D Francesco Carone, tastierista…una passione nata da giovanissimo immagino…
R
Si, la mia passione l’ho scoperta all’età di 5 anni
quando mio padre le domeniche mattine mi svegliava con il suono
delle musiche dei Pink Floyd. Ricordo sempre quei momenti e la magia
di quei suoni. Sin da subito capii che nella musica c’era qualcosa
di
profondo
e di estremamente bello.
D Hai
fatto studi classici o sei autodidatta ?
R
Ho iniziato con gli studi classici di pianoforte all’età di
7 anni per poi continuare in Accademia con la composizione e la
musica moderna dai 14 anni.
D Nel
tuo profilo Facebook si legge : Musicista presso Hanhuitar Project,
Musicista presso Impress, Musicista presso IndipendentTrio,
Tastierista presso The Steady Groovers…a Livorno si dice “uni
stai mai fermo”. A parte gli scherzi riesci benissimo a
conciliare più impegni contemporaneamente ?
R
La musica oggi per me non è solo un mestiere, è
principalmente un divertimento e ciò che più amo è trovarmi in
situazioni molto diverse tra loro musicalmente in modo da poter
arricchirmi sempre più. Suonare più generi differenti è un forte
stimolo per me.
D Prima
hai fatto parte di altri gruppi ?
R
Si ho iniziato a 16 anni a suonare musica Rock con la mia
prima band ma poi ho interrotto per via degli studi musicali.
D Il
mondo del rock e soprattutto un certo genere di rock, dagli anni 70,
non può più fare a meno dell’apporto delle tastiere…come ti
spieghi questo fenomeno per uno strumento che innegabilmente è nato
per far parte di tutt’altro mondo musicale ?
R
Le tastiere e i sintetizzatori sono l’evoluzione del
pianoforte ma sono comunque strumenti molto diversi. Il pianoforte è
uno strumento completo e proprio per questo motivo riesce ad essere
inserito in moltissimi generi musicali.
D Quali
sono i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando, i tuoi
mostri sacri, le tue fonti di ispirazione ?
R
In realtà ce ne sono moltissimi, però per citare qualche
nome: Oscar Peterson, Keith Jarrett, Michel Petrucciani, Ennio
Morricone, Cory Henry, Nils Frahm, M83.
D Progetti
futuri, qualche concerto con una delle tue numerose band, magari in
città ?
R
Al momento, vista l’emergenza sanitaria, stiamo lavorando
in studio aspettando la ripartenza di tutti i concerti in Italia e
all’estero.
D Oltre
a essere un ottimo musicista sei anche un Insegnante di pianoforte e
tastiere presso Cantiere Madaus e Insegnante di pianoforte e
tastiere presso Do Re Mi…
R
Negli ultimi anni mi sono dato anche all’insegnamento
presso le scuole di musica: “Cantiere Madaus”(Lari), “Do Re
Mi”(Castellina Marittima) e “Rock Village”(Pisa). Insegnare mi
da una grande soddisfazione perché in molti allievi rivedo il
bellissimo percorso che ho fatto diversi anni fa.
D Come
tutti avrai anche te sicuramente un rimpianto che ogni tanto
riaffiora e ti fa ancora arrabbiare…una occasione perduta…
R
Fortunatamente non sento di avere rimpianti. Penso che il
mestiere del musicista sia un mestiere privilegiato.
D Chi
è oggi Francesco Carone ?
R
Un musicista che cerca di trasmettere alle persone il potere
della musica, che ogni volta, va ben oltre a quello che ci si
immagina.
“Rough and Rowdy Ways”…finalmente, dopo tanta attesa il nuovo lavoro di Bob Dylan. Prima di scrivere qualcosa ho voluto ascoltarlo, ascoltarlo e riascoltarlo. Dopo le prove da “crooner” era il disco che stavo aspettando. Alla soglia degli 80 anni il vecchio Bob è riuscito ancora a stupirmi, farmi riflettere, farmi venire la pelle d’oca. Bob ha accompagnato tutta la mia vita, da adolescente fino ad oggi che ho i capelli color argento, da quando ragazzino andavo alle medie ad oggi che ho l’età per essere un nonno. Lui c’era sempre, c’è sempre stato…ha accompagnato le mie gioie e le mie sofferenze, i miei momenti di felicità e di turbamento, ha dato risposte a molte mie domande, attraverso la sua musica e le sue parole spesso mi ha portato “oltre” e ne sarò sempre grato. Spesso ho abbinato momenti della mia vità a sue canzoni…per ricordarli meglio… Rough and Rowdy Ways è un grande disco, un disco figlio dell’età di chi l’ha composto: Bob non è più il trascinatore sulle barricate, il giovane combattente contro “l’impero del male” e l’ipocrisia…oggi è il vecchio saggio che punta il dito, che ti infiamma con lo sguardo, che ti sgretola senza toccarti. E’ il nonno che racconta ai nipoti la sua vita e cosa ha visto e vissuto, i personaggi che li sono camminati accanto, i fatti tremendi a cui ha assistito, come è cambiato (ma sarà poi vero ?) il mondo in tutti questi anni. Le canzoni sono scarne, essenziali ma accompagnate da una intera orchestra che altro non è che la sua voce…profonda, calda, ammaliante. Canzone che ti sgraffiano l’anima, ti trafiggono il cuore e, inutile negarlo, mi hanno rubato una lacrima e un po’ di commozione (Key West su tutte). Rimarrà sul palco fino alla fine…ne sono certo…deve essere così… Alla prossima Bob.
D Samuele Brandini chitarrista dalla tenerissima età…
R R- dunque ,ho iniziato a suonare non
prestissimo, a 16 vidi la chitarra di un mio compagno di liceo ,una
Stratocaster nera, e li ci fu il colpo di fulmine. I primi anni ho
studiato poco, sono autodidatta, negli ultimi anni mi son messo un
po’ sotto con gli studi, cercando di recuperare.
D Fai parte dei Wicked Desire, bella
band, potente…come sei entrato a far parte di questo gruppo ?
R Entrai a far parte dei Wicked come
sostituto… si e’ creato subito un grande legame; in particolare
con Riccardo Bolognini,batterista, per me come un fratello, siamo
sempre rimasti costantemente in formazione.
D All’inizio il gruppo era legatissimo
all’hard rock, poi con l’avvicendarsi di membri all’interno dello
stesso, senza mai lasciare le sane e vecchie radici, avete iniziato
ad esprimervi anche in italiano oltre all’inglese naturalmente…cosa
ha portato a questa scelta ?
R Con i Wicked ci sono stati tanti
avvicendamenti di formazione e di conseguenza varie flessioni come
orientamento, abbiamo anche provato con testi in italiano per essere
più alla portata del mercato in Italia: e’ molta dura ,la ragione
principale per me e’ che non c’e’ richiesta ed interesse verso
la musica originale inedita.
D I Wicked e l’hard rock…ma quale è
il tuo genere preferito e quali i tuoi chitarristi di riferimento ?
R Io amo tanto il Blues, da sempre, ma solo in questi ultimi anni mi son messo a studiarlo e suonarlo in giro con varie band. Tra i miei preferiti i tre RE , BB king, Albert King e Freddy King,e poi Steve Ray Vaughan, e più contemporanei John Mayer, Kenny Wayne Shepherd, Philip Sayce. Una cosa importante per me ,e’ l’influenza che ho avuto fin dal inizio e tutt’ora, da un chitarrista “nostrano”,Bob Luti verso il quale ho una grandissima stima :ha un suono magico che mi ispira tanto.
D Progetti futuri tuoi e della band ?
Un nuovo cd ? Concerti in vista pandemia permettendo ?
R Con i Wicked non suonano insieme da
quasi 2 anni ,al momento non abbiamo progetti …ma chissà ,prima o
poi un qualcosa si farà’.
D Vi siete esibiti a Livorno e non
solo…per una band il contatto con il pubblico è tutto, salire sul
palco è linfa vitale…questi mesi si assenza dalle scene in
costrizione ti ha pesato oltremodo, come hai reagito ?
R In queste settimane a casa mi sono
concentrato tanto su me stesso ,cercare di migliorare la tecnica, la
conoscenza musicale, ma soprattutto l’ infinita ricerca del suono,
ognuno ha il suo ed e’ quello che trasmette emozioni.. il mio
rimpianto e’ proprio quello di non aver studiato negli anni in cui
avevo più tempo …ora a 45 anni tra lavoro ,famiglia ,di tempo da
dedicare allo studio ce n’e’ sempre meno.
D Samuele, ognuno di noi ha un
rimpianto che lo tormenta: musicalmente parlando raccontaci il tuo.
R Il mio rimpianto e’ proprio quello
di non aver studiato negli anni in cui avevo più tempo …ora a 45
anni tra lavoro ,famiglia ,di tempo da dedicare allo studio ce n’e’
sempre meno.
D Chi è oggi Samuele Brandini ?
R Questi ultimi 2 anni ho suonato LIVE
più del solito, con varie band, vari musicisti, nuove conoscenze…e’
il miglior banco per imparare. In questi giorni sto cominciando le
prove con un mio progetto, un trio dove suono e canto, questa cosa mi
stimola tanto …saluti e come dice sempre il grande Johnny
Salani,con cui ho avuto la fortuna di condividere il palco …The
Blues is Alrigth.
D Tutto ebbe inizio nel lontano 1961 in una cantina del quartiere popolare Sorgenti, quasi per gioco quando nacquero I Giaguari.
R Si, eravamo affascinati dai vari Paul Anka, Celentano, Dik Dik,
Neil Sedaka etc e tutta la produzione di quel genere di quel tempo.
D Anche se inizialmente il vostro nome era Bruno e i suoi Rochers…e
poi in I Marajà…che ricordi hai ?
R Ricordo che avevamo tanta voglia di suonare (pur con molti
limiti evidenti), di metterci in mostra insieme ai gruppi di quel
tempo. Scopiazzavamo i successi dei nostri idoli di allora come
potevamo. Ai tempi dei “Marajà” facevamo ballare al circolo “La
Rinascita” di Via provinciale Pisana. Tre canzoni noi e tre il Juke
box.
D Finalmente nel 1962 i Giaguari prendono il loro nome definitivo che onoreranno per 50 anni…raccontaci
R Erano tempi di miseria vera e comprare uno strumento non era
cosa da poco. Io per esempio per comprare la prima chitarra acustica
(usata), vendetti un libro di elettronica della Hoepli che mi ero
comprato per la scuola. In seguito così più o meno fecero anche
gli altri ricorrendo a pacchi di cambiali che i “babbi” firmarono
da “Pietro Napoli”. Nacquero allora “I Giaguari” perché a
quei tempi andavano molto di moda i nomi di animali. I Lions, I Dick
Dick, I Camaleonti,
etc etc.
D Nel 1966 iniziate a diventare famosi : il Signor Roberto Trebbi,
proprietario dell’allora famoso e prestigioso Tennis Club Il
Caminetto di Tirrenia vi ingaggia per una interminabile serie di
serate…la collaborazione infatti durerà fino al 1975 ! Tempi
magnifici immagino…
R Realizzammo in quel tempo un sogno che ci cambiò anche dal
punto di vista musicale. Tieni conto che, come strumentisti,
nessuno di noi, chi più chi meno aveva doti eccelse. Tutt’altro
. La nostra forza era il gruppo. Ci buttammo a capofitto nel genere
cosiddetto “sala”. Il nostro compito primario era di far ballare
la gente possibilmente usando le canzoni del momento. E sempre di più
ci appassionammo a farlo.
D Al Caminetto avete lavorato al fianco di artisti come Mina, Surfs, Rockes, Michele, I Nomadi, Mia Martini, Equipe 84, Fausto Leali…una bella soddisfazione…
R Sì, furono anni fantastici e indimenticabili densi di
soddisfazione. Il grande Roberto ci dette la possibilità di suonare
in parallelo con questi grandi personaggi. A quei tempi avevamo il
difficile compito di sostituire nel panorama del Tennis il Complesso
de “I Satelliti” che nel frattempo erano andati a suonare con
Ricky Gianco. Visto il lungo periodo di permanenza al Tennis Club
credo che riuscimmo a soddisfare il pubblico perché Roberto, se non
eri all’altezza del compito, non ti avrebbe permesso di esibirti.
D Gli anni ’60 terminarono, molti gruppi beat si sciolsero, ma non i
Giaguari, che hanno dato l’addio alle scene solo l’ultimo dell’anno
2010…quale è stato il segreto di tanta longevità ?
R Con l’avvento del genere cosiddetto “liscio” molti gruppi
si schifarono di questa musica e, piuttosto che suonarla,
preferirono abbandonare. Noi no; avevamo come obiettivo di far
ballare la gente e decidemmo di provare questo tipo di musica con lo
stesso entusiasmo di sempre. Devo dire che fu una mossa vincente
perché per molti anni restammo uno dei pochi gruppi in Toscana a
battersi (si fa per dire) contro i più blasonati romagnoli.
D Spesso come cantante avete scelto una donna: dalla prima Maria
Grazia Zedda alla famosissima Manuela e altre ancora…un qualcosa in
più…un valore aggiunto…
R Come ricorderai, nel genere liscio era quasi d’obbligo una
ragazza come cantante e come figura sul palco. A quei tempi era
difficile trovare una ragazza che avesse la voglia e le qualità
minime per fare la vita che facevamo; prove infrasettimanali, fine
serate con rientri molto tardi, carico, scarico di una moltitudine di
strumenti etc etc. Per una ragazza era complicato. Sicuramente
abbiamo avuto fortuna specialmente nella prima parte della fase
“liscio”. Abbiamo avuto molte ragazze brave di persona e di
mestiere. Qualcuna sicuramente meno e sono proprio quelle che hanno
creato problemi; tutte comunque hanno creato quel valore aggiunto
necessario al proseguio dell’attività.
D La serata dell’ultimo dell’anno 2010 è stata la vostra ultima
apparizione sulle scene…immagino che vi abbia preso un po’ di
commozione…non era proprio possibile continuare ?
R Quella sera fu l’epilogo di una situazione che si trascinava
da tempo all’interno del gruppo. Come sai nella prima decade del
secolo cominciarono a uscire le basi, i locali cominciarono a optare
per gruppi sempre più piccoli per risparmiare costringendo i gruppi
come il nostro a scegliere se “ristrutturarsi” o a esibirsi per
pochi soldi. All’interno del gruppo fino ad allora, quasi tutti
dichiaravano di suonare per “passione”, alla fine i più
suonavano per i 50 euri a serata. La componente femminile fu
determinante ad accelerare queste differenze. Gente come il
sottoscritto che aveva sempre anteposto l’amicizia e il gruppo alla
parte economica, non poteva accettare di suonare, quando in due,
quando in tre magari aspettando che qualche locale, pagando per
un’orchestra intera, ti permetteva di suonate tutti insieme. Alla
fine il dio denaro aveva vinto come sempre.
D Te hai sempre suonato la chitarra: quali sono i tuoi chitarristi di
riferimento, quelli ai quali ti sei ispirato ?
R Più
che dire mi ispiravo, diciamo quelli che preferivo erano i vari Eric
Clapton, Mark Knpfler, Jimi Hendrix,Carlos Santana, Jimmy Page,Keith
Richards ed altri. Il genere che facevo non mi permetteva di
inserire, ammesso e non concesso di esserne capace, simili tecniche
nella musica che facevamo. Nell’ultima parte della storia poi era
già tutto registrato all’interno dei brani per cui, se inserivi
qualcosa dovevi stare molto attento a non configgere musicalmente con
la parte registrata.
D Hai suonato per tanti anni in ogni dove, a Livorno ma anche in
tutta Italia…con il tuo gruppo hai visto passare mode e suoni
diversi…che differenze ricordi nel presentarsi al pubblico ?
R Le differenze non sono abissali. Certamente quando suoni in uno
stadio come quello seppur piccolo di Cecina dopo o prima di Fausto
Leali e Patty Pravo un po’ di strizza ti viene. Oppure quando alle
gare di ballo regionali a Firenze dove la giuria prima
dell’esecuzione del brano ti fa provare per stabilire il tempo
giusto, ti viene l’ansia. Poi passa tutto e i ricordi si fanno
sempre più belli. Ma comunque, ogni volta che eseguivi un brano
nuovo e lo ponevi all’attenzione del pubblico era sempre un esame
che sostienevi.
D Da quel 31 dicembre 2010 non hai più suonato in pubblico ?
R No, ritenevo allora che, oltre alla passione per la musica,
fosse determinante l’amicizia come collante. Oramai per alcuni di
noi era diventato esclusivamente un fatto di denaro. La musica era
marginale perché aveva perso la sua vericidità. Tutto era già
pronto, campionato. Non avevo più stimoli. Non avevo la volontà di
cercare nuovi amici (alcuni di quelli con cui ho suonato per anni
erano amici quasi d’infanzia).
D Chi è oggi Enrico Celanti ?
ROggi è un anziano signore malandato in pensione che saltuariamente segue i gruppi di oggi che fanno musica dal vero, e ce ne sono di bravi. Non ho nostalgie significative se non degli avvenimenti di un tempo ricordato da qualche video o da qualche foto.
D Massimo Bertone, armonicista..bellissimo strumento, struggente…quando nasce questo tuo amore ?
R Non esiste una data precisa…a metà
degli anni ’70, quando esplodeva la voglia di “sentirsi dentro” e
usava viaggiare con Jack Kerouak sotto il braccio. Il viaggio nel Sud
della Florida fu la folgorazione per questo strumento che non era la
solita chitarra che tutti gli amici strimpellavano…era “lo
strumento”, graffiava l’anima, era emozioni…
D Spesso l’armonica, che sia musica
Blues o Rock è la ciliegina che impreziosisce il tutto…
R L’armonica, come il violino o il sax,
dà a chi ascolta effettivamente quella ciliegina che lo
incolla…perchè quando entra…entra dritto al cuore.
D Ti ho visto sul palco in diverse jam
e con gruppi diversi, spesso e volentieri band chiedono la tua
collaborazione…soddisfatto ?
R Amo suonare nelle jam e quando vado
ad ascoltare qualche gruppo e mi invitano a salire sul palco per
qualche pezzo insieme non mi faccio pregare. Le jam sono un buon
mezzo per suonare insieme agli altri, magari con persone che non
conosci e conosci proprio lì…è un dare e un avere. Nelle jam
nascono gruppi, nelle jam tutti possono “parlare”.
D Hai matto fatto parte stabilmente di
un gruppo ?
R Fare parte di un gruppo è difficile,
almeno per me: la mia visione di gruppo è rimasta ai vecchi amici
che vivevano e percorrevano la stessa strada…oggi è molto più
difficile trovare la stessa lunghezza d’onda.
D L’armonica è uno strumento
affascinante…a prima vista sembra facile da suonare, invece è
difficilissimo…hai fatto studi particolari o sei autodidatta ?
R L’armonica è uno strumento che devi
sentire dentro. Niente è facile. Per suonare l’armonica devi essere
innamorato di un certo tipo di blues…io sono un autodidatta anche
se ho sempre studiato lo strumento. Cerco di apprendere un po’ da
tutti per poi rielaborare il tutto a modo mio.
D Chi sono i musicisti ai quali ti sei
ispirato, i tuoi mostri sacri ?
R Non ho mostri sacri in particolare:
ho cercato di assorbire da molti musicisti ma ho sempre cercato una
mia linea. Poi naturalmente impossibile non ricordare Sonny Boy
Williamson, Little Walter o Indiana Sfair.
D A Livorno siete tre o quattro grandi
armonicisti…tra di voi c’è comunque amicizia o solo sana
competizione ?
R Conosco bravi armonicisti a Livorno,
in particolare un maestro rinomato in tutta Italia come Mimmo
Mollica, amico e dispensatore di buoni consigli o Nuccio Pellegrino
con il quale è un piacere duettare…no, nessuna competizione ma
amicizia, solo amicizia.
D Massimo, tutti noi abbiamo rimorsi e
rimpianti, non essere riusciti a prendere quel fatidico treno ci
brucia ancora….dove andava il tuo ?
R Non uno, ma molti treni sono passati
sui quali non sono mai salito…su alcuni sono riuscito a salire e
qualcosa ho conservato per ognuno di loro. Penso piuttosto di aver
cercato di essere io un treno per qualcuno e spero che il tragitto
fatto con me sia servito in positivo. Tutto sommato non rimpiango
quello che non ho.
D Chi è oggi Massimo Bertone ?
R Massimo ora è quello che non avrebbe mai creduto di diventare…una persona che si è costruito una famiglia unita dal niente. Massimo oggi è una persona che puoi chiamare e difficilmente è un no. Massimo ora è uno che quando suona con gli occhi chiusi “apre un mondo”.