VANNI DRAGHETTI

D Vanni Draghetti, chitarrista e bassista…quale il preferito ?

R Chitarra senza dubbio. Ho imbracciato il basso per caso, o meglio per necessità. Nel mio primo gruppo, i LEM suonavo la chitarra; eravamo un bel gruppo, suonavamo in un fondo in Venezia messoci a disposizione dai Frati Domenicani…in cambio suonavamo la messa beat la domenica. Poi entrai a far parte del Sistema Alfa dove alla chitarra c’era Maurizio Lunardi, gran bel chitarrista…la scelta del basso fu una tappa obbligata. Ma il mio strumento rimane la chitarra.

D Tutto ebbe comunque inizio nel 1972 quando iniziasti a seguire Veronique Chalot, una ragazza nata a Le Havre, in Francia, innamorata della musica tradizionale celtica e angloirlandese.

R Si, la conobbi tramite un compagno di scuola che divenne suo marito, Marco Fastame, anche lui musicista. Organizzammo uno spettacolo di musica celtica e da lì partì tutto. Ci invitarono a suonare al famoso (di allora) Folk Studio del mitico Cesaroni, dove si mise a cantare. Piacque molto al patron Cesaroni il quale ci organizzò ben 15 date, con la promessa di ritrovarci l’anno seguente per incidere un disco. Fu di parola e il disco vide la luce. Era un mondo magico, irripetibile. Durante le serate al Folk Studio notammo ad ascoltarci Riccardo Cocciante, Francesco De Gregori, Mario Schiano e molti altri.

D Hai seguito Veronique in ogni parte, sia in Italia che all’estero…che ricordi hai ?

R Solo in Italia, all’estero non iniziai la tournee per divergenze con altri musicisti. In Italia un po’ ovunque e ricordo con particolare nostalgia i concerti di Lucca, Siena e Bologna e soprattutto il Taco Paco di via Paoli dove suonammo insieme a Marasco e la grande Giovanna Marini, la “grande vecchia” del folk italiano e della canzone di protesta.

D Ritorniamo al vostro LP: oggi è un disco dal notevole valore non solo artistico ma anche economico. E’ in tuo possesso vero ?

R Certo che si, ci mancherebbe ! Fu registrato a Roma, come ti dicevo al Folk Studio: fu preso il meglio tra 4/5 serate, con registrazioni ovviamente tutte dal vivo. Pensa che questo lavoro è entrato nel Museo della Musica e così Stefano Lunardi, altro membro del gruppo, ha ottenuto alti punteggi per questo.

D Sei rimasto in contatto con Veronique ?

R Certo. Lei è tornata in Francia, oggi abita vicino Tolosa. Ci sentiamo spesso e ultimamente mi ha quasi assicurato la sua presenza al Firenze Festival di musica celtica…incrociamo le dita.

D E dopo Veronique che hai fatto ?

R Come ti dicevo entrai a far parte del Sistema Alfa, poi in vari gruppi fino a formare con il bassista Franco Vellery il Vanni Fusion Group, dove suoniamo naturalmente musica fusion con musiche nostre. Il tutto patrocinato da Music City. E pi spesso e volentieri accompagno nei locali cittadini e non solo la cantante Carmen, molto conisciuta in città.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i musicisti che ammiri di più ?

R Sono nato e morirò con i Beatles nel cuore ma anche Eric Clapton fa parte della mia vita musicale. Devo dire che ammiro molto anche Alan Stivell, arpista francese di celtic fusion.

D Progetti futuri ?

R Al momento insieme al Trio Treu suoniamo del blues, soprattutto rock/blues anni 60/70. Stiamo organizzando per i cinquant’anni dell’etichetta musicale Motown uno spettacolo con lo scrittore Paolo Tirincanti uno spettacolo a Lucca in uno scenario favoloso: una fattoria immersa nella campagna toscana. Suoneremo Beatles, Rolling Stones, Cream, Janis Joplin e molti altri.

D Vanni, come tutti noi avrai sicuramente un rimpianto, una occasione non sfruttata…

R Proprio così…come tutti. Nel mio caso intervenne il destino sotto forma di una splendida ragazza che divenne mia moglie. Ero A Roma, non ancora sposato…ed ero impiegato come turnista per la Fonit Cetra, la potente casa discografica di allora; mi fu proposto di rimanere appunto come turnista, di intraprendere la professione…ma erano altri tempi…Roma era lontana, mica come oggi e l’amore fu più forte di tutto…tornai a Livorno.

D Hai conosciuto la scena musicale livornese di allora e sei perfettamente al corrente della odierna…differenze ?

R “Ai nostri tempi” c’era naturalmente meno tecnica ma molta più passione, più entusiasmo….oggi c’è più studio, più preparazione ma molto meno cuore.

D Chi è oggi Vanni Draghetti ?

R E’ un quasi pensionato, innamorato del suo lavoro di commercialista che però non può abbandonare mai la musica. Amo la musica e i suoi strumenti tanto da essere un collezionista di chitarre e bassi. E poi, tanto per rimanere con tutti e due i piedi nell’ambiente musicale, ho iniziato una nuova avventura, con altri soci, rilevando l’attività Music City del “vecchio” Tony di Via Maggi. Siamo un gruppo di amici che abbiamo deciso di portare avanti una istituzione in città impedendo la sua chiusura.

MANUEL GRILLO

D Manuel Grillo, chitarrista da sempre suppongo…

R Salve, la mia storia in realtà è un po diversa da quanto sembra. In realtà la passione della musica e della chitarra in particolare è nata intorno ai 13 anni quando con la spinta di un mio amico a frequentare il gruppo di parrocchia dove lui era partecipe e con la spinta di mio padre attraverso l’acquisto di una chitarra classica mi tuffai in questo mondo.

Presto mi resi conto che era più di una passione e che era proprio quel tassello che mi era sempre mancato dato che fin dalla nascita sentivo di essere diverso dagli altri, tanto che da piccolo preferivo stare a conversare con gli adulti piuttosto che giocare con i ragazzi della mia età (si parla che avevo 10 anni)

Un po per le amicizie che non mi piacevano un po perchè non avevo trovato ragazzi che condividevano questa passione la musica è sempre stato un rifugio per me, tanto e vero che dedicavo interi estati vicino ad essa cercando di imitare i miei idoli e capire ed apprendere tutte le loro tecniche senza esserci un vero studio teorico dietro.

Questo fino a che non ho incontrato dei ragazzi argentini che avevano un gruppo dove mi hanno preso sotto la loro ala e li seguivo nei concerti e così presi ancora più coscienza dell’importanza della musica nella mia vita.

Ma la vera svolta c è stata quando ho avuto occasione di suonare con un ragazzo e fare serate di piano bar esibendomi sia nei fraseggi blues che rock sia nei miei pezzi ; qui ho preso coscienza che la mia felicità era questa vita.

Quindi ricollegandomi alla domanda, non suono da sempre ma è stato un passaggio quasi automatico,per certi versi guidato, da non so cosa, aspirazione o piacere in quello che fai, non lo so.

D Nel tuo “curriculum” fa bella mostra la tua partecipazione agli studi presso l’ Istituto Musical P. Mascagni, chitarra acustica o che altro ?

R Io ho studiato 3 anni al Mascagni come chitarrista jazz in quanto è proprio questo il genere principe dell’armonia e della teoria musicale, anche se il mio modo di suonare è molto più vicino al classico.

Personalmente suono chitarra elettrica ma anche adoro la chitarra acustica, infatti adoro fare con essa i percussionati mentre suono come fa Tommy Emmanuel e adoro ancora di più suonare la chitarra classica.

Un buon musicista deve avere la conoscenza di tutti i generi, poi si specializza nei suoi prediletti o semplicemente quelli che lo rispecchiano di più.

Per esempio ammiro Stevie RAY Vaughan ma al moneto sto studiando più Petrucci perché come personalità mi rispecchia di più ma mi piace molto la musica bossa.

D Nel 2010 entri a far parte degli Rats on the Road, gruppo dalle sonorità prettamente heavy metal…sound lontano anni luce dagli studi classici…

R Nella fattispecie mi sono unito ai Rats on the road solo con l’ idea di provare un qualche cosa di nuovo ed avere per la prima volta una vera e proprio esperienza con un gruppo musicale.

Questa proposta mi arrivò molti anni fa, ero sempre alle prime armi e con loro devo dire che ho iniziato a farmi le prime ossa e ho iniziato a esprimere il concetto della mia musica; da precisare che questo è stato un processo non immediato dato che si trattava di una band che richiedeva inizialmente un rimpiazzo ma dopo aver rotto il ghiaccio e aver trovata una serenità e un equilibrio e aver stabilito i vari ruoli all’interno della band, ho potuto iniziare a tirar fuori la mia impronta.

D “Rats Underground” è il vostro demo uscito nel 2013, con brani potentissimi come “Challenge to death” o Just ice”, soddisfatti del risultato ? E poi sono seguiti nuovi lavori ?

R Il demo devo dire che non è stato una nostra creazione ma la loro, io ho semplicemente aggiunto la mia impronta e devo dire che come primo lavoro non era male, anche se era lontana dalla mia idea di musica.

I pezzi che susseguirono furono invece creazioni del gruppo fatte da me in collaborazioni con loro e devo dire che iniziavo a trovare davvero soddisfazione anche perché si avvicinavano più alla mia idea di musica , peccato che non videro mai la luce dato che ci fu un cambio di cantante e subentrò un ragazzo che parafando la frase “essere la prima donna” descriveva il suo essere trascinando il gruppo in una luce mai vista portando a uno scioglimento.

D Rats on the road tradotto letteralmente è Ratti sulla strada…da dove nasce questa idea ?

R Come ho specificato prima essendo inizialmente un rimpiazzo non so benissimo l ‘origine del nome.

D Progetti futuri ?

R Dal punto di vista musicale non ho molti progetti futuri, provenendo da due stagioni di piano bar mi piacerebbe rimettere su un progetto simile ancor più complesso del precedente, dando più spazio alla musica. Col precedente progetto ho già avuto modo di spaziare nei vari generi e mi ha dato modo di conoscere e apprendere varie sonorità che da prima erano sconosciute e mi ha dato modo di imparare più il manico della chitarra delineando ancor meglio note e passaggi veloci e tecnici.

Al momento ho aperto un canale su you tube ( https://www.youtube.com/channel/UCDaOTvcd5iyTz3VlzpGSTIg?view_as=subscriber) dove cerco di toccare tutti i vari generi e cercando di promuovere la mia musica in attesa che magari abbi uno sprazzo di fortuna; effettivamente questo ha portato a una convocazione ai provini di TU SI QUE VALES dove ho eseguito nello specifico il brano “The best of times”.

Inoltre cerco di arricchire il mio canale di qualche mia creazione o di mia rivisitazione di brani famosi cercando di trasmettere agli altri il mio modo di suonare.

D Manuel quali sono i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando ?

R Come punti di riferimento iniziali ho avuto da sempre i big della chitarra quali Jhon Petrucci, Pul Gibert, Steve Vai, Satriani, Steve Ray Vaughan… ma crescendo ho imparato ad apprezzare anche generi come il pop e i punk, generi lontano da me ma anche da lì puoi apprendere uno spunto musicale sviluppando un tuo fraseggio, tutto tuo, e soprattutto apprendendo sempre di più la coscienza di cosa è la musica e scoprire che la vera musica non è incentrata in un assolo di chitarra ma è l’intero contorno che c’è attorno ad esso, prendendo coscienza che una semplice rullata o un semplice stacco di batteria può rivoluzionare un pezzo o persino un semplice giro di basso. Prendi coscienza del potenziale della musica ed entri in un mondo dove non è necessario il tuo strumento, la chitarra, ma entri in una dimensione dove percepisci la musica come sonorità apprezzando le sonorità arabe, per esempio e delineando ancor di più il tuo stile di suonare e di comporre.

D Te vivi a Cecina ma suppongo tu conosca anche la realtà livornese, come vedi il panorama musicale della provincia labronica in generale ?

R Precisando che avuto modo di fare piano bar e ho avuto modo di incontrare numerose persone e essere esposto alle varie sfaccettature delle persone stesse, ho imparato che la musica, la bella musica in Italia e nello specifico in queste zone, non viene apprezzata e non parlo della musica solistica ma parlo di artisti del calibro di Sting.

Detto ciò a questo si aggiunge anche un vero e proprio sbarramento da parte del comune di incentivare e favorire l integrazione di serate e inserimento di gruppi di zona.

Iniziative legati ad esse non ce ne sono, ovvero ce ne sono ma non sono né cosi concrete ne così durature creando una vera e propria falla nella cultura musicale. La realtà livornese e nello specifico cecinese è ben lontana da favorire uno scambio culturale, basti pensare che per trovare un locale dove far fare jam bisogna oltrepassare Pisa, quindi al comune non si chiede molto, ma si chiede di attuare una realtà dove già nel resto del mondo è normalità casta e pura.

D Un rimorso, un rimpianto per una occasione perduta che ancora oggi non ti fa dormire ?

R Non credo di aver rimorsi perché in quello che ho fatto ci ho sempre messo l’anima e la passione, sia che sia andata bene che male; l ‘unico rimorso che ho è di non aver trovato ancora una persona che abbia voglia di investire nella musica e che apprezzi davvero il valore di essa.

D Chi è oggi Manuel Grillo ?

R Chi sono io? Sono semplicemente una persona che si è impegnata a realizzare un sogno e che sta ancora oggi investendo tempo e fatica, che ci crede in questo sogno anche sapendo che la realtà odierna sbarra solo le porte, abbattendoti e non facendoti crescere né in un percorso spirituale, che in un percorso di accrescimento interiore perché musica vuol dire mettere a nudo il tuo vero io. In sintesi sono un ragazzo che cerca di investire tempo e passione in un sogno che non si realizzerà mai sia per mezzi che per conoscenze, troppo poche.

Detto questo io non mollerò dato che specie in questi ultimi anni ho dimostrato a me stesso di poter realizzare cose che per me erano impensabili e questo mi da la fiducia di guardare all’orizzonte aver la fiducia di scrutare quel treno che passa una volta sola che ti porta verso un viaggio mistico, dove tutto è possibile e soprattutto i tuoi sogni e le tue aspirazioni sono diventati realtà.

GRAZIANO CEMMINI

D Graziano come è nato il tuo amore per la chitarra ?

R Diciamo che è un amore nato soprattutto per il bisogno di esprimere me stesso e ho trovato che la chitarra fosse il mezzo giusto…quasi un bisogno terapeutico.

Dare forma ad un suono che esprime ciò che pensi, soprattutto per un quattordicenne fulminato dal rock, con quel suo suono potente e maestoso, è un qualcosa che ti appaga.

D Hai fatto studi classici ?

R Sinceramente ho iniziato ad amare la musica metal coinvolgendo altri ragazzi in gruppetti vari, poi è stata la volta del folk per poi iniziare il Conservatorio con la chitarra classica. Oggi ho abbandonato definitivamente la musica rock, non la suono né la ascolto, optando solo ed esclusivamente per la musica classica o elettronica.

D Di solito chi frequenta il Conservatorio non suona solo uno strumento…

R Infatti ho iniziato suonandom il flauto traverso ma la chitarra è il mio strumento, senza dubbio alcuno.

D Quali sono state le tue fonti di ispirazione ?

R Su tutti John Petrucci dei Dream Theatre un gruppo musicale progressive metal statunitende fondato a Boston nel 1985appunto da John Petrucciani con John Myung e Mike Portnoy, poi David Mustaine, fondatore del gruppo thrash metal Megadeth e dal 1981 al 1983 chitarrista solista dei Metallica prima di essere allontanato dal gruppo e Randall William Rhoads chitarrista di Ozzy Osborne morto tragicamente.

D Oggi c’è qualcuno che attira la tua attenzione ?

R Manuel Bongiorni, conosciuto anche con lo pseudonimo di Musica Per Bambini, un cantautore italiano. La sua musica mescola musica elettronica, metal, musica medievale, filastrocche che mi colpisce molto.

D Quando riesci a dare il meglio di te con la chitarra a tracolla ?

R Vedi, io intendo la musica e la canzone come un valore da condividere con gli amici, musica come contesto sociale; per questo amo esibirmi come musicista di strada e soprattutto in Venezia lo faccio spesso e volentieri: storie raccontate, storie di vita musicate e cantate.

D Rock e Classica…un duello infinito…

R Sono di parte, lo so, ma è un duello che vince sempre la Classica. Il rock sta a McDonald, la Classica al Gambero Rosso! Per fare una canzonetta bastano due minuti, per comporre musica classica ci vuole conoscenza, consapevolezza, non può essere uno svago.

D Non sono molto d’accordo…spesso dietro una canzone c’è tutto un background di tutto rilievo, premio Nobel Dylan insegna…

R E’ un altro valore, più profondo…

D C’ è stato un treno che è partito senza di te e ancora oggi te ne penti ?

R No, nessun treno e nessun rimorso: ho sempre fatto quello che mi passava per la testa.

D Ritornando alla musica classica, la tua musica odierna…che ascolti ?

R Soprattutto Back e Handel ma anche Heitor Villa-Lobos che è stato un compositore brasiliano del neoclassicismo musicale, autore al quale “vado dietro” con la chitarra mentre lo ascolto.

D La scena livornese e la musica classica…rapporto non facile…

R Vero, verissimo. E’ una musica non molto sentita soprattutto tra i giovani, valorizzata solo in ambito accademico…quasi una setta! Io penso che alla base di tutto ci sia la poca conoscenza.

D Cosa manca per “pubblicizzare” questo genere musicale, per farlo uscire da certi schemi ?

R Sicuramente qualche iniziativa…per esempio mi sono chiesto come sia possibile che nella città che ha dato i natali a Pietro Mascagni non ci sia in estate una “settimana mascagnana”, magari alla Terrazza Mascagni…se non qui, dove ?

D Chi è oggi Graziano Cemmini ?

R Un venditore di Contratti per l’Energia Elettrica, che spera in un futuro migliore.

Ho sempre affrontato tutto come una parentesi della vita, come una persona in transito…domani chissà.

IRIDE VOLPI

D Iride Volpi, chitarrista…come nasce questo amore per la chitarra?

R Ho deciso di voler imparare a suonare la chitarra verso i 16 anni. Assistendo alle prove di un gruppo heavy metal di miei amici dell’epoca mi sono detta: che ganzi, voglio fare anche io come loro!

Però questo istinto credo venga più da lontano, infatti mio babbo suonava la chitarra per farmi addormentare da piccola, chissà che non abbia avuto un effetto… È stato poi mio zio, musicista, che mi ha permesso di iniziare a suonare la chitarra elettrica facendomi il regalo più bello che ci sia, una sua Eko degli anni 80 per un mio compleanno.

D Sei la chitarra solista dei Lupe Velez, ottimo gruppo che ho avuto il piacere di ascoltare e vedere dal vivo ultimamente all’ex Cinema Aurora…e devo fare i complimenti a te e a tutta la band…soddisfatta?

R Faccio parte dei Lupe Velez dall’agosto del 2016 e sono entrata in contatto con loro tramite punti di contatto con il gruppo Dome la Muerte and the Diggers in cui suono dal 2013. Infatti, mi hanno introdotto alla band, Dome la Muerte, che ha collaborato con i Lupe Velez, e il batterista dei Diggers e dei Lupe Velez (Gianfra).

Sono molto soddisfatta da questo progetto perché mi sento molto rappresentata dallo stile compositivo di Stefano Ilari e dalle sonorità della band.

Io è l’altro chitarrista (Alex Gefferson) cerchiamo sempre di intrecciare al meglio le due chitarre sia nelle ritmiche che nelle parti soliste e cercando di esprimere le caratteristiche di ognuno.

D Il mondo del rock, inutile negarlo, ha sempre avuto una impronta prettamente maschile ma non sono rari esempi di fulgida bellezza da parte delle rock women…Janis Joplin, Grace Slick, Joni Mitchell, Patti Smith e moltissime altre hanno aperto una strada a tutte quelle donne innamorate della musica più bella di sempre…

R Credo che anche ora si possano percepire dei pregiudizi maschilisti nell’ambiente del rock. Ad esempio, non so perché è credenza comune che una ragazza in una band faccia la cantante… oppure, sempre da esperienza personale, si crede di fare un bel complimento dicendo “brava, suoni come un uomo!”.

Come giustamente hai detto, non c’è bisogno di ricordare che molte leggende della musica rock e non solo sono state donne, a me piacerebbe che si valorizzassero le particolarità di ognuno prescindendo dal sesso.

Non mi ha nemmeno mai più di tanto convinto l’idea di suonare in una band volutamente “di sole donne”, cioè se capita (per amicizia etc.) ben venga, ma per me non è un criterio per formare una band.

D Ho sempre avuto un debole per le “donne in rock”…trovo che all’interno di un gruppo portino quella dolcezza rabbiosa che dà un qualcosa in più…come sono i tuoi rapporti con i colleghi musicisti?

R Sicuramente i gruppi misti portano più varietà, in termini di stile, di approcci e di carattere e questa varietà si può riflettere nella musica che compongono.

Ho sempre avuto esperienze positive con i colleghi di band, sia uomini che donne. Il fatto di condividere una passione così forte mi ha permesso di fare nuove amicizie e in alcuni casi di creare legami speciali di affetto e di amore.

D Iride quali sono i tuoi mostri sacri, i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando?

R I miei pilastri sono da un punto di vista chitarristico Jimi Hendrix, come band i Rolling Stones e i Pearl Jam.

Poi ci sono band e musicisti che ascolto “a periodi” ossessivamente, poi cambio, ci ritorno sopra e così via… es. Bob Marley, Ben Harper, Smiths, Blur, Buzzcocks, The Clash, Velvet Underground etc.

D Il vostro sound può definirsi garage rock anche se, parlando con Stefano, ho manifestato il mio “sentire” anche influenze prog…che ne dici?

R Nei Lupe Velez confluiscono vari generi che si rispecchiano nei pezzi di Weird Tales (Area Pirata – 2018), da garage-rock, a sonorità più melodiche, al rock’n’roll, al punk.

Influenze prog non ne ho percepite… o perlomeno, se qualcuno ce le sente, sappia che non è stato premeditato!

D Progetti futuri? Dischi in arrivo, prossimi concerti?

R Per quanto riguarda i Lupe Velez, stiamo lavorando alla composizione di nuovi pezzi e il nostro prossimo concerto sarà a La Taverna della Musica a Ponte Buggianese (PT) il 19 Aprile.

Con i Dome la Muerte and the Diggers stiamo lavorando al progetto di un nuovo 45 giri e il prossimo concerto sarà a Livorno in Piazza Mazzini il 25 Maggio.

Un’altra bella esperienza che sto vivendo da qualche mese è suonare nei Not Moving LTD con Lilith, Tony e Dome la Muerte e potete trovare le prossime date sulla pagina facebook.

D La scena musicale livornese è sempre stata sui generis…centinaia e centinaia di musicisti ma pochi hanno “varcato la soglia” cittadina…rimanendo nell’ambito femminile, conosco molte musiciste che militano in alcune band indigene…che opinione di sei fatta al riguardo?

R Non conosco a fondo la scena musicale livornese, perché la frequento da pochi anni, non vivendo a Livorno. In ogni caso credo che sia difficile per ogni gruppo uscire dal proprio ambito cittadino e dalla cerchia di conoscenze soprattutto quando nel gruppo non c’è qualcuno che possa a tempo pieno dedicarsi a stringere contatti oppure quando non c’è un’agenzia che supporta il gruppo nel trovare le date.

D Iride, un rimpianto, una occasione perduta, un treno sul quale non sei salita e ancora oggi “ti mangi le mani”?

R Credo che i rimpianti si possano avere se non riusciamo a valorizzare quello che ci succede intorno, il resto non credo che lo possiamo controllare.

Ad esempio, a volte ho pensato…magari se fossi nata in una grande città in California (per dirne una…) avrei avuto più possibilità di realizzare le mie passioni, ma quello non l’ho potuto decidere! Quindi quello che è in nostro potere è essere sempre vigili per cogliere le occasioni e avere tanta determinazione.

D Chi è oggi Iride Volpi?

R Ho studiato agraria e al momento sto lavorando nel mondo della ricerca. Il futuro può essere incerto, ma quello che vorrei sicuramente continuare a fare è suonare, perché sul palco mi sento felice.

MATTIA SALVADORI

D Mattia Salvadori, batterista fin dalla tenera età immagino, per la gioia incontenibile dei tuoi vicini…

R Ciao a tutti e grazie mille per questa intervista!

Tenera età ma non troppo, ho iniziato a suonare “seriamente” all’età di 14 anni prendendo le prime lezioni.

Non avendo neanche la batteria i primi tempi mi cimentavo a suonare ovunque, la sedia diventava un bellissimo rullante, la scrivania il piatto, uno sgabello un tom.

Dopo varie discussioni e tensioni familiari riuscii a farmi regalare la prima batteria e allestendo la mia personale sala prove nel garage di mia nonna.

Il vicinato era talmente felici di questi miei assoli di batteria giornalieri che spesso mi lanciavano anche pigne ad altri vari oggetti contundenti!

D Nel 2008 dai vita, insieme a Dario Sardi e Giulio Panieri, al gruppo Shed Of Noiz con Luca Bicchielli cantante, e a dicembre dello stesso anno esordite dal vivo al premio “Rossano Fisoni”, e nel 2009 la vittoria al contest “Aspettando Liberi e Vivi” vi permette la partecipazione al festival “Liberi e Vivi”…mica male…

R Gli Shed Of Noiz oramai sono una parte del mio cuore, più che una band musicale un gruppo di quattro grandi amici.

Nel 2008 io, Giulio e Dario, rimasti orfani del nostro precedente cantante contattammo l’allora sedicenne Luca; da li si è creata un’alchimia incredibile che ancora oggi resiste e perdura malgrado qualche difficoltà logistica (mio sono l’unico rimasto in provincia di Livorno!)

Insomma, fin da subito ci siamo tolti delle belle soddisfazioni!

D Nell’autunno dello stesso anno pubblicate l’omonimo Ep di esordio, grazie al quale gli impegni live diventano sempre più frequenti: nel 2010 la partecipazione alla finale regionale dell’Emergenza Festival rappresenta un appuntamento importante, ma è con la vittoria nel contest “Aspettando Italia Wave”, e la conseguente partecipazione ad Italia Wave Love Festival 2010, che il nome Shed Of Noiz inizia a circolare con maggiore frequenza….fino ad oggi…una bella soddisfazione

R Abbiamo avuto tante belle soddisfazioni negli anni, forse la più bella è stata vincere il concorso dell”Italia Wave Love Festival” (Attuale Arezzo Wave) che ci lanciò in un periodo bellissimo di live per tutto lo stivale italico ed oltre.

Negli anni sono cambiate molte cose, abbiamo scelto di non partecipare più a contest in quanto secondo noi non esprimo la nostra idea di condivisione musicale e artistica.

Ci siamo concentrati nel fare live e dischi di qualità, provando ad elevare sempre più la qualità della nostra musica.

La nostra ultima produzione è “Distanz Ep”, un disco che parla di distanza e di amicizia, quattro tracce che odora di asfalto.

Asfalto percorso per suonare insieme e per far vivere ancora questo progetto musicale.

D Sempre difficile “etichettare” il sound di una band…alternative/stoner vi calza a pennello…

R Non saprei! Forse è una definizione un po’ maldestra in quanto non è che ci rappresenti benissimo, forse sarebbe meglio dire che suoniamo Rock con testi in lingua italiana.

D Impegni futuri, concerti dal vivo, nuovo album, cosa bolle in pentola ?

R Al momento con gli Shed siamo molto concentrati per il nostro prossimo concerto all’ H2NO di Pistoia, un locale davvero molto bello.

Ho anche altre date con gli altri miei progetti musicale, (Amanda e gli Uomini Elettrici / La quarta Via) ma ve le svelerò in futuro!

D Mattia quali sono i tuoi mostri sacri, i batteristi che imitavi fin da piccolo ?

R Eheh, ce ne sono molti! Forse il primo batterista per cui ho veramente sbavato è stato Dave Grohl che con i Nirvana ha veramente spaccato tutto.

Da giovanissimo ho avuto anche un debole per Nicko McBrain degli Iron Maiden che mi sembrava veramente inarrivabile.

Ovviamente poi i gusti cambiano e studiando lo strumento l’approccio alla musica cambia, al momento studio per diventare maestro di batteria con “Scuderie Capitani” e penso di essere maturato molto musicalmente parlando.

Ora mi piacciono molto per esempio Mark Giuliana, Nate Smith, Andrson Paak, Benny Greb ma non dimentico primi amori come Danny Carey (dei Tool).

D Come vedi la situazione musicale odierna a livello cittadino, una città che ha sfornato negli anni centinaia di ottimi musicisti ma che non è mai riuscita a valorizzare in pieno questo fenomeno ‘

R Devo dire che a Livorno la situazione musicale è davvero molto rosea, al momento ci sono moltissimi gruppi underground che si stanno elevando e hanno una grande qualità.

Il problema non sono magari i gruppi, ma un pubblico che stenta a formarsi. Suonare musica dal vivo è dura, soprattutto è dura coinvolgere le persone.

Per non parlare di trovare degli spazi adeguati.

Solo per citare alcuni gruppi davvero notevoli della nostra scena: Siberia, Bruke, Bonsai Bonsai, Surfer Joe.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi: Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo ritrova davanti sul palco…qual’è il “tuo culo” ?

R Se la vogliamo mettere su questo piano “il mio culo” è quello di Luca Bicchielli degli Shed of Noiz, con il quale ho condiviso il palco almeno 300 volte.

Credo che me lo ritroverò li davanti a sculettare ancora per un bel po’.

D Mattia, una occasione perduta che ancora oggi non ti fa dormire, una occasione che musicalmente parlando avrebbe potuto cambiare il tuo percorso .

R Proprio non so, forse forse di aver rifiutato di suonare in alcuni “grupponi” che mi avrebbero dato molte altre possibilità, pensandoci comunque bene non ho grossi rimpianti.

Ho ancora grandi sogni da realizzare, vento i poppa e decisi verso la meta.

D Chi è oggi Mattia Salvadori ?

R Mattia è un ragazzo a cui piace sognare, forse troppo.

DANIELE CATALUCCI

D Daniele Catalucci, bassista in un mondo musicale dominato dalle chitarre…scelta casuale o dettata dal cuore ?

R Ma quali chitarre? Il mondo musicale è finalmente dominato dagli ipad !

Io ed il basso… ho sempre dato la colpa al caso. Poi crescendo ho imparato a conoscermi e mi sono rispecchiato sempre di più in degli aspetti di questo strumento: non amo stare eccessivamente in prima linea ma mi piace essere di sostenimento, voglio che lo scheletro e l’ossatura dipendano da me, dal mio battito e dalle mie scelte…

Nella vita sono così, sono silenzioso, lascio respirare e vivere chi ho intorno, ma quando mi convinco totalmente della giustezza di una cosa, mi adopero in ogni maniera affinché ci si convinca di questa e che si faccia.

Il basso è uguale, tu sei in discoteca e balli mentre canti la canzone, apparentemente il basso non lo noti, ma se smetto di suonare, tu smetti di ballare.

È stata una scelta caratteriale.

 

D Bassista e produttore attivo dal 1995, lo studio in Conservatorio, vincitore con i Virginiana Miller di un David di Donatello, poi due targhe Tenco, la prima nel 2013 con Mauro E. Giovanardi e Sinfonico Honolulu in qualità di bassista e arrangiatore, la seconda con i Virginiana Miller nel 2014 in qualità di bassista e co-compositore. Vanti esperienze in studio, live e tv, da bassista e da arrangiatore. Sei membro dell’Orchestra del Teatro Nuovo di Milano nel mondo del musical e produci dischi di altre band nel tuo studio… ma tutto come inizia?

R Inizia con un ragazzo di 14 anni, sdraiato sul proprio letto, che ascolta “Out of time” dei R.E.M abbracciandosi come altre volte sulla chitarra classica del proprio padre. Quella volta, di diverso dal solito, misi insieme quattro note che ricalcarono la canzone che stavo ascoltando… Suonai Low dei R.E.M, quelle quattro note messe in fila, e trovai un link tra la musica immaginata e quella riprodotta. L’emozione mi sconvolse.

Dopo qualche settimana mio padre realizzò come in realtà non stessi suonando la chitarra, ma soltanto le corde singole, come fanno i bassisti. Entro breve, forse per salvare la chitarra, si presentò con un basso Eko. Ricordo ancora l’odore buono e tutto da scoprire. Sapeva di moderno, di futuro.

Di lì a poco mi ritrovai nel mio primo vero gruppo, i Sea Side. Ero cresciuto con i Cure, the Smiths, i Talking Heads, amavo e suonavo gli U2 dell’allora Achtung Baby, ma con i Sea Side ci spostammo più sul lato punkeggiante, quindi gli Stooges, i Sex Pistols. Poi arrivarono i Nirvana, cominciammo a scrivere roba nostra e cambiò tutto.

D Dai Sea Side ai Virginiana Miller, gruppo storico del panorama musicale livornese e non solo, gruppo impegnativo ma di grande soddisfazione…

R Alla resa dei conti torno sempre lì. Sono il gruppo più importante con cui abbia avuto a che fare, oltre che per il prestigio, anche per l’uniformità di mire, di percorso e di scrittura.

Sono le uniche persone con cui sia riuscito a comporre canzoni lavorandoci in sei, contemporaneamente. È difficile, ma bellissimo. Gli unici oltre che i primi.

E poi sono famiglia.

Noi siamo ancora lì. Sta per uscire il nostro settimo lavoro, “The unreal McCoy”, per la prima volta scritto in lingua inglese.

 

D Non è mancata una “scappatina” con i Sinfonico Honolulu…

R Beh, una scappatina di 7 anni!!!

È stato un momento importante, mi hanno delegato il ruolo di direttore artistico e ci ho messo tutto me stesso.

Siamo arrivati su dei bei palchi, a dei punti impensabili per un gruppo partito dall’essere una cover band e credo come dicono nel film “The Commitments”, che in quel periodo siano cambiate molte prospettive dentro di noi, sono contento di aver fatto parte di un periodo di punta.

Poi siamo arrivati ad un punto di rottura e la scissione è diventata inevitabile, stava diventando tutto molto difficile e non ci so stare nelle situazioni che non ingranano.

È stato un gruppo in cui ho creduto molto, ma la fine è stata davvero inevitabile.

 

D Progetti futuri, concerti in vista, un nuovo album, cosa “bolle in pentola” ?

R Ho 5-10 cose importanti da fare nel giro di un anno.

Sto allestendo un progetto nuovo, bello, ballabile, che ho sempre sognato di fare. C’è tanto funk, musiche originali, stiamo registrando e mi piace tantissimo.

Il nuovo dei Virginiana sta per uscire, e a breve usciranno le date.

Collaboro con lo spettacolo di tributo a Dalla dal titolo “Com’è profondo il mare”, e suonerò con le Voci sole e col reprise del musical Kinky boots al Nuovo di Milano.

Ho delle produzioni in cantiere al Banana studio, il quartier generale dove collaboro col tecnico del suono Valerio Fantozzi.

E poi ci sono i fondamentali imprevisti, che aspetto sempre a braccia aperte.

 

D Daniele quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi bassisti cult ?

R In ordine sparso ho imparato tantissimo dal tiro senza fronzoli di Donald Duck Dunn, il funk fisico da Flea, il suono aggressivo di Tim Commerford dei Rage against.

Jaco Pastorius e Les Claypool sono invece quelli da cui ho rubato un bel po’ di tecnica, hanno cambiato la percezione del basso elettrico.

McCartney e Familyman Barrett tra i suoni più rotondi e appoggiati sono i miei prediletti.

John Deacon dei Queen mi ha insegnato tantissimo oltre che tecnicamente, caratterialmente. La sua modestia è una roba che va studiata, si respira nella sua maniera di stare sul palco.

Potrei andare avanti per un paio d’ore, perché continuano a venirmi i nomi di Nathan East, Bernard Edwards…

Chiudo con John Taylor dei Duran Duran, anche perché credo sia stato il primo ad aver fatto capire al genere femminile che “anche il bassista… tutto sommato…”.

E suona da Dio.

 

D Suoni in una band importante, sei salito su palcoscenici di rilievo, sei stato a contatto con realtà diverse…come spieghi il “fenomeno Livorno”, una città che da sempre ha dato vita a centinaia di ottimi musicisti ma che non riesce a imporsi come potrebbe e dovrebbe nel panorama musicale italiano ?

R La livornesità è un aspetto che non aiuta a prendersi sul serio. L’ho sempre vista così.

Ultimamente però ho cominciato a deresponsabilizzare questa risposta, che risuona un po’ come una scusa, insomma fa comodo dare la colpa a qualcos’altro, anche se si parla del proprio carattere.

Magari la verità è che uno non si impone perché non è in grado. Oppure Livorno è in fase fiorente e siamo così ciechi da non volerlo vedere.

La verità che mi solletica il pensiero è duplice: da un lato che l’idea di fallimento sia uno strascico, un’abitudine anni novanta, figlia del mancato e totale successo degli Ottavo Padiglione, cosa che tutti speravamo. Ed è come se quell’insuccesso fosse diventato la bandiera della livornesità musicale.

Da un altro lato, forse il più definitivo, penso che essere ottimi musicisti non serva a niente, ma serva essere degli ottimi lavoratori.

“E un giorno come altri cento _tornano a Livorno

Che è una piccola città _ piena di vento”

(Parenti lontani, Virginiana Miller)

 

D Oltre che musicista anche scrittore : Rinomina, edito da Valigie Rosse è il tuo volume…36 storie da leggere e riflettere…

R Finire RINOMINA mi ha consentito di mettere in pratica qualcosa di diverso. La collaborazione con Valigie Rosse è stata molto bella e emozionante.

L’idea di base è che ci siano 36 dialoghi tra persone la cui identità venga svelata soltanto a fine dialogo. Questa forma di narrativa, tra l’investigazione del lettore e il realismo più puro dello scrittore, mi ha dato la possibilità di dare una voce, un volto a delle riflessioni mie, ancorate chissà dove.

Esperimento riuscito, adesso sto scrivendo un paio di cose nuove. È tutto un embrione, in cui intravedo soltanto qualcosa di interessante, mi piace.

D Daniele, un rimpianto, una occasione perduta, un treno che hai visto partire senza di te…

R Vivo di piccoli rimpianti, ma me li dimentico questo tutti il giorno dopo. Mi piace la mia vita di oggi.

 

D Chi è oggi Daniele Catalucci ?

R Sono appena diventato padre, sono felicissimo, ho una famiglia che si sta creando. Sono in una fase unica e adesso dovrò rinascere intorno a questa nuova dimensione.

 

MASSIMILIANO MAGNI

D Massimiliano Magni, batterista dalla giovane età immagino…per la gioia dei tuoi

coinquilini…

R In verità in tarda età e quasi per gioco. Ho iniziato da bambino ma con il pianoforte che

poi ho abbandonato. Una sera sono andato ad ascoltare le prove di alcuni amici, quelli

che oggi sono i Madame du Bois e dove suono come batterista. Non c’era posto per

sedersi se non sullo sgabello della batteria. Da li a poco il cantante mi ha chiesto di

provare a tenere un tempo per vedere se il brano che avevano scritto funzionava. una nota

tira l’altra ed ho iniziato a battere il ritmo.

D “I Rifugio di Nilo sono un poeta maledetto tre musicisti sfigati” così vi

presentavate al pubblico quando facevi parte appunto dei RdN…traduci please

R L’esperienza dei Rifugio di Nilo è stata una tra le più belle che ho vissuto. 4 personalità

completamente diverse tra loro che si sono messe insieme con la voglia di provare a dire

qualcosa. Beh non siamo mai stati tanto fortunati e quindi ci siamo sempre presi per il

culo. Era come mettere in un sacchetto quattro ingredienti a caso e sperare di tirare fuori

la torta dell’anno. A parte gli scherzi in realtà funzionava molto bene, tutte queste

differenze si sentivano e notavano anche negli atteggiamenti. Nel casino generale si

nascondeva una poesia che non poteva che stare li in mezzo

D 4 amici, ottimi musicisti con la consapevolezza di non voler essere più della

realtà…con la soddisfazione di produrre un fortunato demo, con canzoni importanti come

Giù le mani”, “Inesorabilmente”, “Casomai”…

R Abbiamo scritto molti brani e tutti di getto. Ogni tanto nella sera giusta capitava di

azzeccare il giro giusto, il groove giusto e le parole si incastravano quasi alla perfezione.

Dopo un periodo di fermo abbiamo ripreso a scrivere e quel demo segnava un po il

cambiamento, la voglia di fare sul serio. Sentivamo la voglia di fissare un punto di

partenza più importante quindi abbiamo deciso di andare in studio e provare a dare una

forma a questo progetto con l’aiuto di un nostro carissimo amico, Francesco Landucci de

Il Poderino, che ci ha messo a nostro agio ed ha capito cosa volevamo.

D E si arriva ai Big Monkey…buon sano rock’n’roll, con venature di blues e i piedi

ben piantati nel passato

R I Big Monkey nascono per desiderio di Alessandro, bassista appunto di Monkey e dei

Madame Du Bois.

Ci sembrava un idea che poteva funzionare e abbiamo avuto ragione. Spaziamo dal

rock&roll di Elvis o Jerry Lee Lewis al blues di BB King e cosi via. Una scaletta di 3 ore

e più dove il pubblico si scatena ballando e cantando con noi. Abbiamo ripreso le versioni

più vecchie ed originali per rispettare appunto lo spirito dell’epoca. Questo è un progetto

che ci sta dando tante soddisfazioni e soprattutto ci fa divertire molto.

D E della Lussy Brown & Red Street Band che mi dici ?

R Lussy Brown & Red Street Band è stato un esperimento che purtroppo è durato poco.

Abbiamo fatto qualche concerto e abbiamo avuto una buona risposta dal pubblico ma per

vari motivi non potevamo continuare.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi batteristi da ispirazione ?

R Sono cresciuto con il rock&roll e quindi molti “batteristi da ispirazione” vengono da quel

genere. Mi piace Danny Carey dei Tool ma anche John Bonham dei Led Zeppelin, Phil

Collins come Gavin Harrison dei Porcupine Tree. Ascolto tutto quello che posso e per

ogni genere che suono cerco gli artisti che meglio lo rappresentato. Ho tanto da imparare

e poco tempo per studiare quindi faccio quello che riesco quando posso.

D Progetti futuri, magari qualche pubblicazione, concerti in arrivo ?

R Il progetto più immediato è quello di promuovere il disco che abbiamo inciso con i

Madame Du Bois, Il secondo dall’ingresso del nuovo bassista . Ci abbiamo lavorato tanto

e ne siamo particolarmente entusiasti. Stiamo iniziando a cercare posti dove proporre

brani originali che come sai non è cosi scontato trovarli.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi : Charlie Watts dei Rolling Stones ha

detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo trova

davanti sui palchi di tutto il mondo…qual’è il “tuo culo” ?

R Il “mio culo” è quello di aver incontrato tanti musicisti sulla mia strada e molti amici che

credono in me e apprezzano il mio lavoro. Tra l’altro sono tutti i culi che costantemente

ho davanti mentre suono.

D Massi, un rimpianto, una occasione perduta che ancora oggi di fa “mordere la

mai” ?

R Il rimpianto più grande è quello di non aver capito, quando ho iniziato a studiare, che il

mio strumento era la batteria. Le occasioni vanno e vengono, credo che ci si debba porre

in modo giusto al momento giusto e per la giusta situazione . Se non avessi sbagliato

scelte in passato adesso non suonerei con tutti i miei amici e quindi non farei tutto quello

che faccio oggi.

D Chi è oggi Massimiliano Magni ?

R Sai che non lo so. Sono una persona che cerca ancora la sua strada, che sperimenta tanti

generi che ama ascoltare i suoi compagni mettere insieme accordi e parole. la musica è

una lingua universale e mi piacerebbe saperla parlare bene.

LUCIO TIRINNANZI

D Lucio Tirinnanzi, chitarrista ma anche cantante…da sempre immagino…hai fatto studi classici o autodidatta ?

R Ho imparato a suonare per imitare mio padre che, da piccoli, deliziava me e mia sorella con le canzoni di Lucio Dalla durante le estati al mare. Lui mi ha sempre spronato a imparare, e infatti mi ha regalato le mie prime chitarre, una Clarissa classica e una Epiphone elettrica stile Les Paul. Di maestri veri e propri però ne ho avuti pochi, mi sono sempre arrangiato cercando di carpire i segreti del mestiere da chi ne sapeva molto più di me. Uno di questi è Mirko Russomanno, un vero talento e uno dei migliori esecutori dei Beatles che abbia mai conosciuto. Un altro è Carlo Virzì, musicista tout court che non ha bisogno di presentazioni. Tra l’altro i due suonavano anche insieme prima che li conoscessi, mi sono divertito un mondo con loro, è stato un onore averli avuti come insegnanti inconsapevoli. Quanto alla voce, sono sempre stato un disastro, forse un maestro mi avrebbe fatto comodo, invece improvvisavo alla Dylan, ma con risultati meno epici.

D Il 2000 ti trova membro del gruppo PAM, un quintetto di ottimi musicisti…

R Tutti molto più bravi e preparati di me, alcuni venivano dalla Surf Music, altri dal Rock. Ma quello che ci teneva insieme era l’amicizia, che dura tuttora. Non avrei mai voluto accanto altri se non loro. E finché ho suonato, difatti, non ho mai cambiato gruppo. Quando poi da Livorno mi sono trasferito a Roma, ho iniziato a fare dei live anche da solo o con un trio, ma non era la stessa cosa. Così ho smesso. Mi mancavano i miei amici, di cui il gruppo era solo un aspetto, per quanto centrale.

D Il vostro sound affonda le radici nella musica italiana anni 70 con De Andrè e De Gregori su tutti…ma ci sono anche tracce psichedeliche con le chitarre in evidenza, anche se il folk è da sempre il vostro punto di riferimento…

R Sono sempre stato un fanatico di Bob Dylan, cui De Andrè e De Gregori come noto hanno sempre fatto riferimento, soprattutto il secondo. Di certo, i miei testi sono stati influenzati dalle loro intuizioni e dai loro spunti intellettuali. Ma io sono cresciuto anche con il grunge nelle orecchie, per cui le influenze rock e le chitarre distorte hanno sempre accompagnato ogni arrangiamento delle canzoni dei PAM. Se consideri poi che Nico Sambo, ovvero il chitarrista solista, è sempre stato un cultore della psichedelia, ecco che ne è uscito un Folk Psichedelico (il copyright del nome è del bassista, Alessandro Quaglierini), una trovata originale per la scena livornese del tempo. Addolcito dalle note al piano e organo di Luca Valdambrini, restava comunque molto patchanka grazie alla rudezza di Jody Guetta, un rullo tamburo continuo.

D Avete partecipato a Sanremo Rock e Sounds Cube…una bella soddisfazione…

R Certo, ci siamo divertiti un sacco, avrei voluto che durasse di più e puntavo ad arrivare anche oltre. Ero molto ambizioso all’epoca e credevo tanto nel progetto. Purtroppo, però, al momento di incidere il nostro primo disco, il produttore ci ha per così dire fregato e questo ha minato molto la fiducia nella tenuta del gruppo. Al tempo, inoltre eravamo diventati sei, io abitavo già a Roma. E, in breve, tutto era diventato ingestibile. Forse, oggi che i dischi sono pressoché scomparsi dalla scena, sarebbe andata diversamente. Il ricordo più bello, comunque, resta il concerto a Livorno per la promozione in serie A. Una folla quasi oceanica a sentirci e a incitarci, con il mare sullo sfondo. Indelebile.

D Una volta sciolto il gruppo che è successo, che hai fatto ?

R Sono invecchiato! Mi sono costruito una carriera come giornalista, e oggi sono persino diventato editore. Insomma, sono rimasto nel mondo della scrittura, ma i miei versi si sono fatti articoli e la mia creatività attualmente si esprime più nelle copertine dei libri che in quelle dei dischi. Sono felice, ma mi manca la spensieratezza e la gioia del rock. Mi mancano i live incendiari e le notti intere passate in studio a creare armonie e melodie. Quella magia, insomma, che solo la musica sa donare.

D Oltre alla musica la tua grande passione è per la parola scritta e la carta stampata…se ti dico Oltrefontiera News e Paesi Edizioni che mi dici ?

R Sono le mie passioni attuali. Sono sempre stato interessato alla politica internazionale, e sia la mia specializzazione sia la casa editrice che ho fondato riflettono questi interessi. Oggi mi occupo soprattutto di geopolitica e affari esteri, tralasciando per quanto possibile la politica interna, che trovo triste e persino deprimente. Uno sguardo oltre il nostro ombelico e i nostri egoismi nazionali credo sia doveroso, così come lo è interessarsi agli altri per tentare di spiegare qualcosa di questo pazzo mondo.

D La scena musicale livornese è particolare, dagli anni 50 in poi ha “sfornato” centinaia e centinaia di ottimi musicisti, eppure pochi di loro hanno fatto parlare di sé…cosa manca per poter emergere come succede in altre realtà magari meno prolifiche ?

R Non credo sia così, o almeno non più. Molti nuovi artisti sono emersi o stanno emergendo. Certo, pietre miliari come Pietro Mascagni o appunto Piero Ciampi per restare agli anni 50 e 60 forse hanno toccato vette non più raggiungibili. Però, molti nostri ragazzi si sono fatti strada; penso al Sanremo 2019, dove più di un livornese si è distinto. Io credo che per entrare nell’Olimpo dei grandi della musica servano solo più poesia e più autenticità, proprio perché il talento musicale ai livornesi non è mai mancato. E serve anche un po’ meno snobismo.

D Progetti futuri ?

R Attualmente sono molto concentrato nel portare la Paesi Edizioni al successo che merita e che le auguro, perché abbiamo tanto bisogno di riflettere sul mondo che abitiamo, e in generale abbiamo carenza di cultura. Però, confesso che mi piacerebbe anche fare qualcosa di importante per Livorno, dove le mie radici restano ben solide. Se guardo a come la città sia depressa e decadente nel suo senso deteriore, mi si stringe il cuore. Peraltro, non credo che queste elezioni politiche per il rinnovo di Sindaco e Giunta porteranno ciò che serve davvero alla città. Ovvero un rilancio che metta in evidenza le nostre grandi potenzialità. Non vedo giganti in corsa per le amministrative.

D Lucio, un rimpianto, una occasione perduta, musicalmente parlando, che avrebbe potuto portarti in altre direzioni ?

R Se ho imparato una lezione da mio padre, è proprio quella di non cedere ai rimpianti. Io poi ce l’ho stampigliato nel nome il concetto di non guardarsi indietro: “Tirinnanzi” significa proprio andare avanti ed è quello che ho intenzione di fare. E poi, per suonare e scrivere canzoni, per me stesso o per altri, c’è sempre tempo.

D Chi è oggi Lucio Tirinnanzi?

R In cauda venenum. Hai lasciato la domanda più difficile alla fine, ti posso rispondere così: uno che non intende svoltare a sinistra o a destra per trovare scorciatoie, ma vuole andare diritto finché c’è strada da percorrere. E ne vedo ancora molta di fronte a me.

GABRIELE CENTELLI

D Gabriele Centelli, chitarrista, ma anche tastierista e cantante…

R Sì il mio primo strumento è stato e sempre sarà la chitarra. Ho iniziato a 14 anni, poi è

venuto il canto e infine, approcciandomi alla musica elettronica e ai software moderni,

sono “stato costretto” a dover imparare anche gli strumenti a tastiera.

D Dal 2010 fai parte dei Platonick Dive, come vi siete incontrati ?

R Ho fondato i Platonick Dive con il mio amico e socio di sempre Marco Figliè. Inizialmente,

durante gli anni delle superiori, sperimentando diversi generi e cambiando parecchi

batteristi. Dal nostro incontro con Jonathan Nelli, a fine 2010, è nata la formazione ufficiale

che tutti conoscono e che ci ha portato a pubblicare tre album e compiere tour in Europa e

Stati Uniti.

D Il vostro è un sound particolare, siete una specie di ricercatori del suono, la vostra

musica è una miscela eclettica di Postrock-Electronica…

R Esatto, ci definiamo degli sperimentatori, dei disegnatori di suoni. Il nostro sound è sempre

stato in continua evoluzione. Non ci piace fare e suonare sempre le stesse cose, riteniamo

che l’evoluzione e la maturazione musicale, così come quella dell’essere umano, sia la base

del nostro percorso artistico, da cui partoriamo sempre nuove idee e nuovi percorsi.

D Avete pubblicato due album tra il 2013 (Therapeutic Portrait&) e il 2015 (Overflow)

in cui avete proposto un post-rock moderno con molta elettronica e penso anche (“Social

Habits”) nell?anno appena passato, soddisfatti ?

R Certo, come detto, il nostro è un percorso in continua evoluzione. Siamo in perenne

movimento artistico. “Social Habits” è la perfetta sintesi di quello che siamo come band,

quello che ci ha portato ad iniziare questo viaggio di “terapia musicale”.

D Sul palco avete un grande impatto visivo, questo vi ha portato in giro per l’Italia ma

anche in tournee in Austria, Germania e Belgio…una bella soddisfazione

R Il live è sempre stato una dimensione perfetta di noi come band e come esseri umani, dove

esprimiamo le nostre emozioni e i nostri flussi. Suonare e venire apprezzato in giro per

l’Europa è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Non vogliamo fermarci.

D Progetti futuri, qualche concerto magari in città?

R I nostri fan sanno che il nostro percorso è in continua evoluzione e quindi possono

aspettarsi di tutto. Scriviamo sempre nuova musica, anche se ogni tanto è giusto fermarsi a

riordinare le idee e capire a fondo l’importanza di ciò che stiamo facendo. Concerti a

Livorno? Purtroppo non è mai facile. Facciamo una musica particolare che richiede una

dimensione un po’ speciale.

D Gabriele quali sono i tuoi punti di riferimento, i musicisti che “imitavi” fin da bambino ?

R Ho iniziato a suonare la chitarra il giorno stesso che ho ascoltato i Nirvana per la prima

volta. Quindi tutta la scena grunge e alternativa americana anni 90’ è stata per me motivo

di grande crescita e cultura nell’adolescenza. Fuori da questa scena direi che i miei punti di

riferimento musicali siano i Cure, i Pink Floyd, i Led Zeppelin se dobbiamo parlare di storia

del rock’n roll. E poi ovviamente il post-rock internazionale con band come Mogwai ed

Explosions In The Sky e tutto il mondo della musica elettronica delle ultime due decadi:

nomi come Radiohead, Apparat, Four Tet.

D Conoscete bene realtà diverse dalla nostra, anche all’estero…che ne pensi della

situazione musicale livornese, molti ottimi musicisti ma…

R Molti ottimi musicisti ma purtroppo grandi e famosi solo a casa loro. Così è stato fino a

poco tempo fa, anche se continua ad esserlo nella maggior parte dei casi. Per fortuna che

da poco tempo, complice la digitalizzazione del sistema, la nuova fruizione del prodotto e

dell’esperienza musicale in sé, si stanno aprendo nuove speranze e nuove idee. Alcuni

musicisti livornesi stanno trovando ottimi sbocchi e stanno esportando la loro musica a

livello nazionale e non. Quindi in bocca al lupo ai più meritevoli, a chi crede davvero in

quello che fa, chi ci mette il cuore e tira fuori tutto se stesso.

D Tutti noi abbiamo un rimpianto per non essere saliti su quel treno che si era fermato

proprio davanti a noi…dove andava il tuo ?

R Se il mio è passato, sono sicuro di esserci salito e di non essermi ancora fermato.

Se ancora non è passato, vuol dire che il meglio deve ancora arrivare.

D Chi è oggi Gabriele Centelli ?

R Un giovane uomo che fa musica a 360 gradi. La musica occupa gran parte, se non

totalmente, della mia vita. E’ il primo pensiero al mattino e l’ultimo pensiero a notte fonda.

L’esperienza maturata in questi anni mi ha reso un musicista ancora più determinato,

consapevole della mia forza e dei miei limiti. Quindi non mi fermo, ma voglio continuare