STEFANO ONORATI

D Stefano Onorati, pianista immagino fin da bambino.

R Ho cominciato a suonare il piano appena sono diventato abbastanza alto da arrivarci – fino a quel momento suonavo l’organo Bontempi

D Ovviamente hai fatto studi classici…

R Si ho studiato classica con diversi insegnanti nel tempo e in maniera non continuativa, ma nonostante fossi già avviato alla carriera jazzistica, mi sono diplomato

D Suoni jazz professionalmente dal 1993, anno in cui inizia la tua collaborazione con il sassofonista Gianni Basso…

R Si. Ho incontrato Gianni nel 1993 a Livorno e per me fu il primo concerto da professionista. Gianni conosceva veramente un’infinità di brani a memoria e rimase colpito dal fatto che giravo con un foglio con una lunga di lista di titoli che sapevo a memoria. Con me si divertiva a suonare soprattutto in duo dal momento che poteva suonare brani che spesso altri non conoscevano.

D E prima che hai fatto ?

R Fino al 1992 sono stato studente di Siena Jazz, è passato molto tempo, adesso sono 10 anni che ci insegno. Avevo un po’ di situazioni musicali con amici e coetanei che come me volevano imparare a suonare al meglio.

D Stefano Onorati Quartet, Three Lower Colours, Reunion Big Band, Vertere String Quartet, MilleNovecento, Big Band di Barga jazz, queste le tue band, e credo di averne omesse alcune, da tutte hai ricevuto e dato…

R Posso dire genericamente che da tutte le situazioni a nome mio o gruppi in cui sono stato co-fondatore, ho ricevuto tantissimo, esperienza, maturità, crescita. I gruppi si costruiscono principalmente perché sai che con certi musicisti oltre al lato musicale, c’è tutto un lato umano da esplorare e che ovviamente non è isolato poi da ciò che succede. Vorrei menzionare anche il mio trio con Senni e Paoli e aggiungere il nuovo quartetto la cui paternità condivido con Fulvio Sigurtà che si chiama Singularity (insieme a Gabriele Evangelista al contrabbasso e Alessandro Paternesi alla batteria).

D Hai suonato in tutta Italia e Turchia, Svizzera, Germania, Olanda, Francia, Slovenia, Inghilterra…cosa ti è rimasto di queste splendide “avventure” ?

R Suonare all’estero è sempre molto eccitante perché i musicisti italiani sono sempre benvoluti dal pubblico straniero. E’ emozionante pensarci e quindi è come se fosse una sfida ulteriore a dare il massimo possibile.

D Non contento insegni al Conservatorio di Rovigo dal 2007 e al Siena Jazz University dal 2012…

R Al conservatorio di Rovigo sono come se fossi a casa. Insegno là da 15 anni ormai e da 7 sono capo dipartimento, il che vuol dire un sacco di impegno in più per l’organizzazione e anche per la produzione visto che mi occupo anche di organizzare due Festival e il Premio Tamburini.

D Ovviamente il jazz è nel tuo DNA, ma trovi il piacere ad ascoltare altri generi ?

R Assolutamente si, ma non mi limito ad ascoltarli. Mi piace sempre di più la sperimentazione elettronica, passo molto tempo in studio a sperimentare e creare cose. Sto lavorando ad un album ambient e collaboro con diverse situazioni di musica elettronica ad alto livello. Mi sto occupando anche della produzione di un disco di rock progressivo, mi ritengo un musicista con una mentalità molto aperta e una visione a 360 gradi. Anche con i miei studenti mi diverto ad andare oltre ai generi e alle classificazioni.

D Quali sono i tuoi mostri sacri, i pianisti che ti hanno fatto innamorare dello strumento?

R Innanzitutto i miei mostri sacri non sono soltanto pianisti. Quando a tre anni ho cominciato a mettere le mani su un piano vero, passavo molte ore ad ascoltare mio padre che è sempre stato un “Gershwin” dipendente, perciò già da quell’età ho cominciato ad imitarlo e a cercare di riprodurre quei brani. Durante l’adolescenza invece sono stato affascinato dal periodo fusion, soprattutto Chick Corea e i Weather Report per poi passare allo studio e all’ascolto di due pianisti che hanno avuto una grossa influenza su di me e cioè Bill Evans e Keith Jarrett. Il mio mostro sacro totale e assoluto è e resterà sempre Bach. Ovviamente ci sono altri artisti che sono stati fondamentali per la mia crescita, Miles Davis, Wayne Shorter, Kenny Wheeler, John Taylor. Attualmente non posso essere indifferente alla grandezza di pianisti come Brad Mehldau e Fred Hersch.

D Tutti noi abbiamo un rimpianto che a volte torna prepotente…non essere saliti su quel treno che aspettava solo noi ci fa ancora arrabbiare…dove andava quel tuo treno?

R Come tutti ho perso diversi treni per vari motivi, ma non ho rimpianti perché il mio principale scopo è cercare di essere me stesso. Magari alcuni treni mi avrebbero portato più lontano di dove sono adesso, ma forse ancora più lontano da me stesso, perciò, pensandoci bene, forse sono contento così.

D Chi è oggi Stefano Onorati ?

R Posso dirti chi sono oggi, ma domani vorrei magari essere altro. Non voglio stare fermo, voglio andare avanti e riuscire ad evolvermi ancora. Guardandomi indietro (anche per colpa della mia età) vedo che di cose ne ho fatte tantissime e sono contento di averle fatte e che molte di queste hanno decisamente contribuito a farmi diventare quello che sono adesso. Sicuramente sento di avere ancora molto da dire e da fare e quindi lo Stefano di oggi è proiettato verso i nuovi progetti ed altri che arriveranno e che ancora non conosco…..

MATTEO TRIPODI

D Matteo Tripodi, violista…come e quando nasce in te l’amore per questo strumento?

R L’amore per la viola nacque quando avevo 13 anni. Durante la seconda media conobbi la violista Simona Ciardini, che era venuta alla scuola media “G. Borsi” per fare una supplenza all’allora professoressa di violino Rita Bacchelli. Alla fine dell’anno scolastico entrambe mi consigliarono di entrare nella classe di viola dell’Istituto “P. Mascagni”. Da lì il mio amore per questo strumento esplose grazie agl’insegnamenti di colui che fu il mio primo maestro di viola, Riccardo Masi.

D Naturalmente hai fatto studi classici…

R Il mio percorso di studi è iniziato nell’ottobre del 2007 e si è concluso nell’ottobre del 2020. Fino all’ottobre del 2015 ho frequentato l’Istituto “P. Mascagni”, studiando prima con Riccardo Masi e poi Dorotea Vismara; dal novembre dello stesso anno fino al giugno del 2017 ho frequentato il Conservatorio “Cherubini” di Firenze, dove sotto la guida di Augusto Vismara ho conseguito il diploma di vecchio ordinamento con voto 10. Dall’ottobre del 2017 mi sono iscritto al biennio di specializzazione in viola all’Istituto “P. Mascagni”, dove ho studiato prima con Stefano Trevisan e poi con Agostino Mattioni; nell’ottobre del 2020 ho conseguito la laurea di II livello con votazione 110 e Lode.

D Attualmente fai parte dell’Ensemble Bacchelli, un’Associazione Musicale che ha lo scopo di promuovere lo studio, l’approfondimento, la pratica della musica …bella esperienza…raccontaci…

R L’”Ensemble Bacchelli” è nato nel 2005 come gruppo d’archi formato da Rita Bacchelli ed alcuni suoi ex allievi della scuola media. Il mio viaggio con l’”Ensemble Bacchelli” è iniziato nell’estate del 2007, e continua tutt’oggi, dove negli ultimi anni sto ricoprendo il ruolo di prima viola e solista. L’Associazione come tale è nata nel 2008, mentre i corsi sono attivi da una decina di anni. Questi corsi sono chiamati LEB (laboratori dell’Ensemble Bacchelli”) e prevedono sia corsi singoli di strumento sia vari gruppi: l’orchestra Junior (che prevede allievi fino ai 12 anni), l’orchestra Young (con allievi dai 13 anni in su) e il coro. Queste realtà si esibiscono sia da sole sia insieme all’orchestra principale.

D La viola è impiegata principalmente nella musica classica, sia come strumento solistico (anche se è meno comune in questo ruolo rispetto ad altri strumenti della sua famiglia, come il violino o il violoncello), sia in orchestra, nel quartetto d’archi e in svariate formazioni cameristiche…immagino che sia questo il tuo genere preferito.

R Sì, in effetti questo è il mio genere preferito e amo moltissimo suonare la musica da camera, anche se il mio sogno nella vita è quello di riuscire ad entrare in un’orchestra sinfonica stabile.

D La viola ha un ruolo significativo nella musica tradizionale di alcuni paesi europei, in particolare nella cultura ungherese e rumena, mentre si tratta di uno strumento non comune nella musica leggera, nel rock o nel jazz, mentre altri strumenti, tradizionalmente “classici” come il sax e il violino trovano impiego in questi generi…come te lo spieghi?

R La predilezione per certi strumenti si può riscontrare per vari motivi: acustici, di timbro e anche per la cultura di appartenenza dei gruppi che scelgono di utilizzarli. Uno strumento che può essere riconosciuto facilmente all’orecchio ha più possibilità di essere utilizzato. Per esempio, la viola è stata utilizzata meno degli altri archi come solista perché a livello di ottava si trova in una posizione mediana tra il violino che è il soprano e il violoncello che è il tenore. Invece, le viole tradizionali dell’est sono utilizzate principalmente per accompagnare, infatti, a differenza degli strumenti ad arco occidentali hanno il ponticello sprovvisto di curva.

D Durante la giornata non c’è mai posto per un po’ di rock’n’roll?

R Per quanto il mio genere preferito sia la musica classica (che in realtà si chiama musica colta occidentale), io ascolto tantissimo anche gli altri generi musicali: alcuni tra i miei gruppi preferiti ci sono i The Beatles, i Metallica, Skillet. In più amo tantissimo le canzoni dei classici Disney.

D Quali sono stati i tuoi punti di riferimento, i violisti che ti hanno lasciato “a bocca aperta”?

R I miei violisti preferiti sono: William Primrose, Paul Hindemith, Yuri Bashmet, Tabea Zimmermann e Amihai Grosz. In particolare, Primrose è stato colui che nella prima metà del ’900 ha ridato dignità alla viola come strumento solista, che era stata accantonata dai compositori del periodo romantico.

D Immagino che tu abbia suonato in molti teatri e in scenari stupendi…quali ricordi in maniera particolare?

R Alcuni dei luoghi in cui mi sono esibito sono ovviamente il teatro Goldoni con l’orchestra del teatro e dell’Istituto “Mascagni”, il teatro del Maggio musicale fiorentino e il teatro Verdi di Firenze dove ho suonato con l’orchestra del conservatorio Cherubini, il teatro Verdi di Pisa dove ho suonato con l’orchestra Archè. Altri posti meravigliosi dove ho suonato si trovano in Spagna, dove mi sono esibito in quartetto d’archi e quintetto con la chitarra per uno scambio culturale organizzato dal Rotary club. Tra i vari luoghi dove abbiamo suonato ci sono il Conservatorio Reale di Madrid e quello di Vigo.

D Tutti noi abbiamo un rimpianto che ogni tanto riemerge, anche se sei molto giovane, musicalmente parlando, qual è il tuo?

R Sinceramente, sono soddisfattissimo del mio percorso di studi musicali e del percorso artistico che sto affrontando, rifarei ogni scelta intrapresa fino ad oggi. Al massimo un giorno mi piacerebbe conseguire anche una laurea in violino, ma sarebbe più un capriccio personale che un rimpianto nato dopo il passaggio alla viola.

D Chi è oggi Matteo Tripodi?

R A livello professionale oggi sono uno strumentista che suona in varie orchestre della Toscana e un’insegnante di violino in alcune scuole private di Livorno e Pisa; a livello umano sono un bambino troppo cresciuto che cerca di divertirsi, di divertire ed emozionare le persone grazie al lavoro più bello che possa esistere.