SIMONE DI MAGGIO

D Simone Di Maggio, tastierista, anche se

un pò riduttivo…

R Poteva sembrare, ma non è così. Ho

cominciato con le corde, poi PC ed annessi

controller MIDI… Se ti riferisci alla tastiera del

computer, quella tanta anche ora.

D A memoria mi sembra di ricordare che il

tuo primo gruppo fossero gli Almayer…

R Che memoria! E’ stata la mia prima band

importante alla quale lego un periodo

fantastico della mia vita: le prime registrazioni

e la compilation 15 Italian Dishes – la curai io

dando vita a Raving records, insieme ad

Alessandro Baris dei Comfort. Il picco degli

Almayer fu il tour con i The Lapse di Chris

Leo: una settimana incredibile e l’inizio di

un’amicizia.

D Poi nel 2003 il gran salto negli Appaloosa,

band storica livornese…raccontaci

R La loro sala prove era accanto alla nostra e ci

conoscevamo – a fine anni ’90 davanti al

mercato centrale, sottoterra, c’erano i fondi

delle migliori band del periodo. Io ero in fissa

per la musica elettronica già da un po’ e avevo

comprato il mio primo mac portatile,

cominciando a fare le mie prime cose: i

ragazzi mi chiesero di fare qualche pezzo con

loro e accettai. Cominciai a fare qualche

concerto (la quinta o sesta data fu sul palco

grande di Arezzo Wave prima dei Cypress

Hill !) e cercai di partecipare sempre di più alla

realizzazione dei brani, finché non entrai a far

parte del gruppo in pianta stabile. Potrei dire

che l’ufficialità arrivo con la pubblicazione di

“Non posso stare senza di te” (Urtovox, 2005).

D Nel 2005 intraprendeste anche un piccolo

tour in Spagna, nei Paesi Baschi…una bella

soddisfazione…luogo penso non scelto a

caso…

R Avevamo amici sia a Bilbao che a Madrid che

ci proposero di suonare lì. Fu un’esperienza

favolosa e la prima volta che abbiamo

annusato una realtà diversa da quella

nazionale. Il locale di Bilbao era un centro

culturale e praticamente non chiudeva mai,

dalla colazione alla discoteca. E mi innamorai

di Madrid.

D CD (Savana, The worst of Saturday night),

tour in Germania, Francia, Svizzera oltre

naturalmente all’Italia, Livorno compreso…bhè,

non male…

R Sì, una bella avventura. Abbiamo mangiato

tanti kilometri e incontrato centinaia di

persone, in occasioni importanti o al limite

della decenza; abbiamo condiviso trionfi e

sconfitte: ho imparato molto andando in giro

con gli Appaloosa e in certi momenti ho

provato un senso di libertà che mi fa ancora

sentire un privilegiato… Non è mai stata una

questione di fama, tantomeno di guadagno:

era magia.

D Nel 2014 lasci la band…che successe ?

R Era il momento di farlo. I ragazzi avevano

bisogno di girare sempre di più per vivere di

musica (fermarsi sarebbe stato un disastro),

ma il mio lavoro non me lo permetteva: li avrei

ostacolati. Così decisi di lasciare, ma volevo

farlo con la coscienza a posto. Prima registrai

‘The Worst of Saturday Night’, disco del quale

vado ancora fiero e che rappresenta un

cambio radicale per gli Appaloosa. Poi feci una

ventina di concerti di promozione al disco e

infine passai la palla a Dyami, consegnando le

mie parti musicali e pure il mio controller. I

ragazzi si incazzarono un bel po’ all’inizio, ma

poi capirono e sono riusciti a raggiungere altri

traguardi. Per me furono due anni di stress

psicologico pesantissimo che mi son sempre

tenuto per me, ma credo di aver fatto la scelta

migliore per tutti e ci vogliamo anche più bene

di prima: gli Appaloosa sono una famiglia.

D Una carriera solista fino al recente

dimaggiobaseballteam …tutto ok ?

R In realtà dimaggiobaseballteam nasce nel

2003 come progetto solista di musica

elettronica e songwriting, ma nel tempo è

diventata la “firma” di tutta la mia produzione

creativa, a prescindere dal formato utilizzato

(audio, video, scritto, disegnato e quant’ altro

capiti). Di certo non sono stato costante: gli

Appaloosa, la vita da insegnante precario –

finita, per fortuna – e quella privata bastavano

e avanzavano a riempire le giornate. Però, in

proporzione, ho avuto le mie soddisfazioni

dilatate in quasi 20 anni e sicuramente è la

versione che meglio mi racconta.

D Recentemente ti sei esibito per streaming

al Goldoni, passata la tempesta Covid quale

progetto, altri concerti, altre esperienze in

gruppo ?

R Diciamo che il Covid è stato l’input per capire

quanto sia doveroso curare il proprio lato

espressivo, un’ancora di salvezza

irrinunciabile oramai. Così ho deciso che è

arrivato il momento di uscire allo scoperto e

pubblicare il mio materiale prima di diventare

la leggenda di me stesso. l’8 Dicembre 2020

ho pubblicato “from 0 to 2”, un EP di tre brani

strumentali che documentano e fissano questi

anni passati a stretto contatto con i mie due

figli: ci saranno almeno altre 2 uscite su

questa linea nei mesi prossimi.

Sto anche lavorando da un po’ a un disco di

canzoni a cui tengo molto: al Goldoni ho

suonato ‘Hunger’, ma c’è una versione electro

pubblicata sulla Compilation WeLoveLivorno

2020: risale al 2015 ed è stata prodotta

insieme a Simone Lalli (Autobam).

Infine sto collaborando con l’associazione

8mm1/2 che restaura e digitalizza pellicole –

siamo coinquilini in un coworking che si

chiama Spazio, un’oasi creativa in città.

Per ora mi fermo qui.

D Simone quali sono i tuoi mostri sacri, i

musicisti che adoravi fin da bambino ?

R Se si parla di venerazione, indubbiamente i

Fugazi: la loro energia non ha pari, così come

il loro essere autentici, umili e profondamente

umani. Conservo ancora gelosamente una

cartolina di risposta scritta a macchina da Ian

MacKaye in persona – l’ho anche intervistato 2

volte per GruMuLi, la fanzine che facevo a

Livorno per documentare la scena cittadina di

fine ’90.

Per il resto, ci provo: The Smiths, Pavement,

June of 44, Brian Eno, Robert Wyatt, Boards

of Canada, Bob Dylan, Teebs, Dj Shadow,

Arcade Fire… Ho passato più ore dentro a

Wide Records che a lezione a Pisa.

D Tutti noi ci “mangiamo ancora le mani” per

non essere saliti su quel treno che aspettava

solo noi…invece…dove andava il tuo ?

R Bologna o Siena, per studiare Scienze della

Comunicazione, cominciare una vita da

studente fuori sede e poi andare all’estero. Un’

altra coincidenza persa andava a Londra con

gli Appaloosa e un’altra ancora in uno studio di

registrazione qualsiasi a fare un disco con

Almayer – credo ancora che ce lo saremmo

meritato.

Faccio del mio meglio per non avere

rimpianti… e come diceva il mio prof di

filosofia, “con i SE e con i MA non si fa la

storia”.

D Chi è oggi Simone Di Maggio ?

R Un insegnante di Inglese e un genitore felice

che, specialmente di questi tempi, crede sia

doveroso perdersi nei sogni per opporsi alla

pesantezza della realtà ed espandere la

propria prospettiva. Di questo si occupa il

coach di dimaggiobaseballteam, tenendo a

freno la schizofrenia.

DARIO PALUMBO

D Dario Palumbo, bassista. Chitarrista mancato o scelta d’amore?

R ..al momento scelta d’amore, ho suonato e suono tutt’ora la chitarra in altre band ma mi piace suonare qualsiasi cosa si possa suonare, basso compreso!

D Fai parte del gruppo The United Disaster Inc., ottima band, suono potente…come è nato questo sodalizio ?

R ..diciamo che è nato per un puro caso, ci conosciamo da più di 20 anni ed abbiamo già suonato insieme (io Gabri e Ale) nel progetto ‘Valetudo’ che poi diventò Cheeck Muff, mi pare intorno al ’98/’99, io in quel progetto avevo il ruolo di dj, al basso avevamo il mitico Ale Paveri che adesso è volato a far carriera negli States. Insomma un giorno incontro Gabri (Urzi) che aveva tirato su questo nuovo progetto ‘United Disaster’ con Ale Lera (Demonoid) alla batteria e Massimo Balducci (Mazmu) alla voce ma non avevano un bassista, avevano una data già pronta al Cage per il Livorno Music Awards e non sapendo come fare mi proposi per imparare i brani (al momento solo 4) per quel concerto.. poi ci siamo trovati bene e non li ho più lasciati!

D Il vostro suono possiamo definirlo Rock Garage incazzato…è anche il tuo genere preferito?

R ..non credo di avere un genere preferito, riesco ad ascoltare e mi piace di tutto, dal punk al rock al metal alla techno alla house all’hip-hop al cantautorato italiano all’ambient.. l’unica cosa che digerisco poco è l’ultima ondata di italiani trap.. ci ho provato ma proprio..

D Prima degli United hai fatto parte di altri gruppi ?

R Snathings / Chromosomes / Valetudo / Rayo Hormiga / Project 00 / Five Impossible Dreams.. meglio che non scrivo niente su tutto quello che ho fatto prima perchè potresti farne un libro!
Comunque adesso oltre agli UD sto suonando la chitarra in una punk rock band Rosignano/livornese, gli Alpha Zombies, ne sentirete parlare!

D Ci sono alcuni bassisti che hanno fatto la storia del rock…quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi mostri sacri?

R Sinceramente non saprei, da giovane ammiravo Steve Harris per il suo modo di suonare e stare sul palco, tra gli amici sicuramente Simone Luti e Daniele Catalucci per la loro tecnica e personalità.

D Progetti futuri, idee in cantiere? Magari un cd o concerti appena possibile ?

R Come United Disaster avevamo tante cose in pentola tra pezzi da registrare e concerti da programmare, ma ovviamente in questo periodo tra Covid e impegni familiari è tutto congelato..

D Se non sbaglio oltre a musicista hai fatto anche il DJ…

R Ho iniziato a ‘girare’ i vinili alla fine degli anni ’80 mentre imparavo a suonare la chitarra, il debutto nel mitico ‘Club Imperiale’ nel 1992 dove sono rimasto purtroppo per un solo anno causa militare.. dopo una breve sosta dove alternavo inverni in giro con i Chromosomes e estati all’Elba per lavoro, ho ripreso l’attività nella mia città città (The Cave, Tijuana club, the Cage) e poi pure in giro tra Frau, Jaiss e molti altri

D Livorno e la musica…in città ci sono stati e ci sono migliaia di ottimi musicisti eppure…cosa manca per fare il salto di qualità…è solo colpa del nostro carattere ?

R ..visto il panorama di quello che sta uscendo in ambito musicale mi verrebbe da dire che forse siamo di un livello troppo elevato per gli standard.. in realtà forse è perchè magari non ci crediamo abbastanza, o siamo pigri, o sfortunati, o una somma di tutto, o anche no..

D Ognuno di noi si mangia le dita per non esser voluto salire su quel fatidico treno che aspettava solo noi…musicalmente parlando, dove andava il tuo ?

R Mah.. ogni tanto penso che se non avessi fatto il militare sarei potuto essere un dj famoso (quando giravo per Grosseto durante la naja spesso mi fermavano per chiedermi cassette e autografi!)

D Chi è oggi Dario Palumbo?

R Un babbo sui 50 anni che lavora 10 ore al giorno e nonostante tutto trova il tempo per le sue passioni musicali con la speranza che qualcun’altro della famiglia porti avanti la tradizione!