DUNIA POZZI

D Dunia Pozzi cantante ma la tua prima apparizione nel mondo musicale fu nel 1980 come speaker radiofonica prima con “Radio Livorno città aperta” e poi con “Studio 82”…

R Il mio “debutto ufficiale” è stato a Radio Livorno città aperta, poi è seguita “radio City One” e poi “Studio 82” .Dal momento che studi e regia erano la stessa cosa, sui brani a microfono spento…tutti cantanti!!! Poi c’era qualcuno che a tradimento ti lasciava il microfono acceso…E poi, negli anni “Radio Pisa International”, “Radio Lady”… ma già c’era il semino del cantare…

D Tempi bellissimi con molte radio libere che davano voce a molti personaggi…oggi purtroppo a Livorno posso essere solo ricordi in quanto è da molti anni che non ci sono più radio cittadine…che spiegazione ti sei data ?

R Quella delle radio libere è stata una stagione magica, pochi anni in cui tutto sembrava possibile…E per un certo periodo lo è stato, ma poi ci siamo scontrati con la realtà, fatta di spese (TANTE!), di regolamenti e tasse e i network, potendo disporre di mezzi economici maggiori hanno avuto la meglio, accaparrandosi le frequenze e inglobando le piccole emittenti.

D Alla fine degli anni 90 poi inizia a fare teatro con la scuola “Laura Ferretti” di Livorno per poi entrare a far parte della compagnia “Pravda” di Alessandro Arrabitò…raccontaci

R Galeotto fu un flirt! eravamo alla prima metà degli anni ’80, ero presissima dal “fare radio” e il ragazzo che frequentavo mi suggerì di perfezionare la dizione studiando recitazione ( e devo dire con ragione, la cadenza dialettale per radio si nota ancora di più) ; feci domanda alla scuola “Laura Ferretti”, mi accettarono e seguirono tre anni di studi con Enzina Conte e padre Valentino Davanzati, poi stages di perfezionamento in giro per la Toscana. Con la compagnia “Pravda” abbiamo realizzato dei lavori particolari, quasi di teatro sperimentale, uno di quelli che ricordo con più piacere è “La gabbia” di Alessandro Arrabito, una rappresentazione di un ipotetico (ma poi nemmeno tanto…) futuro in cui l’umanità sopravvive rinchiusa in una “gabbia” informatica e il mondo esterno viene percepito come una minaccia, chi cerca di dire la verità tacciato di terrorismo…stranamente attuale, no?

D Dal teatro alla musica il passo è breve: inizi a studiare canto con la soprano Patrizia Amoretti e tecnica vocale con Donatella Pellegrini…

R Vero, il passo è stato brevissimo! La voce recitata e quella cantata hanno una cosa in comune: lo studio. Principalmente per capire come fare quello che si vuole e poi, fatto non trascurabile, per non farsi male. Se non si impara a gestire il lavoro sulle corde vocali, l’uso del diaframma per dosare il respiro si può incorrere in problemi anche seri. Patrizia Amoretti è stata il mio Virgilio nel mondo della voce cantata, mi ha fornito di basi solide e ha stimolato la mia curiosità sull’argomento; Donatella Pellegrini ha perfezionato il lavoro fatto, mi ha fatto scoprire la mia vera voce e mi ha insegnato che l’autenticità in ciò che si fa è essenziale. Ultimo in ordine di tempo ma non meno importante è Michele Del Pecchia, con la sua Palestra musicale stiamo sviluppando un bel progetto fatto sia di cover che di inediti.

D In questo periodo ti esibisci in diverse serate di piano bar in Versilia e non ti sei più fermata…soddisfatta?

R Il piano bar è una scuola micidiale! devi cantare un po’ di tutto, essere sempre al pezzo e saper improvvisare pur preparando il tuo repertorio in maniera impeccabile. Soddisfatta? non direi, io cerco sempre di migliorarmi e di sperimentare cose nuove, con esiti alterni ma si impara soprattutto dagli errori.

D Hai mai fatto parte di un gruppo o sei sempre stata una “one woman band “?

R Facendo piano bar si è sempre almeno in due, la dimensione band mi piacerebbe ma non è mai capitata l’occasione buona…hai visto mai…

D Nel 2018 hai vinto la terza edizione del talent nazionale televisivo THE BEST in onda a partire da fine settembre su Canale Italia, una sorta di casting live…una bella soddisfazione…

R Per quanto riguarda quel programma ho semplicemente vinto una selezione, poi per impegni personali non ho potuto partecipare. La soddisfazione comunque c’è stata, portare un brano swing lascia un po’ stupiti…ed è un genere che io adoro!

D Dunia quali sono i tuoi punti di riferimento, i cantanti che imitavi da bambina davanti allo specchio ?

R Bella domanda! sono cresciuta ascoltando Jazz anni 40/50, musica italiana dello stesso periodo, poi rock, heavy metal Blues,cantautori italiani … musicalmente mi definisco onnivora! Ma il mio mito, vocalmente parlando è Ella Fitzgerald, quello che riusciva a fare con la sua voce era pazzesco.

D Ognuno di noi ha un rimpianto, ognuno di noi sa di non essere salito su quel treno che si era fermato proprio lì per noi e sul quale non siamo saliti…dove andava il tuo treno ?

R Il mio treno si chiama Radio Monte Carlo. Partecipai ad un programma, nell’estate del 1980 che si chiamava “diecidiciassette”, lo conduceva Luisella Berrino. Non vinsi ma circa un anno dopo arrivò una convocazione per la sede di Milano che sarebbe nata da li a poco, ero piaciuta e avevano deciso di risentirmi. Io ho avuto paura di fare il salto…Pazienza.

D Chi è oggi Dunia Pozzi ?

R Una donna che ha ben chiare le sue priorità, la musica e il canto sono tra quelle. Quando cantando si riesce a far sorridere le persone, a farle stare bene, il proprio lavoro acquista significato e la fatica scivola via. Questa cosa l’ho avuta ben chiara quando sono andata, insieme ai miei compagni della Palestra musicale, a cantare nelle case di riposo per anziani e disabili. L’essere “famosa” dura pochissimo, il sorriso di qualcuno che tu hai fatto star bene sia pure per il tempo di una canzone ti resta dentro.

VALERIO D’ALELIO

D Valerio D’Alelio…batterista…

R Eh si, la batteria è stato il mio primo strumento; pensa, oggi mi sono dovuto riciclare e sono un “one man band” dove suono tastiere, sax, percussioni e infine canto.

D Tutto ebbe inizio nel 1964…

R Con gli Attaboys…ebbero un problema con il loro batterista…io giocavo a calcio, non pensavo a suonare. Mi ritrovai con delle bacchette in mano insieme a questi ragazzi più grandi…andò bene anche se ho sempre avuto la sensazione che mi avessero scelto perchè piacevo alle ragazzine…

D E poi i Modì…

R Si, era il 1967 o 1968. Inizialmente accompagnavamo il cantante Alfonzo Belfiore esibendoci nei locali della città: Albergo Atleti, Astoria, Cantuccio, Club 2000 per poi girovagare in tutta la Toscana.

D Il successo era a portata di mano, poi qualcosa andò storto…

R Roma divenne la nostra città di adozione. L’impresario Sandro Gagliardi, uno con l’occhio lungo, ci prese sotto la sua ala protettrice facendoci suonare nei locali della Capitale. Facemmo un tour come supporter dei New Trolls e suonavamo in contesti dove si esibivano i non ancora famosissimi, Ricchi e Poveri, Four Cats, Mal dei Primitives…

D Al tempo Roma era il posto giusto per giovani di talento…

R Locali come il Piper, il Titan, il Bar del Tennis, la Piscina Olimpica, il Club Brigadoon erano i locali “cult” per i giovani di allora e noi suonavamo là regolarmente. Al tempo Roma era superiore a Milano nel campo musicale…poi tutto è cambiato.

D Si, ma che successe…

R Successe che la nostalgia di Livorno e di casa prese il sopravvento…avevo la ragazza in città…storia comune già sentita e risentita…

D Comunque non ti perdeste di coraggio…

R No di certo: inizia a suonare la batteria “a chiamata”..andavo dove c’era bisogno. Inizia la stagione estiva a Punta Ala, suonai la batteria per Patty Pravo alla Bussola e partecipai alla registrazione in studio della canzone di Modugno “La lontananza”…si quella batteria è la mia ; non solo ma accompagnai seppur per poco Adriano Celentano e Umberto Bindi mi scelse per alcune serate. Ma fu l’incontro con Romano Mussolini che dette un senso alla mia carriera: nel 1972 lo incontrai ad Agropoli per poi finire a suonare per lui al “Saracino”.

D E dell’avventura con i Corvi che mi dici…

R Si sta parlando dei Corvi in fase di “chiusura gruppo”. Angelo Ravasini cercava di rimettere in sesto una band che non esisteva di fatto più: fui chiamato alla batteria; ci esibimmo al Tartana di Follonica dove incontrai un cantante diciamo “pasciuto” che stava avendo una discussione con il tirchissimo proprietario del locale…ebbene era Francesco Di Giacomo, vocalist del Banco Mutuo Soccorso che si erano esibiti prima di noi.

D Valerio quali sono stati i tuoi punti di riferimento?

R La bossanova, Sergio Mendes ma impossibile non parlare del mondo beat della mia gioventù con i Beatles e i Kinks su tutti.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi: Charlie Watts ha sempre detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger che da oltre 50 anni vede dimenarsi davanti a lui sul palco…qual’è il “tuo culo” ?

R Sono stato dietro alla batteria per molto tempo…di culi ne ho visti tanti ma quelli che più sento miei sono quelli di Bruno Martino con il quale suonavo in Via Veneto a Roma e naturalmente quello di Romano Mussolini.

D Che fai oggi? Progetti futuri? So che sei sempre sulla braccia…

R Certo che sono sulla breccia, mai arrendersi. Oggi sono un “one man band” nel senso che suono le tastiere, il sax, le percussioni e accompagno il tutto con il canto…certo alcune tonalità sono diventate irraggiungibili ma me la cavo sempre discretamente. Vado dove mi chiamano, dove mi diverto, dove posso stare in compagnia di amici e fortunatamente il lavoro non manca.

D Inevitabile parlare di rimpianti e di occasioni perdute…in tanti anni di carriera …

R Nel 1973 passavo casualmente dalla RAI…avevano bisogno di un batterista al momento…gli piacqui…erano disposti a farmi un contratto RAI…sarei stato “a posto”…problemi familiari mi impedirono di accettare.

D Chi è oggi Valerio D’Alelio?

R Un “ragazzo” con qualche capello bianco che ama ancora la musica, che suona ancora con molta passione divertendosi e cercando di far divertire. Non mi sento ancora un “sopravvissuto” ma parte integrante di questo meraviglioso mondo.

OMBRETTA FALLANI

D Ombretta Fallani, chitarrista e cantautrice. Per cantare bisogna avere, quasi sempre, un talento naturale, ma scrivere canzoni e poi magari cantarle richiede un qualcosa in più: come hai scoperto questa tua “vocazione” ?

R In realtà è la vocazione che ha scoperto me: dopo aver cominciato a suonare da autodidatta le prime tastiere elettroniche, scoprii che la chitarra era molto più di uno strumento, era una compagna di strada straordinaria di viaggio, poco ingombrante, la prima YAMAHA G- 228 comprata grazie a mio zio che mi disse: “se tu poi non raggiungi la cifra ti aiuto io, e così fu, mancava proprio poco ma ebbi così la “mia bimba” che ancora oggi mi porto appresso per insegnare canto alle mie piccolissime cantanti nella scuola dove insegno. Ma tornando allo scrivere e poi cantare direi che avveniva per me in modo spontaneo, senza troppo pensare, imparati gli accordi base, avevo bisogno di dire delle cose musicando quel che scrivevo e spesso, ancora oggi succede in contemporanea! In fondo le canzoni sono poesie messe in Musica. Serve una inclinazione che nessuno ti può insegnare, una passione, un bisogno di dire delle cose, di non implodere dentro e poi semplicemente devi essere “tu, ed il tuo vero IO” quella “essenza” che non ha niente a che fare col tuo carattere esteriore o ciò che gli altri credono di sapere di te ma quello che tu senti di dover essere sopra ogni cosa seguendo il più puro degli istinti: la creatività’.

D Hai militato in qualche gruppo o ti sei sempre esibita da sola ?

R Io sono una solitaria che alla fine però necessita degli altri come l’aria in realtà, ma soprattutto la condivisione è un momento di grande forza per se stessi perché attinge cioè al mondo della espansione così la risposta è che io cominciai in un coro e di Chiesa, pensa te, ma facevamo Spiritual, e all’epoca non esistevano cori Gospel, ma esisteva la passione di una donna che era la nostra direttrice che ci insegnava la sua esperienza, poi le cose si sono evolute ed io cominciai ad andare in giro e negli anni in cui non esistevano amplificazioni ed i locali erano troppo piccoli per sparare suoni “oltremuro”, facevo le mie serate ed entrai a far parte di un gruppo di Pubbliche Relazioni che pubblicizzava attività musicale dentro i locali; così da li a breve cominciai collaborazioni con vari pianisti di cui non ti faccio neanche il nome, tanto chi mi conosce lo sa bene, partecipai ad un Mac P 100 evento molto noto e storico presso l’Accademia Navale, e via via il Pianobar diventava il mio vero Habitat per me che crescevo ascoltando MC e vinili di Mina, Pravo,Vanoni, Martini etc etc…poi sempre sulla fine anni ’80 primi ’90 ebbi la fortuna di sperimentare il genere FUSION (Jazz morbido diciamo così) diventando per un periodo la voce degli OVER BEAT ( Marco Susini – piano e tappeti, Stefano Conti all’epoca -basso, adesso contrabbasso-, Marco Simoncini- batteria- Michele Cuccuini – Chitarra- Francesco Poli -Tastiere) approfondendo i brani di Al Jarreau, Oleta Adams, lo stesso Pino Daniele avanguardista italiano (così mi piace ricordarlo) Tania Maria e infine la mia preferita Anita Baker. Vabbè due nomi di pianisti te li faccio: Marco Mazzantini, Marco Simoncini, Neno Vinciguerra, Sele, Daniele Riccioni e tanti altri alcuni meno riconoscenti di altri ma pur sempre pezzi della mia storia musicale

a cui posso solo dire Grazie

L’esperienza di Vocalist negli studi di registrazione in cui feci le prime esperienze di musica techno, chillout e altro, ma anche provare la bella sensazione di un’autoproduzione grazie a Fabio Lenzi (oggi Millennium Rec.Studio) è stato fondamentale e divertente perché mi hanno fatto sperimentare la Radio ( io per gusto e genere ai tempi del circuito Cuore ero la voce di Gamma Radio), ma anche il rivisitare pezzi musicali e prepararli per lo Spinning che in quegli stessi anni prendeva una grande volata verso i gusti di sportivi e non…

D Quale il tuo genere musicale? Immagino cantautorato italiano e gli anni 70 in generale…

R Ma noi ci conoscevamo già? Esatto il Cantautorato ma non solo italiano, da chitarrista autodidatta mi sono appassionata a tutto il folk americano e non solo, John Denver, James Taylor, Cat Stevens, Keith Carradine, e gli adorabili Simon & Garfunkel di cui ancora ricordo tutto il Concert in Central Park… la mia è stata sempre una voce nera per timbro, non per scelta e quindi la mia beniamina fu proprio Gloria Gaynor che quando cominciai a portarla cantandola, non ballandola nelle DISCO ma nei pianobar, mi valse per consuetudine il pezzo “I will Survive” come mio cavallo di battaglia tanto che ancora c’è qualcuno che quando la mette in discoteca annuncia “di Fekaris-Fallani….” (che sarei io ahhh) tutto per una battuta fatta da un amico Dj…

D So che ti sei esibita in decine e decine di locali, tra cui uno dei più storici locali della nostra costa…soddisfatta ?

R Bè il Frumpy, il Ciucheba fino al 2003 (anno della chiusura definitiva) e le Spianate, ma tutti i locali della costa Viareggina dalla Capannina, alla Caravella(diventata poi Midho e anche altro in seguito) Faruk e altri che non ricordo neanche più, è passato del tempo….e poi fuori dalla Toscana, nelle Isole, a Sanremo (non al Festival che chissà…) ma in altri locali della splendida città dei fiori…insomma ovunque capitasse poter fare musica!Quindi soddisfatta e grata direi.

D Naturalmente non hai mai “attaccato il microfono al chiodo” ….

R Invece si, l’ho fatto per periodi anche se brevi, per ragioni personali, abbattimento, delusione e sconforto e a volte per paura…poi sono guarita dentro e ho ripreso a fare la cantante, l’insegnante e l’organizzatrice di eventi musicali miei e non solo…

D Musicista, cantautrice ma non solo…so che ti interessi di teatro, poesia, fotografia…

R Si, tu citi la fotografia e questo mi è servito perché io ho sempre avuto il famoso intuito per cogliere l’immagine, non sono una professionista ma me la cavo bene anche grazie ad un diploma conseguito quando ero ancora una ragazzina di tecnica fotografica e laboratorio di sviluppo, ti ricordi le vaschette da cui con le pinze dovevi togliere la foto e appenderla? Dico mi è servita perché guardare il mondo anche da un’altra prospettiva è fondamentale, mi piace lavorare dietro le quinte..E poi il teatro, certo, fu con la Danza classica (che ho studiato per 20 anni) il primo grande amore che mi lanciò all’età di 5 anni su un palco di un teatro locale in una rivisitazione dell’operetta Lodoletta ribattezzata per l’occasione Rosabella…e poi gli spettacoli a Teatro grazie alla Scuola di Danza(ormai scomparsa) di Elizabeth Evans, unica a Livorno riconosciuta dall’Accademia di Roma, bè mi fermo sennò ti riempio lo spazio…

D E se ti dico “Officine del Talento” che mi dici ?

R Eccoci, il dietro le quinte…Officine del Talento è un Concorso, un Festival che sta affrontando la sua seconda edizione proprio in questo mese e che è finalizzato al trovare si dei Talenti, ma soprattutto far riemergere le idee attraverso la Musica e di cui mi hanno incaricato confidando nella mia storia musicale e personale; grazie all’area commerciale di Porta a Mare si sta cercando di creare delle opportunità vere e basate sul merito e non sulle famose conoscenze e io credo molto in questo progetto perché se molti faranno un bagno di umiltà e comprenderanno che Livorno ha bisogno di crescere e di imparare si può davvero ripartire….anzi il Concorso è ampiamente pubblicizzato sulla pagina Fb, sul sito di Officine del Talento e sono stati creati anche degli “INFORMATION POINT” proprio per dare ulteriori informazioni ai partecipanti di ogni età (dai 14 anni in su) e di qualunque genere ma soprattutto è stato aperto a quel cantautorato che è sopito da qualche parte ma so che c’è…quindi spero in molte adesioni anche perché le audizioni partiranno il 6 maggio e continueranno nei giorni del 20 maggio e 3 giugno, poi avremo le semifinali il 12/13 luglio e finalissima con premi particolarmente allettanti il 14 luglio 2019. E’ anche il mio riscatto quello di dare uno spazio e una possibilità che io non ho potuto/voluto avere….

D Questa è una iniziativa straordinaria per la città…a proposito…Livorno è da sempre una città ricchissima di talenti musicali, ma pochi di loro hanno avuto i riconoscimenti che avrebbero meritato; alla luce della tua esperienza e conoscenza , cosa manca per poter pensare di avere anche in città una “scuola livornese” musicale , per poter fare quel salto di qualità che è nelle nostre potenzialità e possibilità ?

R Come dicevo prima si deve riacquistare innanzitutto la curiosità’ e ascoltare anche ciò che non conosciamo e poi ricordarsi che la “scuola livornese musicale”esiste nelle radici di un Pietro Mascagni, nella follia di un Piero Ciampi ma si deve pensare che se c’è chi è considerato bravo perché è famoso, noi dovremmo invece cercare di capire e individuare colui/colei che diventerà famoso perché è bravo…non più talent ma musica vera insomma!

D Ombretta, tutti noi abbiamo un rimpianto, tutti noi non siamo saliti su un treno che si era fermato al momento giusto ma sul quale non siamo saliti…dove andava quel tuo treno ?

R Quel treno andava a Roma nel 1988 (circa) e si chiamava Roberto Davini, lui non rappresentava ma “era” l’RCA la più forte casa discografica di quel tempo, insieme ad un’altra che in quel momento stava acquisendo una ragazza che sembrava bravina, una certa Giorgia, (si proprio lei) e quando mi chiese se avevo brani miei e se suonavo uno strumento io risposi di si, che mi accompagnavo con la chitarra per comporre i miei pezzi, ma l’incapacità di gestire risorse a vent’anni e una situazione familiare e personale difficile mi fece esitare e quando solo nel settembre del 2014 scoprii da internet che Davini era morto ebbi un magone dentro che mi portò a noleggiare un teatro da 300 posti e mettere in scena uno spettacolo che raccontava la mia storia artistica, personale e le mie esperienze che ti ho raccontato parzialmente qui.

D Chi è oggi Ombretta Fallani ?

R Una donna di 50 anni suonati (ma bene…ahhh permettimi la battuta) che sa che nulla capita per caso, che crede che ognuno di noi ha una missione da compiere in questa vita e per il tempo che gli è concesso, quindi più consapevole sicuramente, con addosso ancora tanta passione per l’arte e a tratti melanconica riguardando quella ragazza di vent’anni che su quel treno non ci salì e va bene così perché forse oggi potrei non essere qui a raccontare la mia storia…ciao!

LORENZO VALDAMBRINI

D Lorenzo Valdambrini…chitarrista dalla nascita ovviamente…

R Assolutamente no. Ho iniziato a suonare la chitarra pochi anni fa dopo essere passato dal piano e dalla batteria, ed aver cantato per tanti anni. Quello che faccio dall’inizio della mia esperienza e carriera musicale e’ la surf music in un modo o nell’altro poiche’ sono coinvolto in questo genere da circa la meta’ degli anni 90. Quello che mi ha permesso infatti di farmi strada come chitarrista e’ stata proprio la mia conoscenza del genere e della scena, ovvero a differenza di altri sono andato “dritto al sodo”, sapevo che sonorita’ stavo cercando e che cosa stavo iniziando a suonare. Avere le idee chiare aiuta ad accorciare i tempi talvolta.

D Oggi sei il lead guitarist del gruppo Surfer Joe…grande gruppo, potente…come ci sei “capitato” ?

R Si, al momento sono in realta’ l’unica chitarra della band che porta il mio nome, infatti piu’ che una band e’ a tutti gli effetti un progetto solista. Nonostante io usi il nome “Surfer Joe” dal 1999 circa, la svolta nel suo utilizzo avviene nel 2011, quando sono tornato in Italia (ho abitato 7 anni ai Caraibi) ed ho messo insieme la prima formazione del progetto che tuttora sto portando avanti, “Surfer Joe & His Boss Combo”. Questa formazione, il “Boss Combo” comprendeva mio fratello Luca alla seconda chitarra, Tommaso Bandecchi al Basso e Francesco Tonarini alla batteria. A seguito di questa prima formazione, la band e’ un trio, “Surfer Joe & Band”, da gennaio 2014 e diversi musicisti si sono alternati a suonare con me: Gianni Apicella, Diego Persi Paoli, Gianni Niccolai, Alessandro Quaglierini, Pieter Dedoncker. Oltre a questi musicisti lavoro con alcune persone quando sono in tour in USA, Giappone e Latin America: Jonpaul Balak (California), Christopher Roberts (California), Vincent Minervino (New Jersey).

D Prima del Surfer Joe in quali gruppi hai militato ?

R Diverse band come tutti, ma non molte in realta’. Ho iniziato da giovane con il piano ed ho fatto alcuni anni di pianobar. Proprio cosi! E non lo rimpiango affatto. Sono i primi soldi che mi sono guadagnato ed e’ stata una esperienza importantissima, specie se fatta da giovane (16-17 anni), perche’ per la prima volta ti trovi a dover parlare con persone che non conosci, avere un rapporto di lavoro, chiedere soldi e incassarli, caricare, scaricare, prendersi la responsabilita’ di portare a termine una serata e, ultimo ma non meno importante, affrontare il pubblico, tanto o poco che sia. Poi con i Just Married a meta’ anni 90 mi sono avvicinato alla beach music, una passione che ho iniziato a condividere con altri membri della band, e con i Pipelines dal 1997 questa cosa e’ esplosa completamente e questa e’ stata una mia band per 10 anni. I Pipelines (insieme a Luca mio fratello, Federico Bellini, Alessandro Quaglierini e Francesco Zerbino come formazione base, ma talvolta con il supporto di altri musicisti come Denis Chimenti e Marco Fontana) hanno fatto oltre 1000 concerti un po’ ovunque in Italia e Europa portando in giro una scaletta di beach e surf music, con una maggioranza di brani cantati in realta’ ed un particolare riferimento ai Beach Boys ed al sound californiano di inizio anni 60). Nel 2001 ho avuto il piacere di cantare Barbara Ann con i Beach Boys a Biarritz in Francia, esperienza indimenticabile. Nella seconda meta’ degli anni 90 ho cominciato anche ad appassionarmi al surf strumentale ed ho iniziato suonando la batteria, cosa che mi ha portato a formare una surf band chiamata Speedsurfers circa nel 2003. Ma nel 2004 mi sono trasferito ai Caraibi per alcuni anni per cui ho chiuso questo progetto pur mantenendo aperto quello dei Pipelines con i quali ci siamo riuniti in estate negli anni a seguire. Mentre ero via ho suonato con due formazioni in trio: gli Hot-Doggers, una party rock n roll band con la quale ho lavorato professionalmente per circa 5 anni suonando in locali e casino a suon di 4-5 date settimanali continuative, e contemporaneamente formando gli Wadadli Riders, unica e sola surf band mai nata ai Caraibi, insieme a Nicoletta Solinas al basso. Gli Wadadli Riders hanno girato molto in Europa e California, producendo nel 2009 anche un disco dal titolo “Made in Antigua”, stampato su vinile ed arrivato oggi alla terza stampa su CD. Continuo tuttora a suonare molti brani degli Wadadli Riders. Detto questo dal 2011 mi dedico solo al progetto Surfer Joe pur suonando alla batteria sporadicamente con surf band in tour, specialmente dagli USA, ed ho avuto il piacere di lavorare con diverse “leggende” del genere.

D Il vostro è un sound aggressivo, quasi metal, ma è sul palco, dal vivo, che date il meglio di voi, che lasciate il segno…senza dimenticarsi dell’esperienza surf…il tuo primo grande amore…

R Beh, io suono surf music. Forse quando ti riferisci ad un approccio piu’ “metal” parli della formazione del Boss Combo con la quale effettivamente l’impatto era piu’ duro e meno tradizionale per il genere. Definire inoltre cosa sia la musica surf e’ difficile se non impossibile, ed e’ una discussione sempre aperta in tutta la comunita’ mondiale. Ma credo che per capire cosa sia la surf music sia necessario solamente comprare tanti dischi del cosiddetto genere ed ascoltarli. La musica surf e’ strumentale, ma non tutto quello che e’ strumentale e’ musica surf. Gli approcci sono molteplici e spesso diversi da quello che e’ considerato tradizionale, ovvero quello che si ascolta nei dischi degli anni 60. Anche questo genere ha subito una evoluzione.

Sicuramente hai ragione quando dici che il meglio si dà sul palco. Questo e’ un genere che e’ molto legato agli strumenti utilizzati, l’acustica ha un’importanza fondamentale e certe vibrazioni fanno parte del volume e della carica che si ha solamente in un concerto dal vivo. Nonostante questo, registrare musica nuova e’ importantissimo proprio per tenere in vita il genere stesso. Si cerca in ogni modo di replicare il suono che c’e’ sul palco e questo non e’ spesso un lavoro facile.

D Avete fatto tour in Italia, Francia, Spagna, Belgio, Paesi Bassi e perfino in California…una bella soddisfazione…raccontaci

R … e Svizzera, Lussemburgo, Germania, Austria, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca, Giappone, Messico, Brasile e, oltre alla California, gran parte degli Stati Uniti in realta’. La lista e’ lunga e sono costantemente in tour in questi paesi con regolarita’ quasi annuale. In particolare negli USA sto facendo dai 2 ai 4 tour all’anno. Serve molta continuita’ e capire come ogni paese funziona a livello lavorativo, quali sono i limiti e le possibilita’ in modo da “calibrare” le richieste e le relative aspettative. L’esperienza di tour e’ necessaria per capire a pieno come le persone si approcciano alla musica in maniera diversa, ovviamente in un mercato piccolissimo quale quello che la surf music rappresenta a livello mondiale. A seconda di dove si va, bisogna aggiustare il tiro e cambiare un po’ lo spettacolo per cercare di ottenere il massimo da ogni singola serata.

D Progetti futuri, qualche disco, ancora tour, dove possiamo ascoltarvi a breve ?

R A Settembre uscira’ per Hi-Tide Recordings (New Jersey) un nuovo singolo in occasione di un mio tour nel Mid-East USA e subito dopo iniziero’ la registrazione di un nuovo album. Nel 2020 e’ prevista inoltre l’uscita di un “best” di Surfer Joe su CD in Giappone per la Disk Union / Sazanami, esclusiva per il mercato giapponese appunto.

Il mio calendario e’ sempre aggiornato al sito www.surfmusic.net e sono presente su tutti i canali online sia per acquisti digitali che streaming.

D Lorenzo quali sono i tuoi punti di riferimento, i musicisti che hai sempre ammirato ?

R Sicuramente la mia surf band preferita di tutti i tempi sono gli Astronauts dal Colorado, una band che ebbe grandissimo successo mondiale in quanto uno dei fiori all’occhiello della RCA tra il 1963 ed il 1967 circa. Oltre a loro, un punto di riferimento rimane sempre Dick Dale per un altro tipo di sound, e di Dick apprezzo quasi ogni cosa fatta, soprattutto nell’approccio che ha sempre avuto verso la musica. Diciamo che per quello che riguarda me ho “rubato” ispirazioni qua e la, cercando di prendere il meglio delle cose che mi piacevano e riadattandole al mio modo di comporre che quindi risulta essere un misto di vari elementi e sonorita’.

D Impossibile, parlando con te, non parlare del locale…il Surfer Joe, punto di riferimento cittadino nell’ambito musicale: decine e decine di gruppi sono passati dal locale, festival, mostre, esposizioni, un binomio inscindibile…

R Sono orgoglioso di questo e del lavoro fatto, ma il grande merito va a mio fratello Luca che ne e’ l’amministratore (sia a Livorno che a Lucca) e a Francesco Tonarini che e’ nostro socio e food manager. Loro tengono in piedi la baracca nel migliore dei modi facendola lavorare in maniera perfetta in mezzo alle mille difficolta’ che ogni attivita’ commerciale come la nostra ha. Io ho solo dato il “la”, ho contribuito alle idee e allo spirito del posto, alla fine e’ l’unico locale al mondo dedicato alla surf music. Le cose che ho solo iniziato io, anche per quanto concerne la comunicazione, sono state portate avanti dai ragazzi che ora lavorano li molto piu’ di me, e rammento Matteo e Diego Caldari, musicisti ben noti a Livorno e due motori instancabili per tutte le faccende logistiche e promozionali legate alla musica. Persone come Michela, Graziella, Nico, Kikko, Gabriele, Cristina, Gigi, Simone, Lorenzo, Angelo, Jenny sono con noi da diversi anni e nel bene o nel male e’ un team consolidato. Siamo tutti coinvolti nella musica attivamente 🙂 Francesco suona ed ha suonato in diverse formazioni cittadine, mentre Luca e’ attivissimo nel circuito reggae con il suo progetto principale Hookah & The Trenchtown Train da anni ormai.

D Sei un profondo conoscitore della realtà musicale cittadina, sei a contatto con centinaia di musicisti labronici e non: cosa ne pensi, si potrebbe fare di più ?

R No, non mi reputo un conoscitore profondo della musica a Livorno purtroppo. Proponendo lo spettacolo che faccio, trattandosi di surf music e di musica originale sconosciuta ai piu’, non mi e’ mai stato facile lavorare in citta’ e non avrebbe neanche troppo senso per me cercare di farlo. Non sono mai invitato ad eventi musicali cittadini ed e’ giusto che sia cosi’ alla fine. Gli artisti piu’ legati al territorio ed alla scena locale devono avere piu’ credito di me che sono sempre fuori e che alla fine a Livorno passo poco tempo. Ma sicuramente conosco tante persone e bravissimi musicisti che stimo molto. Credo che Livorno sia una terra fertile di musicisti da sempre e che la qualita’ sia alta. Non ho la pretesa di sapere cosa si potrebbe fare di piu’, ma posso certamente dire che un po’ ovunque stiamo vivendo un momento di disinteresse verso la musica dal vivo, specialmente da parte delle nuove generazioni, ed e’ molto difficile sapere quale possa essere la ricetta per riavvicinare i ragazzi alla musica. C’e’ molta superficialita’ e la gente ha poca voglia di “ricercare”, di ascoltare, limitandosi a quello che viene proposto sui canali online. Ci sono tantissimi “esperti” e critici musicali al giorno d’oggi, che hanno visto migliaia di video su YouTube o Facebook, ma che non hanno mai scaricato ampli e casse da un furgone dopo aver guidato per 15 ore… e si pensa che fare musica ed essere un musicista sia quello che si vede su internet… ma non e’ cosi’.

D Tutti noi abbiamo un rimpianto, tutti noi non siamo saliti su quel treno che non è più passato…dove andava il tuo treno ?

R Certo, tutti ne abbiamo. Per quello che riguarda me come musicista in realta’ non avrei potuto fare piu’ di quello che ho fatto. Ho suonato in molti piu’ posti di quelli che avrei mai potuto immaginare, ma solo 3 anni fa ho rinunciato a spostare di 15 giorni un tour in California, cosa che mi avrebbe permesso di condividere il palco con Dick Dale per la notte di capodanno al Whisky A Go-Go di Hollywood. Avevo avuto la proposta, ma il tour era gia’ chiuso ed anticiparlo avrebbe comportato diversi problemi logistici oltre a dover provare a muovere parecchie date gia’ fissate. Con il senno di poi non avrei mai dovuto rinunciare a quella possibilita’ che sicuramente non potra’ mai piu’ capitarmi nella vita, anche perche’ Dick Dale e’ scomparso recentemente. Sarebbe stato un concerto epico per me ed una pietra miliare nella mia carriera, oltre che un’esperienza indimenticabile. Concerto di capodanno con Dick Dale nel locale piu’ famoso del mondo: credo che se ho un rimpianto sia questo 🙂

D Chi è oggi Lorenzo Valdambrini ?

R Sono sposato con una ragazza tedesca, Anne, ed ho due bambini pazzeschi, Frida e Carl. Ho un nipote altrettanto pazzesco, Niccolo’, ed un secondo in arrivo. Faccio un sacco di cose e non ho mai tempo. Mi occupo di musica, seguo alcune cose per i locali gestiti da mio fratello Luca e Francesco, ho una azienda in Svezia che produce effetti per chitarra e sono sempre in giro. Per esperienza in eventi passati evito di chiedermi cosa faro’ fra qualche anno perche’ le cose cambiano continuamente, per cui, per quanto possibile, vivo alla giornata. Sono stressato come tutti noi nel 2019 🙂 e vorrei avere piu’ soldi… ma alla fine se li avessi finirei per spenderli in amplificatori e dischi… per cui e’ meglio cosi’!

VANNI DRAGHETTI

D Vanni Draghetti, chitarrista e bassista…quale il preferito ?

R Chitarra senza dubbio. Ho imbracciato il basso per caso, o meglio per necessità. Nel mio primo gruppo, i LEM suonavo la chitarra; eravamo un bel gruppo, suonavamo in un fondo in Venezia messoci a disposizione dai Frati Domenicani…in cambio suonavamo la messa beat la domenica. Poi entrai a far parte del Sistema Alfa dove alla chitarra c’era Maurizio Lunardi, gran bel chitarrista…la scelta del basso fu una tappa obbligata. Ma il mio strumento rimane la chitarra.

D Tutto ebbe comunque inizio nel 1972 quando iniziasti a seguire Veronique Chalot, una ragazza nata a Le Havre, in Francia, innamorata della musica tradizionale celtica e angloirlandese.

R Si, la conobbi tramite un compagno di scuola che divenne suo marito, Marco Fastame, anche lui musicista. Organizzammo uno spettacolo di musica celtica e da lì partì tutto. Ci invitarono a suonare al famoso (di allora) Folk Studio del mitico Cesaroni, dove si mise a cantare. Piacque molto al patron Cesaroni il quale ci organizzò ben 15 date, con la promessa di ritrovarci l’anno seguente per incidere un disco. Fu di parola e il disco vide la luce. Era un mondo magico, irripetibile. Durante le serate al Folk Studio notammo ad ascoltarci Riccardo Cocciante, Francesco De Gregori, Mario Schiano e molti altri.

D Hai seguito Veronique in ogni parte, sia in Italia che all’estero…che ricordi hai ?

R Solo in Italia, all’estero non iniziai la tournee per divergenze con altri musicisti. In Italia un po’ ovunque e ricordo con particolare nostalgia i concerti di Lucca, Siena e Bologna e soprattutto il Taco Paco di via Paoli dove suonammo insieme a Marasco e la grande Giovanna Marini, la “grande vecchia” del folk italiano e della canzone di protesta.

D Ritorniamo al vostro LP: oggi è un disco dal notevole valore non solo artistico ma anche economico. E’ in tuo possesso vero ?

R Certo che si, ci mancherebbe ! Fu registrato a Roma, come ti dicevo al Folk Studio: fu preso il meglio tra 4/5 serate, con registrazioni ovviamente tutte dal vivo. Pensa che questo lavoro è entrato nel Museo della Musica e così Stefano Lunardi, altro membro del gruppo, ha ottenuto alti punteggi per questo.

D Sei rimasto in contatto con Veronique ?

R Certo. Lei è tornata in Francia, oggi abita vicino Tolosa. Ci sentiamo spesso e ultimamente mi ha quasi assicurato la sua presenza al Firenze Festival di musica celtica…incrociamo le dita.

D E dopo Veronique che hai fatto ?

R Come ti dicevo entrai a far parte del Sistema Alfa, poi in vari gruppi fino a formare con il bassista Franco Vellery il Vanni Fusion Group, dove suoniamo naturalmente musica fusion con musiche nostre. Il tutto patrocinato da Music City. E pi spesso e volentieri accompagno nei locali cittadini e non solo la cantante Carmen, molto conisciuta in città.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i musicisti che ammiri di più ?

R Sono nato e morirò con i Beatles nel cuore ma anche Eric Clapton fa parte della mia vita musicale. Devo dire che ammiro molto anche Alan Stivell, arpista francese di celtic fusion.

D Progetti futuri ?

R Al momento insieme al Trio Treu suoniamo del blues, soprattutto rock/blues anni 60/70. Stiamo organizzando per i cinquant’anni dell’etichetta musicale Motown uno spettacolo con lo scrittore Paolo Tirincanti uno spettacolo a Lucca in uno scenario favoloso: una fattoria immersa nella campagna toscana. Suoneremo Beatles, Rolling Stones, Cream, Janis Joplin e molti altri.

D Vanni, come tutti noi avrai sicuramente un rimpianto, una occasione non sfruttata…

R Proprio così…come tutti. Nel mio caso intervenne il destino sotto forma di una splendida ragazza che divenne mia moglie. Ero A Roma, non ancora sposato…ed ero impiegato come turnista per la Fonit Cetra, la potente casa discografica di allora; mi fu proposto di rimanere appunto come turnista, di intraprendere la professione…ma erano altri tempi…Roma era lontana, mica come oggi e l’amore fu più forte di tutto…tornai a Livorno.

D Hai conosciuto la scena musicale livornese di allora e sei perfettamente al corrente della odierna…differenze ?

R “Ai nostri tempi” c’era naturalmente meno tecnica ma molta più passione, più entusiasmo….oggi c’è più studio, più preparazione ma molto meno cuore.

D Chi è oggi Vanni Draghetti ?

R E’ un quasi pensionato, innamorato del suo lavoro di commercialista che però non può abbandonare mai la musica. Amo la musica e i suoi strumenti tanto da essere un collezionista di chitarre e bassi. E poi, tanto per rimanere con tutti e due i piedi nell’ambiente musicale, ho iniziato una nuova avventura, con altri soci, rilevando l’attività Music City del “vecchio” Tony di Via Maggi. Siamo un gruppo di amici che abbiamo deciso di portare avanti una istituzione in città impedendo la sua chiusura.

MANUEL GRILLO

D Manuel Grillo, chitarrista da sempre suppongo…

R Salve, la mia storia in realtà è un po diversa da quanto sembra. In realtà la passione della musica e della chitarra in particolare è nata intorno ai 13 anni quando con la spinta di un mio amico a frequentare il gruppo di parrocchia dove lui era partecipe e con la spinta di mio padre attraverso l’acquisto di una chitarra classica mi tuffai in questo mondo.

Presto mi resi conto che era più di una passione e che era proprio quel tassello che mi era sempre mancato dato che fin dalla nascita sentivo di essere diverso dagli altri, tanto che da piccolo preferivo stare a conversare con gli adulti piuttosto che giocare con i ragazzi della mia età (si parla che avevo 10 anni)

Un po per le amicizie che non mi piacevano un po perchè non avevo trovato ragazzi che condividevano questa passione la musica è sempre stato un rifugio per me, tanto e vero che dedicavo interi estati vicino ad essa cercando di imitare i miei idoli e capire ed apprendere tutte le loro tecniche senza esserci un vero studio teorico dietro.

Questo fino a che non ho incontrato dei ragazzi argentini che avevano un gruppo dove mi hanno preso sotto la loro ala e li seguivo nei concerti e così presi ancora più coscienza dell’importanza della musica nella mia vita.

Ma la vera svolta c è stata quando ho avuto occasione di suonare con un ragazzo e fare serate di piano bar esibendomi sia nei fraseggi blues che rock sia nei miei pezzi ; qui ho preso coscienza che la mia felicità era questa vita.

Quindi ricollegandomi alla domanda, non suono da sempre ma è stato un passaggio quasi automatico,per certi versi guidato, da non so cosa, aspirazione o piacere in quello che fai, non lo so.

D Nel tuo “curriculum” fa bella mostra la tua partecipazione agli studi presso l’ Istituto Musical P. Mascagni, chitarra acustica o che altro ?

R Io ho studiato 3 anni al Mascagni come chitarrista jazz in quanto è proprio questo il genere principe dell’armonia e della teoria musicale, anche se il mio modo di suonare è molto più vicino al classico.

Personalmente suono chitarra elettrica ma anche adoro la chitarra acustica, infatti adoro fare con essa i percussionati mentre suono come fa Tommy Emmanuel e adoro ancora di più suonare la chitarra classica.

Un buon musicista deve avere la conoscenza di tutti i generi, poi si specializza nei suoi prediletti o semplicemente quelli che lo rispecchiano di più.

Per esempio ammiro Stevie RAY Vaughan ma al moneto sto studiando più Petrucci perché come personalità mi rispecchia di più ma mi piace molto la musica bossa.

D Nel 2010 entri a far parte degli Rats on the Road, gruppo dalle sonorità prettamente heavy metal…sound lontano anni luce dagli studi classici…

R Nella fattispecie mi sono unito ai Rats on the road solo con l’ idea di provare un qualche cosa di nuovo ed avere per la prima volta una vera e proprio esperienza con un gruppo musicale.

Questa proposta mi arrivò molti anni fa, ero sempre alle prime armi e con loro devo dire che ho iniziato a farmi le prime ossa e ho iniziato a esprimere il concetto della mia musica; da precisare che questo è stato un processo non immediato dato che si trattava di una band che richiedeva inizialmente un rimpiazzo ma dopo aver rotto il ghiaccio e aver trovata una serenità e un equilibrio e aver stabilito i vari ruoli all’interno della band, ho potuto iniziare a tirar fuori la mia impronta.

D “Rats Underground” è il vostro demo uscito nel 2013, con brani potentissimi come “Challenge to death” o Just ice”, soddisfatti del risultato ? E poi sono seguiti nuovi lavori ?

R Il demo devo dire che non è stato una nostra creazione ma la loro, io ho semplicemente aggiunto la mia impronta e devo dire che come primo lavoro non era male, anche se era lontana dalla mia idea di musica.

I pezzi che susseguirono furono invece creazioni del gruppo fatte da me in collaborazioni con loro e devo dire che iniziavo a trovare davvero soddisfazione anche perché si avvicinavano più alla mia idea di musica , peccato che non videro mai la luce dato che ci fu un cambio di cantante e subentrò un ragazzo che parafando la frase “essere la prima donna” descriveva il suo essere trascinando il gruppo in una luce mai vista portando a uno scioglimento.

D Rats on the road tradotto letteralmente è Ratti sulla strada…da dove nasce questa idea ?

R Come ho specificato prima essendo inizialmente un rimpiazzo non so benissimo l ‘origine del nome.

D Progetti futuri ?

R Dal punto di vista musicale non ho molti progetti futuri, provenendo da due stagioni di piano bar mi piacerebbe rimettere su un progetto simile ancor più complesso del precedente, dando più spazio alla musica. Col precedente progetto ho già avuto modo di spaziare nei vari generi e mi ha dato modo di conoscere e apprendere varie sonorità che da prima erano sconosciute e mi ha dato modo di imparare più il manico della chitarra delineando ancor meglio note e passaggi veloci e tecnici.

Al momento ho aperto un canale su you tube ( https://www.youtube.com/channel/UCDaOTvcd5iyTz3VlzpGSTIg?view_as=subscriber) dove cerco di toccare tutti i vari generi e cercando di promuovere la mia musica in attesa che magari abbi uno sprazzo di fortuna; effettivamente questo ha portato a una convocazione ai provini di TU SI QUE VALES dove ho eseguito nello specifico il brano “The best of times”.

Inoltre cerco di arricchire il mio canale di qualche mia creazione o di mia rivisitazione di brani famosi cercando di trasmettere agli altri il mio modo di suonare.

D Manuel quali sono i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando ?

R Come punti di riferimento iniziali ho avuto da sempre i big della chitarra quali Jhon Petrucci, Pul Gibert, Steve Vai, Satriani, Steve Ray Vaughan… ma crescendo ho imparato ad apprezzare anche generi come il pop e i punk, generi lontano da me ma anche da lì puoi apprendere uno spunto musicale sviluppando un tuo fraseggio, tutto tuo, e soprattutto apprendendo sempre di più la coscienza di cosa è la musica e scoprire che la vera musica non è incentrata in un assolo di chitarra ma è l’intero contorno che c’è attorno ad esso, prendendo coscienza che una semplice rullata o un semplice stacco di batteria può rivoluzionare un pezzo o persino un semplice giro di basso. Prendi coscienza del potenziale della musica ed entri in un mondo dove non è necessario il tuo strumento, la chitarra, ma entri in una dimensione dove percepisci la musica come sonorità apprezzando le sonorità arabe, per esempio e delineando ancor di più il tuo stile di suonare e di comporre.

D Te vivi a Cecina ma suppongo tu conosca anche la realtà livornese, come vedi il panorama musicale della provincia labronica in generale ?

R Precisando che avuto modo di fare piano bar e ho avuto modo di incontrare numerose persone e essere esposto alle varie sfaccettature delle persone stesse, ho imparato che la musica, la bella musica in Italia e nello specifico in queste zone, non viene apprezzata e non parlo della musica solistica ma parlo di artisti del calibro di Sting.

Detto ciò a questo si aggiunge anche un vero e proprio sbarramento da parte del comune di incentivare e favorire l integrazione di serate e inserimento di gruppi di zona.

Iniziative legati ad esse non ce ne sono, ovvero ce ne sono ma non sono né cosi concrete ne così durature creando una vera e propria falla nella cultura musicale. La realtà livornese e nello specifico cecinese è ben lontana da favorire uno scambio culturale, basti pensare che per trovare un locale dove far fare jam bisogna oltrepassare Pisa, quindi al comune non si chiede molto, ma si chiede di attuare una realtà dove già nel resto del mondo è normalità casta e pura.

D Un rimorso, un rimpianto per una occasione perduta che ancora oggi non ti fa dormire ?

R Non credo di aver rimorsi perché in quello che ho fatto ci ho sempre messo l’anima e la passione, sia che sia andata bene che male; l ‘unico rimorso che ho è di non aver trovato ancora una persona che abbia voglia di investire nella musica e che apprezzi davvero il valore di essa.

D Chi è oggi Manuel Grillo ?

R Chi sono io? Sono semplicemente una persona che si è impegnata a realizzare un sogno e che sta ancora oggi investendo tempo e fatica, che ci crede in questo sogno anche sapendo che la realtà odierna sbarra solo le porte, abbattendoti e non facendoti crescere né in un percorso spirituale, che in un percorso di accrescimento interiore perché musica vuol dire mettere a nudo il tuo vero io. In sintesi sono un ragazzo che cerca di investire tempo e passione in un sogno che non si realizzerà mai sia per mezzi che per conoscenze, troppo poche.

Detto questo io non mollerò dato che specie in questi ultimi anni ho dimostrato a me stesso di poter realizzare cose che per me erano impensabili e questo mi da la fiducia di guardare all’orizzonte aver la fiducia di scrutare quel treno che passa una volta sola che ti porta verso un viaggio mistico, dove tutto è possibile e soprattutto i tuoi sogni e le tue aspirazioni sono diventati realtà.

GRAZIANO CEMMINI

D Graziano come è nato il tuo amore per la chitarra ?

R Diciamo che è un amore nato soprattutto per il bisogno di esprimere me stesso e ho trovato che la chitarra fosse il mezzo giusto…quasi un bisogno terapeutico.

Dare forma ad un suono che esprime ciò che pensi, soprattutto per un quattordicenne fulminato dal rock, con quel suo suono potente e maestoso, è un qualcosa che ti appaga.

D Hai fatto studi classici ?

R Sinceramente ho iniziato ad amare la musica metal coinvolgendo altri ragazzi in gruppetti vari, poi è stata la volta del folk per poi iniziare il Conservatorio con la chitarra classica. Oggi ho abbandonato definitivamente la musica rock, non la suono né la ascolto, optando solo ed esclusivamente per la musica classica o elettronica.

D Di solito chi frequenta il Conservatorio non suona solo uno strumento…

R Infatti ho iniziato suonandom il flauto traverso ma la chitarra è il mio strumento, senza dubbio alcuno.

D Quali sono state le tue fonti di ispirazione ?

R Su tutti John Petrucci dei Dream Theatre un gruppo musicale progressive metal statunitende fondato a Boston nel 1985appunto da John Petrucciani con John Myung e Mike Portnoy, poi David Mustaine, fondatore del gruppo thrash metal Megadeth e dal 1981 al 1983 chitarrista solista dei Metallica prima di essere allontanato dal gruppo e Randall William Rhoads chitarrista di Ozzy Osborne morto tragicamente.

D Oggi c’è qualcuno che attira la tua attenzione ?

R Manuel Bongiorni, conosciuto anche con lo pseudonimo di Musica Per Bambini, un cantautore italiano. La sua musica mescola musica elettronica, metal, musica medievale, filastrocche che mi colpisce molto.

D Quando riesci a dare il meglio di te con la chitarra a tracolla ?

R Vedi, io intendo la musica e la canzone come un valore da condividere con gli amici, musica come contesto sociale; per questo amo esibirmi come musicista di strada e soprattutto in Venezia lo faccio spesso e volentieri: storie raccontate, storie di vita musicate e cantate.

D Rock e Classica…un duello infinito…

R Sono di parte, lo so, ma è un duello che vince sempre la Classica. Il rock sta a McDonald, la Classica al Gambero Rosso! Per fare una canzonetta bastano due minuti, per comporre musica classica ci vuole conoscenza, consapevolezza, non può essere uno svago.

D Non sono molto d’accordo…spesso dietro una canzone c’è tutto un background di tutto rilievo, premio Nobel Dylan insegna…

R E’ un altro valore, più profondo…

D C’ è stato un treno che è partito senza di te e ancora oggi te ne penti ?

R No, nessun treno e nessun rimorso: ho sempre fatto quello che mi passava per la testa.

D Ritornando alla musica classica, la tua musica odierna…che ascolti ?

R Soprattutto Back e Handel ma anche Heitor Villa-Lobos che è stato un compositore brasiliano del neoclassicismo musicale, autore al quale “vado dietro” con la chitarra mentre lo ascolto.

D La scena livornese e la musica classica…rapporto non facile…

R Vero, verissimo. E’ una musica non molto sentita soprattutto tra i giovani, valorizzata solo in ambito accademico…quasi una setta! Io penso che alla base di tutto ci sia la poca conoscenza.

D Cosa manca per “pubblicizzare” questo genere musicale, per farlo uscire da certi schemi ?

R Sicuramente qualche iniziativa…per esempio mi sono chiesto come sia possibile che nella città che ha dato i natali a Pietro Mascagni non ci sia in estate una “settimana mascagnana”, magari alla Terrazza Mascagni…se non qui, dove ?

D Chi è oggi Graziano Cemmini ?

R Un venditore di Contratti per l’Energia Elettrica, che spera in un futuro migliore.

Ho sempre affrontato tutto come una parentesi della vita, come una persona in transito…domani chissà.

IRIDE VOLPI

D Iride Volpi, chitarrista…come nasce questo amore per la chitarra?

R Ho deciso di voler imparare a suonare la chitarra verso i 16 anni. Assistendo alle prove di un gruppo heavy metal di miei amici dell’epoca mi sono detta: che ganzi, voglio fare anche io come loro!

Però questo istinto credo venga più da lontano, infatti mio babbo suonava la chitarra per farmi addormentare da piccola, chissà che non abbia avuto un effetto… È stato poi mio zio, musicista, che mi ha permesso di iniziare a suonare la chitarra elettrica facendomi il regalo più bello che ci sia, una sua Eko degli anni 80 per un mio compleanno.

D Sei la chitarra solista dei Lupe Velez, ottimo gruppo che ho avuto il piacere di ascoltare e vedere dal vivo ultimamente all’ex Cinema Aurora…e devo fare i complimenti a te e a tutta la band…soddisfatta?

R Faccio parte dei Lupe Velez dall’agosto del 2016 e sono entrata in contatto con loro tramite punti di contatto con il gruppo Dome la Muerte and the Diggers in cui suono dal 2013. Infatti, mi hanno introdotto alla band, Dome la Muerte, che ha collaborato con i Lupe Velez, e il batterista dei Diggers e dei Lupe Velez (Gianfra).

Sono molto soddisfatta da questo progetto perché mi sento molto rappresentata dallo stile compositivo di Stefano Ilari e dalle sonorità della band.

Io è l’altro chitarrista (Alex Gefferson) cerchiamo sempre di intrecciare al meglio le due chitarre sia nelle ritmiche che nelle parti soliste e cercando di esprimere le caratteristiche di ognuno.

D Il mondo del rock, inutile negarlo, ha sempre avuto una impronta prettamente maschile ma non sono rari esempi di fulgida bellezza da parte delle rock women…Janis Joplin, Grace Slick, Joni Mitchell, Patti Smith e moltissime altre hanno aperto una strada a tutte quelle donne innamorate della musica più bella di sempre…

R Credo che anche ora si possano percepire dei pregiudizi maschilisti nell’ambiente del rock. Ad esempio, non so perché è credenza comune che una ragazza in una band faccia la cantante… oppure, sempre da esperienza personale, si crede di fare un bel complimento dicendo “brava, suoni come un uomo!”.

Come giustamente hai detto, non c’è bisogno di ricordare che molte leggende della musica rock e non solo sono state donne, a me piacerebbe che si valorizzassero le particolarità di ognuno prescindendo dal sesso.

Non mi ha nemmeno mai più di tanto convinto l’idea di suonare in una band volutamente “di sole donne”, cioè se capita (per amicizia etc.) ben venga, ma per me non è un criterio per formare una band.

D Ho sempre avuto un debole per le “donne in rock”…trovo che all’interno di un gruppo portino quella dolcezza rabbiosa che dà un qualcosa in più…come sono i tuoi rapporti con i colleghi musicisti?

R Sicuramente i gruppi misti portano più varietà, in termini di stile, di approcci e di carattere e questa varietà si può riflettere nella musica che compongono.

Ho sempre avuto esperienze positive con i colleghi di band, sia uomini che donne. Il fatto di condividere una passione così forte mi ha permesso di fare nuove amicizie e in alcuni casi di creare legami speciali di affetto e di amore.

D Iride quali sono i tuoi mostri sacri, i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando?

R I miei pilastri sono da un punto di vista chitarristico Jimi Hendrix, come band i Rolling Stones e i Pearl Jam.

Poi ci sono band e musicisti che ascolto “a periodi” ossessivamente, poi cambio, ci ritorno sopra e così via… es. Bob Marley, Ben Harper, Smiths, Blur, Buzzcocks, The Clash, Velvet Underground etc.

D Il vostro sound può definirsi garage rock anche se, parlando con Stefano, ho manifestato il mio “sentire” anche influenze prog…che ne dici?

R Nei Lupe Velez confluiscono vari generi che si rispecchiano nei pezzi di Weird Tales (Area Pirata – 2018), da garage-rock, a sonorità più melodiche, al rock’n’roll, al punk.

Influenze prog non ne ho percepite… o perlomeno, se qualcuno ce le sente, sappia che non è stato premeditato!

D Progetti futuri? Dischi in arrivo, prossimi concerti?

R Per quanto riguarda i Lupe Velez, stiamo lavorando alla composizione di nuovi pezzi e il nostro prossimo concerto sarà a La Taverna della Musica a Ponte Buggianese (PT) il 19 Aprile.

Con i Dome la Muerte and the Diggers stiamo lavorando al progetto di un nuovo 45 giri e il prossimo concerto sarà a Livorno in Piazza Mazzini il 25 Maggio.

Un’altra bella esperienza che sto vivendo da qualche mese è suonare nei Not Moving LTD con Lilith, Tony e Dome la Muerte e potete trovare le prossime date sulla pagina facebook.

D La scena musicale livornese è sempre stata sui generis…centinaia e centinaia di musicisti ma pochi hanno “varcato la soglia” cittadina…rimanendo nell’ambito femminile, conosco molte musiciste che militano in alcune band indigene…che opinione di sei fatta al riguardo?

R Non conosco a fondo la scena musicale livornese, perché la frequento da pochi anni, non vivendo a Livorno. In ogni caso credo che sia difficile per ogni gruppo uscire dal proprio ambito cittadino e dalla cerchia di conoscenze soprattutto quando nel gruppo non c’è qualcuno che possa a tempo pieno dedicarsi a stringere contatti oppure quando non c’è un’agenzia che supporta il gruppo nel trovare le date.

D Iride, un rimpianto, una occasione perduta, un treno sul quale non sei salita e ancora oggi “ti mangi le mani”?

R Credo che i rimpianti si possano avere se non riusciamo a valorizzare quello che ci succede intorno, il resto non credo che lo possiamo controllare.

Ad esempio, a volte ho pensato…magari se fossi nata in una grande città in California (per dirne una…) avrei avuto più possibilità di realizzare le mie passioni, ma quello non l’ho potuto decidere! Quindi quello che è in nostro potere è essere sempre vigili per cogliere le occasioni e avere tanta determinazione.

D Chi è oggi Iride Volpi?

R Ho studiato agraria e al momento sto lavorando nel mondo della ricerca. Il futuro può essere incerto, ma quello che vorrei sicuramente continuare a fare è suonare, perché sul palco mi sento felice.

MATTIA SALVADORI

D Mattia Salvadori, batterista fin dalla tenera età immagino, per la gioia incontenibile dei tuoi vicini…

R Ciao a tutti e grazie mille per questa intervista!

Tenera età ma non troppo, ho iniziato a suonare “seriamente” all’età di 14 anni prendendo le prime lezioni.

Non avendo neanche la batteria i primi tempi mi cimentavo a suonare ovunque, la sedia diventava un bellissimo rullante, la scrivania il piatto, uno sgabello un tom.

Dopo varie discussioni e tensioni familiari riuscii a farmi regalare la prima batteria e allestendo la mia personale sala prove nel garage di mia nonna.

Il vicinato era talmente felici di questi miei assoli di batteria giornalieri che spesso mi lanciavano anche pigne ad altri vari oggetti contundenti!

D Nel 2008 dai vita, insieme a Dario Sardi e Giulio Panieri, al gruppo Shed Of Noiz con Luca Bicchielli cantante, e a dicembre dello stesso anno esordite dal vivo al premio “Rossano Fisoni”, e nel 2009 la vittoria al contest “Aspettando Liberi e Vivi” vi permette la partecipazione al festival “Liberi e Vivi”…mica male…

R Gli Shed Of Noiz oramai sono una parte del mio cuore, più che una band musicale un gruppo di quattro grandi amici.

Nel 2008 io, Giulio e Dario, rimasti orfani del nostro precedente cantante contattammo l’allora sedicenne Luca; da li si è creata un’alchimia incredibile che ancora oggi resiste e perdura malgrado qualche difficoltà logistica (mio sono l’unico rimasto in provincia di Livorno!)

Insomma, fin da subito ci siamo tolti delle belle soddisfazioni!

D Nell’autunno dello stesso anno pubblicate l’omonimo Ep di esordio, grazie al quale gli impegni live diventano sempre più frequenti: nel 2010 la partecipazione alla finale regionale dell’Emergenza Festival rappresenta un appuntamento importante, ma è con la vittoria nel contest “Aspettando Italia Wave”, e la conseguente partecipazione ad Italia Wave Love Festival 2010, che il nome Shed Of Noiz inizia a circolare con maggiore frequenza….fino ad oggi…una bella soddisfazione

R Abbiamo avuto tante belle soddisfazioni negli anni, forse la più bella è stata vincere il concorso dell”Italia Wave Love Festival” (Attuale Arezzo Wave) che ci lanciò in un periodo bellissimo di live per tutto lo stivale italico ed oltre.

Negli anni sono cambiate molte cose, abbiamo scelto di non partecipare più a contest in quanto secondo noi non esprimo la nostra idea di condivisione musicale e artistica.

Ci siamo concentrati nel fare live e dischi di qualità, provando ad elevare sempre più la qualità della nostra musica.

La nostra ultima produzione è “Distanz Ep”, un disco che parla di distanza e di amicizia, quattro tracce che odora di asfalto.

Asfalto percorso per suonare insieme e per far vivere ancora questo progetto musicale.

D Sempre difficile “etichettare” il sound di una band…alternative/stoner vi calza a pennello…

R Non saprei! Forse è una definizione un po’ maldestra in quanto non è che ci rappresenti benissimo, forse sarebbe meglio dire che suoniamo Rock con testi in lingua italiana.

D Impegni futuri, concerti dal vivo, nuovo album, cosa bolle in pentola ?

R Al momento con gli Shed siamo molto concentrati per il nostro prossimo concerto all’ H2NO di Pistoia, un locale davvero molto bello.

Ho anche altre date con gli altri miei progetti musicale, (Amanda e gli Uomini Elettrici / La quarta Via) ma ve le svelerò in futuro!

D Mattia quali sono i tuoi mostri sacri, i batteristi che imitavi fin da piccolo ?

R Eheh, ce ne sono molti! Forse il primo batterista per cui ho veramente sbavato è stato Dave Grohl che con i Nirvana ha veramente spaccato tutto.

Da giovanissimo ho avuto anche un debole per Nicko McBrain degli Iron Maiden che mi sembrava veramente inarrivabile.

Ovviamente poi i gusti cambiano e studiando lo strumento l’approccio alla musica cambia, al momento studio per diventare maestro di batteria con “Scuderie Capitani” e penso di essere maturato molto musicalmente parlando.

Ora mi piacciono molto per esempio Mark Giuliana, Nate Smith, Andrson Paak, Benny Greb ma non dimentico primi amori come Danny Carey (dei Tool).

D Come vedi la situazione musicale odierna a livello cittadino, una città che ha sfornato negli anni centinaia di ottimi musicisti ma che non è mai riuscita a valorizzare in pieno questo fenomeno ‘

R Devo dire che a Livorno la situazione musicale è davvero molto rosea, al momento ci sono moltissimi gruppi underground che si stanno elevando e hanno una grande qualità.

Il problema non sono magari i gruppi, ma un pubblico che stenta a formarsi. Suonare musica dal vivo è dura, soprattutto è dura coinvolgere le persone.

Per non parlare di trovare degli spazi adeguati.

Solo per citare alcuni gruppi davvero notevoli della nostra scena: Siberia, Bruke, Bonsai Bonsai, Surfer Joe.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi: Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo ritrova davanti sul palco…qual’è il “tuo culo” ?

R Se la vogliamo mettere su questo piano “il mio culo” è quello di Luca Bicchielli degli Shed of Noiz, con il quale ho condiviso il palco almeno 300 volte.

Credo che me lo ritroverò li davanti a sculettare ancora per un bel po’.

D Mattia, una occasione perduta che ancora oggi non ti fa dormire, una occasione che musicalmente parlando avrebbe potuto cambiare il tuo percorso .

R Proprio non so, forse forse di aver rifiutato di suonare in alcuni “grupponi” che mi avrebbero dato molte altre possibilità, pensandoci comunque bene non ho grossi rimpianti.

Ho ancora grandi sogni da realizzare, vento i poppa e decisi verso la meta.

D Chi è oggi Mattia Salvadori ?

R Mattia è un ragazzo a cui piace sognare, forse troppo.

DANIELE CATALUCCI

D Daniele Catalucci, bassista in un mondo musicale dominato dalle chitarre…scelta casuale o dettata dal cuore ?

R Ma quali chitarre? Il mondo musicale è finalmente dominato dagli ipad !

Io ed il basso… ho sempre dato la colpa al caso. Poi crescendo ho imparato a conoscermi e mi sono rispecchiato sempre di più in degli aspetti di questo strumento: non amo stare eccessivamente in prima linea ma mi piace essere di sostenimento, voglio che lo scheletro e l’ossatura dipendano da me, dal mio battito e dalle mie scelte…

Nella vita sono così, sono silenzioso, lascio respirare e vivere chi ho intorno, ma quando mi convinco totalmente della giustezza di una cosa, mi adopero in ogni maniera affinché ci si convinca di questa e che si faccia.

Il basso è uguale, tu sei in discoteca e balli mentre canti la canzone, apparentemente il basso non lo noti, ma se smetto di suonare, tu smetti di ballare.

È stata una scelta caratteriale.

 

D Bassista e produttore attivo dal 1995, lo studio in Conservatorio, vincitore con i Virginiana Miller di un David di Donatello, poi due targhe Tenco, la prima nel 2013 con Mauro E. Giovanardi e Sinfonico Honolulu in qualità di bassista e arrangiatore, la seconda con i Virginiana Miller nel 2014 in qualità di bassista e co-compositore. Vanti esperienze in studio, live e tv, da bassista e da arrangiatore. Sei membro dell’Orchestra del Teatro Nuovo di Milano nel mondo del musical e produci dischi di altre band nel tuo studio… ma tutto come inizia?

R Inizia con un ragazzo di 14 anni, sdraiato sul proprio letto, che ascolta “Out of time” dei R.E.M abbracciandosi come altre volte sulla chitarra classica del proprio padre. Quella volta, di diverso dal solito, misi insieme quattro note che ricalcarono la canzone che stavo ascoltando… Suonai Low dei R.E.M, quelle quattro note messe in fila, e trovai un link tra la musica immaginata e quella riprodotta. L’emozione mi sconvolse.

Dopo qualche settimana mio padre realizzò come in realtà non stessi suonando la chitarra, ma soltanto le corde singole, come fanno i bassisti. Entro breve, forse per salvare la chitarra, si presentò con un basso Eko. Ricordo ancora l’odore buono e tutto da scoprire. Sapeva di moderno, di futuro.

Di lì a poco mi ritrovai nel mio primo vero gruppo, i Sea Side. Ero cresciuto con i Cure, the Smiths, i Talking Heads, amavo e suonavo gli U2 dell’allora Achtung Baby, ma con i Sea Side ci spostammo più sul lato punkeggiante, quindi gli Stooges, i Sex Pistols. Poi arrivarono i Nirvana, cominciammo a scrivere roba nostra e cambiò tutto.

D Dai Sea Side ai Virginiana Miller, gruppo storico del panorama musicale livornese e non solo, gruppo impegnativo ma di grande soddisfazione…

R Alla resa dei conti torno sempre lì. Sono il gruppo più importante con cui abbia avuto a che fare, oltre che per il prestigio, anche per l’uniformità di mire, di percorso e di scrittura.

Sono le uniche persone con cui sia riuscito a comporre canzoni lavorandoci in sei, contemporaneamente. È difficile, ma bellissimo. Gli unici oltre che i primi.

E poi sono famiglia.

Noi siamo ancora lì. Sta per uscire il nostro settimo lavoro, “The unreal McCoy”, per la prima volta scritto in lingua inglese.

 

D Non è mancata una “scappatina” con i Sinfonico Honolulu…

R Beh, una scappatina di 7 anni!!!

È stato un momento importante, mi hanno delegato il ruolo di direttore artistico e ci ho messo tutto me stesso.

Siamo arrivati su dei bei palchi, a dei punti impensabili per un gruppo partito dall’essere una cover band e credo come dicono nel film “The Commitments”, che in quel periodo siano cambiate molte prospettive dentro di noi, sono contento di aver fatto parte di un periodo di punta.

Poi siamo arrivati ad un punto di rottura e la scissione è diventata inevitabile, stava diventando tutto molto difficile e non ci so stare nelle situazioni che non ingranano.

È stato un gruppo in cui ho creduto molto, ma la fine è stata davvero inevitabile.

 

D Progetti futuri, concerti in vista, un nuovo album, cosa “bolle in pentola” ?

R Ho 5-10 cose importanti da fare nel giro di un anno.

Sto allestendo un progetto nuovo, bello, ballabile, che ho sempre sognato di fare. C’è tanto funk, musiche originali, stiamo registrando e mi piace tantissimo.

Il nuovo dei Virginiana sta per uscire, e a breve usciranno le date.

Collaboro con lo spettacolo di tributo a Dalla dal titolo “Com’è profondo il mare”, e suonerò con le Voci sole e col reprise del musical Kinky boots al Nuovo di Milano.

Ho delle produzioni in cantiere al Banana studio, il quartier generale dove collaboro col tecnico del suono Valerio Fantozzi.

E poi ci sono i fondamentali imprevisti, che aspetto sempre a braccia aperte.

 

D Daniele quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi bassisti cult ?

R In ordine sparso ho imparato tantissimo dal tiro senza fronzoli di Donald Duck Dunn, il funk fisico da Flea, il suono aggressivo di Tim Commerford dei Rage against.

Jaco Pastorius e Les Claypool sono invece quelli da cui ho rubato un bel po’ di tecnica, hanno cambiato la percezione del basso elettrico.

McCartney e Familyman Barrett tra i suoni più rotondi e appoggiati sono i miei prediletti.

John Deacon dei Queen mi ha insegnato tantissimo oltre che tecnicamente, caratterialmente. La sua modestia è una roba che va studiata, si respira nella sua maniera di stare sul palco.

Potrei andare avanti per un paio d’ore, perché continuano a venirmi i nomi di Nathan East, Bernard Edwards…

Chiudo con John Taylor dei Duran Duran, anche perché credo sia stato il primo ad aver fatto capire al genere femminile che “anche il bassista… tutto sommato…”.

E suona da Dio.

 

D Suoni in una band importante, sei salito su palcoscenici di rilievo, sei stato a contatto con realtà diverse…come spieghi il “fenomeno Livorno”, una città che da sempre ha dato vita a centinaia di ottimi musicisti ma che non riesce a imporsi come potrebbe e dovrebbe nel panorama musicale italiano ?

R La livornesità è un aspetto che non aiuta a prendersi sul serio. L’ho sempre vista così.

Ultimamente però ho cominciato a deresponsabilizzare questa risposta, che risuona un po’ come una scusa, insomma fa comodo dare la colpa a qualcos’altro, anche se si parla del proprio carattere.

Magari la verità è che uno non si impone perché non è in grado. Oppure Livorno è in fase fiorente e siamo così ciechi da non volerlo vedere.

La verità che mi solletica il pensiero è duplice: da un lato che l’idea di fallimento sia uno strascico, un’abitudine anni novanta, figlia del mancato e totale successo degli Ottavo Padiglione, cosa che tutti speravamo. Ed è come se quell’insuccesso fosse diventato la bandiera della livornesità musicale.

Da un altro lato, forse il più definitivo, penso che essere ottimi musicisti non serva a niente, ma serva essere degli ottimi lavoratori.

“E un giorno come altri cento _tornano a Livorno

Che è una piccola città _ piena di vento”

(Parenti lontani, Virginiana Miller)

 

D Oltre che musicista anche scrittore : Rinomina, edito da Valigie Rosse è il tuo volume…36 storie da leggere e riflettere…

R Finire RINOMINA mi ha consentito di mettere in pratica qualcosa di diverso. La collaborazione con Valigie Rosse è stata molto bella e emozionante.

L’idea di base è che ci siano 36 dialoghi tra persone la cui identità venga svelata soltanto a fine dialogo. Questa forma di narrativa, tra l’investigazione del lettore e il realismo più puro dello scrittore, mi ha dato la possibilità di dare una voce, un volto a delle riflessioni mie, ancorate chissà dove.

Esperimento riuscito, adesso sto scrivendo un paio di cose nuove. È tutto un embrione, in cui intravedo soltanto qualcosa di interessante, mi piace.

D Daniele, un rimpianto, una occasione perduta, un treno che hai visto partire senza di te…

R Vivo di piccoli rimpianti, ma me li dimentico questo tutti il giorno dopo. Mi piace la mia vita di oggi.

 

D Chi è oggi Daniele Catalucci ?

R Sono appena diventato padre, sono felicissimo, ho una famiglia che si sta creando. Sono in una fase unica e adesso dovrò rinascere intorno a questa nuova dimensione.