Molti inizierebbero questa riflessione sul nuovo lavoro di Bruce Springsteen “Letter to you” con un bel “Springsteen ha fatto il disco che non ti aspetti”…io invece me lo aspettavo eccome.Aspettavo il ruggito del vecchio leone che sconquassa la foresta, il graffio con l’artiglio, la zampata potente. “Letter to you” è un signor disco. Certo i “duri e puri”, quelli che si sono fermati a Darkness e The River non saranno d’accordo ma invece il Boss è riuscito ad avvicinarsi moltissimo ai già citati lavori…direi distante solo una incollatura .Certo non è più il ragazzo “nato per correre”, neanche quello che “va al fiume”, oggi è un padre che si commuove per la cerimonia di investitura del figlio nel New York Fire Departemnt (non un dirigente da Rockefeller Center..), è l’uomo che si accorge dell’inesorabile passare del tempo, che prende atto che lui è l’unico superstite di quella che fu la sua prima band da ragazzo, i Castiles, che si guarda allo specchio e vede che i suoi capelli sono sempre meno e colorati di fili d’argento.Ancora una volta chiama intorno a sé i suoi amici di sempre , non scordando mai, neppure per un istante chi non è più con loro, la E Street Band e…la magia continua.Il suono è quello di sempre, potente, con Roy Bittan, il Professore, sugli scudi, ma è tutto il gruppo che lascia ancora una volta il segno.Bruce non inventa nulla perchè non c’è niente da inventare…questi amici miei, volenti o nolenti è il rock; quel rock che deve mettere insieme le semplici note di sempre, con testi all’altezza, che da emozioni, in barba a chi cerca assolutamente il nuovo, il di più, finendo per essere non più un musicista ma un fine elettricista.Un solo rammarico, il sapere che il tour di supporto al disco avrebbe avuto il suo concerto di apertura a Milano, dove questo nonnetto sicuramente ci avrebbe sfinito, stancato, fatto sudare con le sue solite 3 ore e mezzo di concerto…e lui lì, sul palco…Ce ne fossero vecchietti così.