista, e oggi sono persino diventato editore. Insomma, sono rimasto nel mondo della scrittura, ma i miei versi si sono fatti articoli e la mia creatività attualmente si esprime più nelle copertine dei libri che in quelle dei dischi. Sono felice, ma mi manca la spensieratezza e la gioia del rock. Mi mancano i live incendiari e le notti intere passate in studio a creare armonie e melodie. Quella magia, insomma, che solo la musica sa donare.

D Oltre alla musica la tua grande passione è per la parola scritta e la carta stampata…se ti dico Oltrefontiera News e Paesi Edizioni che mi dici ?

R Sono le mie passioni attuali. Sono sempre stato interessato alla politica internazionale, e sia la mia specializzazione sia la casa editrice che ho fondato riflettono questi interessi. Oggi mi occupo soprattutto di geopolitica e affari esteri, tralasciando per quanto possibile la politica interna, che trovo triste e persino deprimente. Uno sguardo oltre il nostro ombelico e i nostri egoismi nazionali credo sia doveroso, così come lo è interessarsi agli altri per tentare di spiegare qualcosa di questo pazzo mondo.

D La scena musicale livornese è particolare, dagli anni 50 in poi ha “sfornato” centinaia e centinaia di ottimi musicisti, eppure pochi di loro hanno fatto parlare di sé…cosa manca per poter emergere come succede in altre realtà magari meno prolifiche ?

R Non credo sia così, o almeno non più. Molti nuovi artisti sono emersi o stanno emergendo. Certo, pietre miliari come Pietro Mascagni o appunto Piero Ciampi per restare agli anni 50 e 60 forse hanno toccato vette non più raggiungibili. Però, molti nostri ragazzi si sono fatti strada; penso al Sanremo 2019, dove più di un livornese si è distinto. Io credo che per entrare nell’Olimpo dei grandi della musica servano solo più poesia e più autenticità, proprio perché il talento musicale ai livornesi non è mai mancato. E serve anche un po’ meno snobismo.

D Progetti futuri ?

R Attualmente sono molto concentrato nel portare la Paesi Edizioni al successo che merita e che le auguro, perché abbiamo tanto bisogno di riflettere sul mondo che abitiamo, e in generale abbiamo carenza di cultura. Però, confesso che mi piacerebbe anche fare qualcosa di importante per Livorno, dove le mie radici restano ben solide. Se guardo a come la città sia depressa e decadente nel suo senso deteriore, mi si stringe il cuore. Peraltro, non credo che queste elezioni politiche per il rinnovo di Sindaco e Giunta porteranno ciò che serve davvero alla città. Ovvero un rilancio che metta in evidenza le nostre grandi potenzialità. Non vedo giganti in corsa per le amministrative.

D Lucio, un rimpianto, una occasione perduta, musicalmente parlando, che avrebbe potuto portarti in altre direzioni ?

R Se ho imparato una lezione da mio padre, è proprio quella di non cedere ai rimpianti. Io poi ce l’ho stampigliato nel nome il concetto di non guardarsi indietro: “Tirinnanzi” significa proprio andare avanti ed è quello che ho intenzione di fare. E poi, per suonare e scrivere canzoni, per me stesso o per altri, c’è sempre tempo.

D Chi è oggi Lucio Tirinnanzi?

R In cauda venenum. Hai lasciato la domanda più difficile alla fine, ti posso rispondere così: uno che non intende svoltare a sinistra o a destra per trovare scorciatoie, ma vuole andare diritto finché c’è strada da percorrere. E ne vedo ancora molta di fronte a me.

GABRIELE CENTELLI

D Gabriele Centelli, chitarrista, ma anche tastierista e cantante…

R Sì il mio primo strumento è stato e sempre sarà la chitarra. Ho iniziato a 14 anni, poi è

venuto il canto e infine, approcciandomi alla musica elettronica e ai software moderni,

sono “stato costretto” a dover imparare anche gli strumenti a tastiera.

D Dal 2010 fai parte dei Platonick Dive, come vi siete incontrati ?

R Ho fondato i Platonick Dive con il mio amico e socio di sempre Marco Figliè. Inizialmente,

durante gli anni delle superiori, sperimentando diversi generi e cambiando parecchi

batteristi. Dal nostro incontro con Jonathan Nelli, a fine 2010, è nata la formazione ufficiale

che tutti conoscono e che ci ha portato a pubblicare tre album e compiere tour in Europa e

Stati Uniti.

D Il vostro è un sound particolare, siete una specie di ricercatori del suono, la vostra

musica è una miscela eclettica di Postrock-Electronica…

R Esatto, ci definiamo degli sperimentatori, dei disegnatori di suoni. Il nostro sound è sempre

stato in continua evoluzione. Non ci piace fare e suonare sempre le stesse cose, riteniamo

che l’evoluzione e la maturazione musicale, così come quella dell’essere umano, sia la base

del nostro percorso artistico, da cui partoriamo sempre nuove idee e nuovi percorsi.

D Avete pubblicato due album tra il 2013 (Therapeutic Portrait&) e il 2015 (Overflow)

in cui avete proposto un post-rock moderno con molta elettronica e penso anche (“Social

Habits”) nell?anno appena passato, soddisfatti ?

R Certo, come detto, il nostro è un percorso in continua evoluzione. Siamo in perenne

movimento artistico. “Social Habits” è la perfetta sintesi di quello che siamo come band,

quello che ci ha portato ad iniziare questo viaggio di “terapia musicale”.

D Sul palco avete un grande impatto visivo, questo vi ha portato in giro per l’Italia ma

anche in tournee in Austria, Germania e Belgio…una bella soddisfazione

R Il live è sempre stato una dimensione perfetta di noi come band e come esseri umani, dove

esprimiamo le nostre emozioni e i nostri flussi. Suonare e venire apprezzato in giro per

l’Europa è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Non vogliamo fermarci.

D Progetti futuri, qualche concerto magari in città?

R I nostri fan sanno che il nostro percorso è in continua evoluzione e quindi possono

aspettarsi di tutto. Scriviamo sempre nuova musica, anche se ogni tanto è giusto fermarsi a

riordinare le idee e capire a fondo l’importanza di ciò che stiamo facendo. Concerti a

Livorno? Purtroppo non è mai facile. Facciamo una musica particolare che richiede una

dimensione un po’ speciale.

D Gabriele quali sono i tuoi punti di riferimento, i musicisti che “imitavi” fin da bambino ?

R Ho iniziato a suonare la chitarra il giorno stesso che ho ascoltato i Nirvana per la prima

volta. Quindi tutta la scena grunge e alternativa americana anni 90’ è stata per me motivo

di grande crescita e cultura nell’adolescenza. Fuori da questa scena direi che i miei punti di

riferimento musicali siano i Cure, i Pink Floyd, i Led Zeppelin se dobbiamo parlare di storia

del rock’n roll. E poi ovviamente il post-rock internazionale con band come Mogwai ed

Explosions In The Sky e tutto il mondo della musica elettronica delle ultime due decadi:

nomi come Radiohead, Apparat, Four Tet.

D Conoscete bene realtà diverse dalla nostra, anche all’estero…che ne pensi della

situazione musicale livornese, molti ottimi musicisti ma…

R Molti ottimi musicisti ma purtroppo grandi e famosi solo a casa loro. Così è stato fino a

poco tempo fa, anche se continua ad esserlo nella maggior parte dei casi. Per fortuna che

da poco tempo, complice la digitalizzazione del sistema, la nuova fruizione del prodotto e

dell’esperienza musicale in sé, si stanno aprendo nuove speranze e nuove idee. Alcuni

musicisti livornesi stanno trovando ottimi sbocchi e stanno esportando la loro musica a

livello nazionale e non. Quindi in bocca al lupo ai più meritevoli, a chi crede davvero in

quello che fa, chi ci mette il cuore e tira fuori tutto se stesso.

D Tutti noi abbiamo un rimpianto per non essere saliti su quel treno che si era fermato

proprio davanti a noi…dove andava il tuo ?

R Se il mio è passato, sono sicuro di esserci salito e di non essermi ancora fermato.

Se ancora non è passato, vuol dire che il meglio deve ancora arrivare.

D Chi è oggi Gabriele Centelli ?

R Un giovane uomo che fa musica a 360 gradi. La musica occupa gran parte, se non

totalmente, della mia vita. E’ il primo pensiero al mattino e l’ultimo pensiero a notte fonda.

L’esperienza maturata in questi anni mi ha reso un musicista ancora più determinato,

consapevole della mia forza e dei miei limiti. Quindi non mi fermo, ma voglio continuare

ANDREA LEONARDI

D Andrea, cantante fin da bambino…

R Esatto, ho iniziato a cantare a 8 anni: una amica di famiglia , direttrice di un coro, mi portò con sé per far parte delle voci bianche, ma ben presto fui inserito nel coro tenori. Nel frattempo avevo iniziato ad apprendere i primi rudimenti della chitarra, prima chitarra che mi fu regalata, figurati, dalla Spagna.

D Come sei approdato su un palco a suonare e cantare ?

R Ho iniziato come solista ed ho avuto la fortuna di essere ascoltato dal maestro Neno Vinciguerra che mi portò con sé come cantante nelle sue serate al Ciucheba di Castiglioncello. Iniziai a cantare e suonare da solo quando dovevo sostituirlo perchè spesso e volentieri aveva talmente tante richieste che le date si accavallavano e poiché Neno era veramente bravo ma non ha mai avuto il dono della ubiquità lo sostituivo ben volentieri.

D E si arriva velocemente al gruppo “ 30 Corde”…

R I 30 Corde nascono nel 2000: conoscevo bene Riccardo Carboncini, ero a suonare in un locale dove lui stava cenando, a serata finita fui da lui avvicinato e salutato e in pratica da quella sera sono nati i 30 Corde.

D Della serie “non ci siamo più lasciati”…

R Proprio così…iniziò ad accompagnarmi nei vari locali…in un primo momento ci chiamavamo semplicemente Andrea e Riccardo, in seguito 2 Tops e poi, definitivamente 30 Corde.

D Quando un duo rimane per tanti anni insieme vuol dire che oltre alla bravura dei componenti c’è anche una solida stima e amicizia reciproca…

R Proprio così, senza tutto questo sarebbe stato impossibile stare insieme tutti questi anni. E devo dire che ci siamo levati anche molte soddisfazioni: Tour in Italia ed Europa in Spagna, Portogallo, Francia e anche ben 2 tournee in Giappone.

D Progetti futuri ?

R Abbiamo già pubblicato 2 Cd, uno dal titolo Omonimo, l’altro “Solo musica italiana”, a giorni sta uscendo il terzo e stiamo già lavorando al quarto lavoro. Poi naturalmente altri concerti. Infine abbiamo iniziato una collaborazione con altri musicisti e , a seconda delle esigenze, il gruppo diventa un 30 Corde Quintet, con batteria, basso e sax a supporto.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi mostri sacri?

R Da sempre adoro Mina e Massimo Ranieri anche se devo dire che il mio vero punto di riferimento, il mio vero mostro sacro è Frank Sinatra. Amo molto anche la lirica con Maria Callas e Pavarotti su tutti.

D Come vedi la situazione musicale in ambito cittadino ?

R Il livornese è uno spirito libero: siamo ottimi cantanti, ottimi musicisti, ottimi pittori, in pratica in ogni famiglia c’è un artista, ma siamo anche scanzonati, dissacratori, anarchici per natura, difficilmente scendiamo a compromessi, le regole ci vado strette…questo è anche il nostro limite, ma siamo fatti così e…ci piace !

D Andrea dove andava quel treno sul quale non sei salito?

R Andava in Australia. Nel 1990 abbi la possibilità di andare a fare la professione in quel lontano paese…non ebbi il coraggio, avevo iniziato una attività lavorativa e non me la sono sentita di “mollare tutto”.

D Chi è oggi Andrea Leonardi?

R Sono un soddisfatto autodidatta che senza aver fatto studi classici, si diverte un mondo…e poi, qualche piccolo obiettivo l’ho raggiunto. Va bene così.

ANDREA PACHETTI

D Andrea Pachetti, cantante ed musicista di elettronica, come nasce questa tua passione ?

R All’età di 12 anni ho iniziato a studiare chitarra, ma la passione o la malattia, come la chiamo io, mi entrata all’età di 15 anni, da li in poi ho totalizzato tutto sulla musica e l’elettronica e il canto sono subentrate dopo

D Penso che il tuo primo gruppo sia stato i Project 00…raccontaci

R Tolti i primi progettini adolescenziali, si diciamo che è stata la prima band anche se inizialmente ci chiamavamo Not For Us; poi nel 2000 abbiamo cambiato organico e da cantare e suonare la chitarra per la voglia di sperimentare iniziai a cantare e suonare drum machine e campionatori: il progetto cambio forma e genere e quindi da li poi abbiamo cambiato nome con Project 00. Facevamo Hard-Core con influenze di musica elettronica

D Il 2010 ti vede come cofondatore dei Radio Tower, gruppo dove lo scintillare del rock si fonde con la tua elettronica…

R Si dopo un periodo di lavoro di studio dove inizio a scrivere per un editoria di Roma basi per colonne sonore, la voglia di ritornare a suonare era molta: insieme a Daniele Catalucci (Virginiana Miller) e Federico Silvi (Jackie O’s Farm) , dopo un tributo ai Refused per il decennale di “The Shape of Punk to Come”, abbiamo formato i RadioTower una band fondamentalmente Rock con influenze Industrial.

D Radio Tower” è il vostro omonimo Ep uscito nel 2011, lavoro autoprodotto…

R Si un ep registrato e prodotto da noi stessi

D Cosa è successo dopo, avete pubblicato altri album ? Soddisfatti del vostro percorso musicale ?

R Dopo abbiamo prodotto in un piccolo studio che avevo, un album intero che poi non è mai uscito. Esperienza molto bella, ma forse è quella che mi ha fatto capire che il ruolo che amo di più nella musica è quello come produttore e non come musicista.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali, i tuoi mostri sacri?

R I Mostri sacri sono molti e tutti diversi tra loro… ti potrei dire Beatles, Pink Floyd, Fabrizio De André, Einstürzende Neubauten, Police, Refused, Luigi Tenco, Nine Inch Nails, Talking Heads, Lucio Dalla, Daft Punk, Gaetano Veloso, etc etc ,ognuno per un fattore o per quello che sono riusciti a tramettere; la musica è una cosa meravigliosa proprio perchè riesce a trasmettere tutte le sfaccettature emotive che si possono vivere.

D Se ti dico 360 Music Factory Recording Studio che mi dici ?

R Mi dici tanto, forse tutto. Dopo aver avuto un piccolo studio dove facevo piccoli lavori ho aperto il 360 Music Factory nel 2014 e dal 2015 dopo aver fatto Grande Raccordo Animale di Andrea Appino, con il quale è nato un bellissimo rapporto di amicizia e di lavoro, sono subentrati con me gli Zen Circus, ormai fratelli, con i quali abbiamo lavorato ai loro ultimi 2 dischi, il pezzo che andrà a Sanremo e altre produzioni esterne agli Zen.

D Nessuno meglio di te puoi sapere quanti ottimi musicisti ci sono a Livorno, alcuni anche di livello super…cosa manca per fare il salto di qualità, per poter parlare di una scuola livornese ?

R Ma ti dirò… secondo me in questo momento Livorno sta facendo uno dei salti di qualità che forse non ha mai fatto, questo perchè finalmente tanti musicisti livornesi e molte figure professionali che lavorano nella musica hanno accantonato quello spirito provinciale che faceva da paraocchi; oggi a Livorno ci sono delle realtà che vengono prese da esempio da tutta italia

D Andrea, dove andava quel treno sul quale non sei salito e che ancora oggi ti tormenta ?

R A oggi ti dico che forse mi è andata bene di aver perso quel treno perchè ne ho presi altri che mi hanno portato a quello che sono, quindi forse non ho perso nessun treno o almeno preferisco vederla cosi

D Chi è oggi Andrea Pachetti ?

R Oggi Andrea Pachetti è un uomo (ragazzo perchè dimostro molti meno anni di quelli che ho ahahahahaha) che vive per quello che fa e cerca di mettercela tutta per realizzare i propri sogni.

STEFANO ILARI

D Stefano Ilari, cantante, alias Sassicaia Molotov…da dove nascono questi nicknames ?

R Nascono scherzosamente dalla mia formazione musicale punk e dalle mie simpatie anarchiche; e poi è anche una questione di classe : mica si maneggiano le molotov dopo aver bevuto il Tavernello, molto meglio il Sassicaia !

D Cantante e compositore, mai pensato di imbracciare uno strumento ?

R No, per il semplice motivo che preferisco esprimermi con il corpo piuttosto che con uno strumento; canto come voglio senza dover preoccuparmi di accordi e accordature. E comunque “strimpello” la chitarra…

D Dal 1986 al 1990 sei il frontman dei Mumbler…

R Si, eravamo un bel gruppo. Facevamo del buon rock ispirandosi a Iggy Pop e gli Stooges.

Eravamo esplosivi e questo ci “regalò” una esibizione ad Arezzo Wave nel 1989.

D Dopo un lungo periodo di riflessione nascono nel 2014 gli Stella Maris Music Conspiracy con i quali incidi “Operation Minf Fuck”…

R Ci divertivamo da matti: le nostre radici affondavano nel Granducato Hardcore e nel Detroit sound; molti e concerti e molta partecipazione di pubblico.

D Dalle ceneri dei SMMC nascono i Lupe Velez

R Il gruppo nel quale milito tutt’oggi. Il progetto parte da me e Dome La Muerte e una volta partiti ci accorgiamo che il materiale è buono e così condividiamo il tutto con il chitarrista Alex Gefferson (già Stella Maris), Gianfra alla batteria , Gianni Niccolai al basso e Luca Valdambrini a ogni tipo di tastiere. Completano la band “le bimbe” Iride Volpi alla chitarra e Doda Mariotti al basso. Il frutto di tanto lavoro è l’uscita di un primo ep per la Inconsapevole Records dell’amico Matteo Caldari, registrato nel Banana Studio di Valerio Fantoni e l’ultimissimo Weird Tales,

D Soddisfatti di questo lavoro ?

R Si molto anche perchè abbiamo avuto la soddisfazione di essere recensiti da riviste importanti del settore come Rumore e Classic Rock.

D Lupe Velez…da dove nasce questo nome ?

R Lupe Vélez, è lo pseudonimo di María Guadalupe Villalobos Vélez che è stata un’attrice del cinema muto e ballerina messicana. Morì suicida, secondo la versione ufficiale ingerendo settantacinque pasticche di sonnifero Seconal, in realtà con la testa incastrata nella tazza del water, annegata.

D Come definiresti il vostro genere ?

R Sicuramente Garage Rock con punte Husker Du e Radio Birdman anche se so che te ci senti anche influenze prog.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento?

R Un nome su tutti: David Bowie. Ho sempre ammirato le capacità camaleontiche di trasformismo de Duca Bianco. I suoi concerti, oltre che cantati e suonati, erano “interpretati” da David e questo mi ha sempre affascinato.

D Progetti futuri ?

R Sicuramente un tour e la preparazione di un nuovo disco.

A proposito, il 30 gennaio è uscito il nostro video ufficiale, facilmente reperibile su Youtube.

D Stefano, una occasione perduta, un treno sul quale non sei salito…

R Quando ci hanno rubato il furgone a Milano con tutta la strumentazione durante un tour in Alta Italia e Svizzera. Ci presentammo davanti al pubblico elvetico con strumenti prestati da altri, ma non fu la stessa cosa. A parte questo sono contento di quello che sono riuscito a fare e del fatto che ad una età sono riuscito a rimettermi in gioco: è questo il treno che aspettavo e sul quale sono salito.

D Chi è oggi Stefano Ilari ?

R Una persona soddisfatta che fortunatamente fa quello che gli piace.

GIANLUCA FASTAME

D Gianluca Fastame, tastierista…hai fatto studi classici o che altro?

R Studi classici pochi,tanto per iniziare…ho avuto la fortuna di iniziare quando non c’erano i mezzi tecnologici di adesso quindi o imparavi o….stavi a casa!Gavetta tanta e tante mattine rubate alla scuola passate a Radio Flash a registrare cassette dai vinili per poi passare il pomeriggio a casa a tirare giù pezzi e accordi! Ricordo con affetto l’amico Piero in arte Vento Selvaggio che ci aiutava in questo e ci organizzava le prime uscite musicali, con coraggio direi! E con lui Patrizia Ascione ed il mio compianto amico fraterno Luciano De Mayo coi quali negli anni 80 abbiamo condiviso molte programmazioni aelle feste dell’Unita’ che comunque davano molte opportunità estive per la musica d’ascolto, non solo per il ballo.

D Dagli anni 70, con l’avvento del prog e non solo, le tastiere sono diventate uno strumento basilare nella musica rock…

R Direi di si e per fortuna!E comunque con le tastiere vintage l’approccio era diverso…L’avevo quasi dimenticato, poi ultimamente ho avuto la fortuna di possedere un analogico dei tempi e devo dire che con quel tipo di macchine, seppur coi limiti di intonazione e controllo “dominavi” il suono e la ricerca e la sperimentazione erano sotto le dita! I virtuali ed i computer hanno raggiunto livelli di emulazione fantastici ma alla fine fanno suonare tutto abbastanza uguale…Spesso le macchine vintage erano loro a suggerirti il suono che poi magari ti dava il riff o l’idea. C’e’ oggi un grande ritorno all’hammond o agli strumenti elettromeccanici fortunatamente anche se la loro gestione e’ costosa e presuppone grande preparazione!

D La tua amicizia con Paul Moss (tanti cari saluti a lui da parte mia) è stata importantissima…è dalla metà degli anni ’80 che fai parte della sua band…

R Si ci conosciamo dagli anni 80,ci siamo persi di vista fisicamente solo in occasione delle sue parentesi negli USA,o durante le due tournee con Alexia; tra di noi c’e grande amicizia come del resto con gli altri componenti della band. A lui devo tanto dal punto di vista musicale e tutto dal punto di vista professionale, ho visto pochi col suo rigore,organizzazione e professionalita’;la nostra e’ si una band di amici, si ride si scherza, si mangia …ma affrontiamo sia la stesura dei brani che le prove con la massima precisione possibile nell’esecuzione ma anche nella ricerca dei suoni e degli intrecci armonici.

D Paul Moss band a parte, ti ho visto anche esibirti come “one man”…quali sono i tuoi progetti futuri ?

R Piu’ che one man band direi intrattenitore!!! Sai li mi devo un po’ dividere perche’ pur amando il rock posseggo un timbro vocale piu’ adatto per il genere italiano melodico ed allora ….soffro!!! Dai comunque mi sono tolto le mie soddisfazioni nei migliori piano bar della Toscana, a partire dal mitico Bar Salvini a Pisa, per poi passare dal Ciucheba,The Barge per 10 anni, forse gli anni migliori…e poi per un personaggio sempre sulla piazza come l’amico Marino Fani che mi fece iniziare su Livorno al mitico London Pub 30 anni fa e continua ad ospitarmi la domenica nel suo Nelson Tavern e ci divertiamo ancora con lo stesso entusiamo!

D Quali sono i tuoi mostri sacri, i tuoi punti di riferimento…scomodare Keith Emerson e Rick Wakeman è scontato?

R Mostri sacri …. direi piu’ David Paich dei Toto o un turnista come Greg Philliganes, pero’ sai quando inizi sono tutti mostri sacri senza scomodare nessuno! Ricordo andavo a sentire i migliori pianisti labronici per cercare di imparare…merito va a chi ho potuto apprezzare dal vivo e magari scambiare qualche battuta o confrontarmi…tra questi Stefano Martinelli,Antonio Favilla,il mitico maestro Giorgio Dari,Fabio Marchiori col quale abbiamo praticamente iniziato insieme…

D Livorno è una città particolare, centinaia e centinaia di musicisti sono nati all’ombra dei Quattro Mori, eppure non siamo mai stati in grado di dare vita ad una “scuola livornese”: te hai girato in lungo e largo la penisola e non solo, cosa manca a questa città per valorizzare i suoi talenti?

R A questa citta’ mancano le strutture e ai Livornesi la mentalita’ professionale…Basti pensare che fine hanno fatto i cinema teatro o quanto la musica live sia osteggiata dalle autorita’ nel centro storico ed alle guerre che i gestori devono sostenere. Al livornese non manca la creativita’ ma fatica a rimanere inquadrato…Ultimamente vedo buone cose vedi Nigiotti o Lorenzo Iuraca,speriamo dai le cose migliorino!

D Ritornando al tuo strumento…alcuni stili musicali non “accettavano” le tastiere…oggi le troviamo ovunque, nel blues, nel country, nel rock e anche con il punk hanno avuto il loro momento…la E Street Band non sarebbe la stessa senza Roy Bittan…

R Rimpianti direi di no…magari per la musica ho messo in secondo piano la possibilita’ di farmi una famiglia ma spesso quando studio un pezzo e faccio fatica mi dico…perche’ non ho studiato di piu’ da piccolo questo si!

D Gianluca, un treno sul quale non sei salito e ancora oggi “ti mordi le mani”…

R Il tennis….si una grande passione dove penso di possedere i titoli ed il merito di insegnare e che magari mi ha permesso di non dover fare la musica che non mi piace per sfamarmi!

MARCO SCAMMACCA

D Marco Scammacca, professione cantante…quando hai scoperto che questa era la tua strada…ti immagino da piccolo davanti allo specchio con un finto microfono…

R E’ iniziato tutto per gioco, senza prendersi sul serio. Con un gruppo di amici parto come chitarrista ma da subito sono diventato cantante per sopperire alla mancanza del leader, e così ho capito cosa mi piacesse davvero fare. Ovvio che mi sono trovato un sacco di volte a mimare un’esibizione live nella mia camera o nel mio bagno e non nego che ogni tanto ci “rigioco” anche oggi !

D Sei tra i fondatori del gruppo Per Aspera…a proposito, da dove nasce questo nome?

R Per Aspera ad Astra – tra le difficoltà, fino alle stelle – In realtà io sono entrato a far parte del gruppo nel 2011 e ti riporto con piacere la motivazione che ha portato alla scelta del nome, che condivido a pieno. E’ stata presa in prestito una parte di questa frase latina perché caratterizza un po’ il percorso di chi si mette in viaggio per raggiungere un grande obiettivo.

L’unica cosa sicura è che attraverserà tantissime difficoltà!

Noi la nostra buona dose di asperità l’abbiamo incontrata eheheh

D Nel 2012 incidete il vostro primo album dal titolo “Ventisette”, dove a mio giudizio spicca la canzone “Tra il sole e la luna”, chitarre che la fanno da padrona per sorreggere la tua bella voce, ottimo album…

R Grazie mille Massimo, si quell’ep è figlio della storica formazione, io mi sono trovato il lavoro già pronto perché mi sono inserito nel progetto poco prima dell’incisione… ho soltanto reinterpretato a mio piacimento i brani. Un album inciso con le poche disponibilità economiche che avevamo in quel periodo ma ne abbiamo un bellissimo ricordo

D Poi una pausa di riflessione, il gruppo si sfalda per ricostituirsi nel 2016…che è successo?

R Si purtroppo ci siamo trovati di fronte a delle scelte di vita, lavoro e figli hanno portato riflessione e un pochino di tempo di stop. In questo periodo con Stefano Giolli (chitarrista fondatore della band) abbiamo continuato a scrivere brani, sfruttando però una nuova tecnica creativa, arrivando alla stesura del nuovo Ep. Nel 2016 abbiamo deciso di riformare la band.

D Nel giugno 2017 esce il singolo “Panama” a cui farà seguito nel marzo 2018 il vostro nuovo EP…soddisfatti?

R Siamo molto soddisfatti perché è stata una vera e propria rinascita, i brani più maturi e moderni hanno avuto un ritorno positivo e di questo ne siamo contenti. Siamo sbarcati su tutti gli store digitali per la prima volta, Shazam, Spotify etc… insomma figo no?

D Progetti futuri, qualche nuovo lavoro, concerti in vista ?

R Questo 2019 sarà dedicato alla diffusione di “Io rimango fermo” l’ep uscito ad aprile 2018, a febbraio abbiamo in programma diversi concerti. Siamo molto concentrati sulla scrittura degli ultimi brani che saranno contenuti nell’ album prossimo futuro. Stiamo lavorando sodo con il nostro produttore artistico Carlo Bosco (JackfStudio) anche tastierista dei GaryBaldi Bros.

Ne ascolterete delle belle.

D Marco quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi mostri sacri?

R Io mi ispiro ai cantautori italiani moderni , per farti qualche esempio ti posso dire : Cremonini, Gazzè, Le Vibrazioni, Negramaro… Vado pazzo per la loro musica.

D Che rapporto hai con la realtà cittadina, musicalmente parlando e c’è un musicista livornese che ammiri particolarmente da dire “Mi piacerebbe cantare per la sua musica” ?

R Così d’impatto di dico Bobo Rondelli e gli Zen Circus. Hanno brani stupendi e si respira quel senso di appartenenza labronica e un bel pizzico di malinconia condita con alcuni picchi di felicità…

D Marco, un rimpianto, una occasione perduta che potrebbe aver cambiato la tua vita…

R Credo che ognuno sia artefice del proprio futuro e che forse la mia vera occasione deve ancora arrivare… in ogni caso la mia vita la racconto ogni giorno nelle mie canzoni e spero che queste possano in qualche modo accompagnare , migliorare o al massimo alleggerire la vita di chi le ascolta.

D Chi è oggi Marco Scammacca ?

R Sono un cantautore che ha la libertà di scrivere canzoni sognando che queste possano un giorno essere canticchiate da un pubblico sempre più vasto… magari sentirle passare in radio senza averlo concordato, sarebbe da brividi… Chissà il futuro dove ci porterà.

Per Aspera …. Ad astra !

MICHELE GIANNONI

D Michele Giannoni, batterista…immagino la gioia dei tuoi vicini di casa

R Fortunatamente abito in periferia e le prime volte che ho iniziato a picchiare sui tamburi in un sudicio garage non disturbavo nessuno se non i miei genitori, tuttavia dopo qualche anno in una stanza dismessa dell’officina di mio padre iniziai a costruire uno studio dove poter provare senza rompere i timpani o qualcos’altro a nessuno.

D Alcuni anni fa sei tra i fondatori del gruppo Nice To Meet You Yeti…impossibile non pensare a “Symphaty for the devil” dei Rolling Stones o è un caso? E perchè il “povero” Yeti ?

R Si, parliamo di diversi anni fa, forse sei o addirittura sette, quel nome nasce scherzosamente da alcune vicende tra me e il Chitarrista Nicola Deluca, ci raccontavamo di questa figura eremitica, che un pò ci rappresentava e viveva nel nostro studio. La nostra stanza tutt’oggi porta il nome di Yeti’s Cave.

D Gruppo interessante il vostro, sonorità alternative, un concentrato di vari generi…

R Mah… penso oggi che eravamo un agglomerato di generi senza un indirizzo ben preciso con una continua sperimentazione sia dal punto di vista sonoro che di strumentazione, avevamo a nostra disposizione un’infinità di colori, spesso dipingevamo fuori dalla tela. La formazione prese un indirizzo interessante dopo che Lorenzo Saini bassista/cantante entrò a far parte della ciurma, cambiammo nome in Brucke e questo progetto ci tolse molte più soddisfazioni e riuscimmo a concludere dei lavori più sensati.

D “Speack with your mirror” e “A day before you came out” sono i brani che vi hanno fatto conoscere…che è successo dopo?

R Questi due singoli li abbiamo considerati sempre come studio di quello che facevamo, come dicevo prima c’è stata un’evoluzione della formazione Lorenzo entrò a far parte della band che prese il nome di Brucke, questo progetto ci portatò in tuor nel sud Italia lo scorso anno con due EP registrati in presa diretta un quantitativo discreto di live alle spalle.

D Quali sono i batteristi di riferimento, i musicisti che imitavi da ragazzino?

R Non ho mai avuto un batterista di riferimento piuttosto cercavo di creare un mio stile digerendo tutte le dritte date da vari maestri, Marco Zaniniello batterista della band livornese Appaloosa è riuscito a svoltare la visione che avevo dello strumento.

D Progetti futuri, concerti o altro?

        

R I Brucke adesso sono sciolti ed io sono musicalmente fermo, ho sempre suonato per divertimento e condivisione con i miei amici/compagni di band quindi per scelta adesso non mi interessa continuare a suonare se non con loro, tuttavia abbiamo fondato uno studio di registrazione con il tutoraggio di Giacomo Vaccai voce e chitarra dei Jackie’s o Farm, il nostro studio ha prodotto diverse band livornesi e sta ancora operando.

D Come ti rapporti con la scena musicale livornese odierna, pensi che si potrebbe fare di più soprattutto come luoghi musicali di aggregazione?

R Sono e siamo sempre stati indipendenti rispetto alla scena musicale livornese. Luoghi di aggregazione ne troviamo sempre meno nella nostra città e credo che ormai in un’epoca ‘’digitalizzata’’ come la nostra l’interazione tra individui, che è fondamentale per la crescita personale ed artistica, sia sempre di più ostacolata. Oltre a centri di aggregazione ci vorrebbe una sensibilizzazione delle nuove generazioni alla cultura in genere ed all’arte, ma capisco anche sia un processo molto complicato che dovrebbe agire alla base di un problema ormai è radicato nel nostro vivere quotidiano, crediamo che conti solo l’apparenza invece che la sostanza. La musica in Italia, movimenti underground a parte, si stia svuotando.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi: Charlie Watts dei Rolling Stones ha detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè sono più di 50 anni che se lo ritrova sempre davanti durante i concerti…quale è il “tuo culo” ?

R Il mio culo è sempre stato Lorenzo Saini amico e compagno, musico da molto molto tempo.

D Michele, un treno sul quale non sei salito e ancora oggi ti chiedi perchè…

R Cerco sempre di agire con cuore e mente in sincronia questo non porta ripianti sulle scelte che compio personalmente, tuttavia sono molto dispiaciuto dalla separazione dei Brucke, avevamo raggiunto dei risultati ed invece di spingere l’acceleratore tutti insieme ognuno di noi, me compreso, ha pensato ai propri bisogni e al proprio ego invece di avere un obbiettivo comune.

D Chi è oggi Michele Giannoni ?

R Spero che Michele sia in continua evoluzione, adesso studia yoga e lavora come apprendista nell’officina del padre.

LUCA GUIDI

D Luca Guidi, chitarrista…un amore quello per la sei corde nato da subito o hai scoperto lo strumento per caso visto che dopo hai frequentato l’Istituto Mascagni studiando chitarra classica ?

R Si tratta di tanto tempo fa, avevo 8 anni, mio padre suonava qualche accordo a tavola dopo cena, gli chiesi di insegnarmi alcuni accordi. Me ne insegnò 3, il giorno dopo non feci altro che lavorare su quei 3 accordi e arrivato a sera sapevo suonare la canzone del sole. È stata una rivelazione, da quel giorno suonare è l’attività che svolgo di più, quella che non riuscirei a mettere in discussione. Poi ho avuto la fortuna di fare un percorso didattico molto importante, dico fortuna perché i miei genitori non sapevano niente né di musica né di ambiente musicale, ma si sono impegnati a capire come valorizzare l’interesse di un bambino di 8 anni.

D Nel 2005 fai parte dei Novadeaf, un gruppo livornese-pisano: come nasce questa idea ?

R Ho conosciuto Federico Russo all’Università, avevamo gusti musicali affini, era una persona colta e più matura della sua età, ci parlavo volentieri, ma soprattutto aveva qualcosa in più, scriveva già canzoni illuminanti e piene di ispirazione. Mi propose di formare una band insieme e all’interno di quella band ho coltivato alcune delle amicizie e dei rapporti lavorativi più solidi della mia vita.

D Nel vostro sound convivono perfettamente pop, folk, elettronica : ne sono testimonianze i vostri album “ The Youth Album” e Humoresque…

R Non ricordo più molto, sono passati una decina di anni e di dischi, comunque di sicuro il suono che avevamo in quel contesto era frutto delle tante differenze che intercorrevano tra i nostri ascolti, le nostre passioni e le nostre sensibilità. Abbiamo, credo, provato tutti a metterci a disposizione con il nostro apporto ma rinunciando un pizzico all’individualismo

D “Man on fire” è la canzone che vi ha fatto conoscere al grande pubblico: con la stessa avete vinto il premio Amnesty “Voci per la libertà”. La canzone parla di Alfredo Ormando, scrittore palermitano omosessuale che per protestare contro l’ottusità e la omofobia della chiesa si dette fuoco…

R Questa domanda la dovresti girare a Federico Russo che ne è unico autore. Ricordo solo che quando ho ascoltato la prima volta la traccia finita ho pianto qualche lacrimuccia. La considero ancora una delle canzoni più belle a cui ho avuto la fortuna di lavorare.

D Non vorrei sbagliare ma stai collaborando anche con il gruppo Sinfonino Honolulu…

R Ho collaborato numerosi anni con il Sinfonico Honolulu, per la verità la collaborazione è terminata nel 2017. È stata un’esperienza soprattutto molto divertente sia dal punto di vista artistico che umano. All’interno di quel progetto ho avuto la possibilità di affinare e mettere alla prova la mia scrittura. Non è facile convincere una band di 10 componenti ad utilizzare una tua canzone.

D Per non parlare della Accademia della chitarra…spiegaci meglio…

R Anche con l’accademia è stata una lunga e appassionata collaborazione che si è interrotta nel 2017 a causa del mio trasferimento a Roma. L’insegnamento mi da pure la possibilità di mantenere un contatto con le nuove generazioni e chissà , magari invecchiare più lentamente

D Luca quali sono i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando, le tue icone alle quali guardavi fin da ragazzino…

R Difficile, cambio riferimenti ogni due giorni, oggi ascolto soprattutto musica italiana e mi interesso molto di più all’aspetto dei testi, per la verità sono cresciuto ascoltando moltissimo Radiohead, King Crimson, Nick Drake.

D Progetti futuri, nuovi lavori, nuovi concerti a breve ?

R In questo periodo sto affrontando due esperienze veramente gratificanti. Da una parte sto registrando il mio primo disco solista. Lo sto facendo a La Tana Studio di Crespina con Ernesto Fontanella. Pur coinvolgendo molto gli amici e musicisti più cari, stavolta sto cercando di raccontare una storia intima e piccola e di farlo più da solo possibile. Ho prodotto le canzoni nel silenzio di camera mia e ho cercato di farle arrivare a compimento meno contaminate possibile dal mondo esterno. Non credo che lavorerò mai più così, ma stavolta ci tengo che il prodotto sia uno specchio per me, ho un rapporto spirituale con queste canzoni. Contemporaneamente sto portando in giro, insieme ad altri cantautori che amo tantissimo, uno spettacolo su Lucio Dalla. Lavorare con Giulia Pratelli, Tommaso Novi, Gió Mannucci e Matteo Fiorino è un grande piacere e un onore, farlo avendo la possibilità di confrontarsi con i capolavori di Lucio Dalla è ancora più entusiasmante. Sento che sto imparando ed imparerò tantissimo da questa esperienza.

D Che rapporto hai con la scena musicale livornese, scena musicale prodiga di musicisti ma per tanti versi “matrigna”, nel senso che da poco spazio ai suoi giovani talenti ?

R Non ne sono convinto, Livorno è un contesto stupendo dove i musicisti tra di loro si conoscono, si frequentano, si stimano e soprattutto si ascoltano. Difficile trovare in un’altra città così tanto interesse sano. Poi da qualche anno c’è l’open mic organizzato da Francesco Luongo che non solo mette in risalto, ma spesso addirittura forma talenti delle nuove generazioni.

D Ognuno di noi ha un grosso rimpianto, una grossa occasione banalmente sciupata, un treno sul quale non siamo saliti…il tuo treno dove andava?

R Non ci penso, non sono fatalista, mi piace guardare a quello che mi aspetta, per ora non mi sono mai trovato male e non ho mai corso il rischio di annoiarmi nel mio lavoro. Ogni volta che ho terminato un’esperienza lavorativa ne è arrivata una nuova ad occupare la mia mente le mie giornate. Mi piacerebbe fare un po’ più vacanze, se ho perso un treno di sicuro portava al mare.

D Chi è oggi Luca Guidi ?

R Non lo conosco così bene da raccontarlo