IRIDE VOLPI

D Iride Volpi, chitarrista…come nasce questo amore per la chitarra?

R Ho deciso di voler imparare a suonare la chitarra verso i 16 anni. Assistendo alle prove di un gruppo heavy metal di miei amici dell’epoca mi sono detta: che ganzi, voglio fare anche io come loro!

Però questo istinto credo venga più da lontano, infatti mio babbo suonava la chitarra per farmi addormentare da piccola, chissà che non abbia avuto un effetto… È stato poi mio zio, musicista, che mi ha permesso di iniziare a suonare la chitarra elettrica facendomi il regalo più bello che ci sia, una sua Eko degli anni 80 per un mio compleanno.

D Sei la chitarra solista dei Lupe Velez, ottimo gruppo che ho avuto il piacere di ascoltare e vedere dal vivo ultimamente all’ex Cinema Aurora…e devo fare i complimenti a te e a tutta la band…soddisfatta?

R Faccio parte dei Lupe Velez dall’agosto del 2016 e sono entrata in contatto con loro tramite punti di contatto con il gruppo Dome la Muerte and the Diggers in cui suono dal 2013. Infatti, mi hanno introdotto alla band, Dome la Muerte, che ha collaborato con i Lupe Velez, e il batterista dei Diggers e dei Lupe Velez (Gianfra).

Sono molto soddisfatta da questo progetto perché mi sento molto rappresentata dallo stile compositivo di Stefano Ilari e dalle sonorità della band.

Io è l’altro chitarrista (Alex Gefferson) cerchiamo sempre di intrecciare al meglio le due chitarre sia nelle ritmiche che nelle parti soliste e cercando di esprimere le caratteristiche di ognuno.

D Il mondo del rock, inutile negarlo, ha sempre avuto una impronta prettamente maschile ma non sono rari esempi di fulgida bellezza da parte delle rock women…Janis Joplin, Grace Slick, Joni Mitchell, Patti Smith e moltissime altre hanno aperto una strada a tutte quelle donne innamorate della musica più bella di sempre…

R Credo che anche ora si possano percepire dei pregiudizi maschilisti nell’ambiente del rock. Ad esempio, non so perché è credenza comune che una ragazza in una band faccia la cantante… oppure, sempre da esperienza personale, si crede di fare un bel complimento dicendo “brava, suoni come un uomo!”.

Come giustamente hai detto, non c’è bisogno di ricordare che molte leggende della musica rock e non solo sono state donne, a me piacerebbe che si valorizzassero le particolarità di ognuno prescindendo dal sesso.

Non mi ha nemmeno mai più di tanto convinto l’idea di suonare in una band volutamente “di sole donne”, cioè se capita (per amicizia etc.) ben venga, ma per me non è un criterio per formare una band.

D Ho sempre avuto un debole per le “donne in rock”…trovo che all’interno di un gruppo portino quella dolcezza rabbiosa che dà un qualcosa in più…come sono i tuoi rapporti con i colleghi musicisti?

R Sicuramente i gruppi misti portano più varietà, in termini di stile, di approcci e di carattere e questa varietà si può riflettere nella musica che compongono.

Ho sempre avuto esperienze positive con i colleghi di band, sia uomini che donne. Il fatto di condividere una passione così forte mi ha permesso di fare nuove amicizie e in alcuni casi di creare legami speciali di affetto e di amore.

D Iride quali sono i tuoi mostri sacri, i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando?

R I miei pilastri sono da un punto di vista chitarristico Jimi Hendrix, come band i Rolling Stones e i Pearl Jam.

Poi ci sono band e musicisti che ascolto “a periodi” ossessivamente, poi cambio, ci ritorno sopra e così via… es. Bob Marley, Ben Harper, Smiths, Blur, Buzzcocks, The Clash, Velvet Underground etc.

D Il vostro sound può definirsi garage rock anche se, parlando con Stefano, ho manifestato il mio “sentire” anche influenze prog…che ne dici?

R Nei Lupe Velez confluiscono vari generi che si rispecchiano nei pezzi di Weird Tales (Area Pirata – 2018), da garage-rock, a sonorità più melodiche, al rock’n’roll, al punk.

Influenze prog non ne ho percepite… o perlomeno, se qualcuno ce le sente, sappia che non è stato premeditato!

D Progetti futuri? Dischi in arrivo, prossimi concerti?

R Per quanto riguarda i Lupe Velez, stiamo lavorando alla composizione di nuovi pezzi e il nostro prossimo concerto sarà a La Taverna della Musica a Ponte Buggianese (PT) il 19 Aprile.

Con i Dome la Muerte and the Diggers stiamo lavorando al progetto di un nuovo 45 giri e il prossimo concerto sarà a Livorno in Piazza Mazzini il 25 Maggio.

Un’altra bella esperienza che sto vivendo da qualche mese è suonare nei Not Moving LTD con Lilith, Tony e Dome la Muerte e potete trovare le prossime date sulla pagina facebook.

D La scena musicale livornese è sempre stata sui generis…centinaia e centinaia di musicisti ma pochi hanno “varcato la soglia” cittadina…rimanendo nell’ambito femminile, conosco molte musiciste che militano in alcune band indigene…che opinione di sei fatta al riguardo?

R Non conosco a fondo la scena musicale livornese, perché la frequento da pochi anni, non vivendo a Livorno. In ogni caso credo che sia difficile per ogni gruppo uscire dal proprio ambito cittadino e dalla cerchia di conoscenze soprattutto quando nel gruppo non c’è qualcuno che possa a tempo pieno dedicarsi a stringere contatti oppure quando non c’è un’agenzia che supporta il gruppo nel trovare le date.

D Iride, un rimpianto, una occasione perduta, un treno sul quale non sei salita e ancora oggi “ti mangi le mani”?

R Credo che i rimpianti si possano avere se non riusciamo a valorizzare quello che ci succede intorno, il resto non credo che lo possiamo controllare.

Ad esempio, a volte ho pensato…magari se fossi nata in una grande città in California (per dirne una…) avrei avuto più possibilità di realizzare le mie passioni, ma quello non l’ho potuto decidere! Quindi quello che è in nostro potere è essere sempre vigili per cogliere le occasioni e avere tanta determinazione.

D Chi è oggi Iride Volpi?

R Ho studiato agraria e al momento sto lavorando nel mondo della ricerca. Il futuro può essere incerto, ma quello che vorrei sicuramente continuare a fare è suonare, perché sul palco mi sento felice.

MATTIA SALVADORI

D Mattia Salvadori, batterista fin dalla tenera età immagino, per la gioia incontenibile dei tuoi vicini…

R Ciao a tutti e grazie mille per questa intervista!

Tenera età ma non troppo, ho iniziato a suonare “seriamente” all’età di 14 anni prendendo le prime lezioni.

Non avendo neanche la batteria i primi tempi mi cimentavo a suonare ovunque, la sedia diventava un bellissimo rullante, la scrivania il piatto, uno sgabello un tom.

Dopo varie discussioni e tensioni familiari riuscii a farmi regalare la prima batteria e allestendo la mia personale sala prove nel garage di mia nonna.

Il vicinato era talmente felici di questi miei assoli di batteria giornalieri che spesso mi lanciavano anche pigne ad altri vari oggetti contundenti!

D Nel 2008 dai vita, insieme a Dario Sardi e Giulio Panieri, al gruppo Shed Of Noiz con Luca Bicchielli cantante, e a dicembre dello stesso anno esordite dal vivo al premio “Rossano Fisoni”, e nel 2009 la vittoria al contest “Aspettando Liberi e Vivi” vi permette la partecipazione al festival “Liberi e Vivi”…mica male…

R Gli Shed Of Noiz oramai sono una parte del mio cuore, più che una band musicale un gruppo di quattro grandi amici.

Nel 2008 io, Giulio e Dario, rimasti orfani del nostro precedente cantante contattammo l’allora sedicenne Luca; da li si è creata un’alchimia incredibile che ancora oggi resiste e perdura malgrado qualche difficoltà logistica (mio sono l’unico rimasto in provincia di Livorno!)

Insomma, fin da subito ci siamo tolti delle belle soddisfazioni!

D Nell’autunno dello stesso anno pubblicate l’omonimo Ep di esordio, grazie al quale gli impegni live diventano sempre più frequenti: nel 2010 la partecipazione alla finale regionale dell’Emergenza Festival rappresenta un appuntamento importante, ma è con la vittoria nel contest “Aspettando Italia Wave”, e la conseguente partecipazione ad Italia Wave Love Festival 2010, che il nome Shed Of Noiz inizia a circolare con maggiore frequenza….fino ad oggi…una bella soddisfazione

R Abbiamo avuto tante belle soddisfazioni negli anni, forse la più bella è stata vincere il concorso dell”Italia Wave Love Festival” (Attuale Arezzo Wave) che ci lanciò in un periodo bellissimo di live per tutto lo stivale italico ed oltre.

Negli anni sono cambiate molte cose, abbiamo scelto di non partecipare più a contest in quanto secondo noi non esprimo la nostra idea di condivisione musicale e artistica.

Ci siamo concentrati nel fare live e dischi di qualità, provando ad elevare sempre più la qualità della nostra musica.

La nostra ultima produzione è “Distanz Ep”, un disco che parla di distanza e di amicizia, quattro tracce che odora di asfalto.

Asfalto percorso per suonare insieme e per far vivere ancora questo progetto musicale.

D Sempre difficile “etichettare” il sound di una band…alternative/stoner vi calza a pennello…

R Non saprei! Forse è una definizione un po’ maldestra in quanto non è che ci rappresenti benissimo, forse sarebbe meglio dire che suoniamo Rock con testi in lingua italiana.

D Impegni futuri, concerti dal vivo, nuovo album, cosa bolle in pentola ?

R Al momento con gli Shed siamo molto concentrati per il nostro prossimo concerto all’ H2NO di Pistoia, un locale davvero molto bello.

Ho anche altre date con gli altri miei progetti musicale, (Amanda e gli Uomini Elettrici / La quarta Via) ma ve le svelerò in futuro!

D Mattia quali sono i tuoi mostri sacri, i batteristi che imitavi fin da piccolo ?

R Eheh, ce ne sono molti! Forse il primo batterista per cui ho veramente sbavato è stato Dave Grohl che con i Nirvana ha veramente spaccato tutto.

Da giovanissimo ho avuto anche un debole per Nicko McBrain degli Iron Maiden che mi sembrava veramente inarrivabile.

Ovviamente poi i gusti cambiano e studiando lo strumento l’approccio alla musica cambia, al momento studio per diventare maestro di batteria con “Scuderie Capitani” e penso di essere maturato molto musicalmente parlando.

Ora mi piacciono molto per esempio Mark Giuliana, Nate Smith, Andrson Paak, Benny Greb ma non dimentico primi amori come Danny Carey (dei Tool).

D Come vedi la situazione musicale odierna a livello cittadino, una città che ha sfornato negli anni centinaia di ottimi musicisti ma che non è mai riuscita a valorizzare in pieno questo fenomeno ‘

R Devo dire che a Livorno la situazione musicale è davvero molto rosea, al momento ci sono moltissimi gruppi underground che si stanno elevando e hanno una grande qualità.

Il problema non sono magari i gruppi, ma un pubblico che stenta a formarsi. Suonare musica dal vivo è dura, soprattutto è dura coinvolgere le persone.

Per non parlare di trovare degli spazi adeguati.

Solo per citare alcuni gruppi davvero notevoli della nostra scena: Siberia, Bruke, Bonsai Bonsai, Surfer Joe.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi: Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo ritrova davanti sul palco…qual’è il “tuo culo” ?

R Se la vogliamo mettere su questo piano “il mio culo” è quello di Luca Bicchielli degli Shed of Noiz, con il quale ho condiviso il palco almeno 300 volte.

Credo che me lo ritroverò li davanti a sculettare ancora per un bel po’.

D Mattia, una occasione perduta che ancora oggi non ti fa dormire, una occasione che musicalmente parlando avrebbe potuto cambiare il tuo percorso .

R Proprio non so, forse forse di aver rifiutato di suonare in alcuni “grupponi” che mi avrebbero dato molte altre possibilità, pensandoci comunque bene non ho grossi rimpianti.

Ho ancora grandi sogni da realizzare, vento i poppa e decisi verso la meta.

D Chi è oggi Mattia Salvadori ?

R Mattia è un ragazzo a cui piace sognare, forse troppo.

DANIELE CATALUCCI

D Daniele Catalucci, bassista in un mondo musicale dominato dalle chitarre…scelta casuale o dettata dal cuore ?

R Ma quali chitarre? Il mondo musicale è finalmente dominato dagli ipad !

Io ed il basso… ho sempre dato la colpa al caso. Poi crescendo ho imparato a conoscermi e mi sono rispecchiato sempre di più in degli aspetti di questo strumento: non amo stare eccessivamente in prima linea ma mi piace essere di sostenimento, voglio che lo scheletro e l’ossatura dipendano da me, dal mio battito e dalle mie scelte…

Nella vita sono così, sono silenzioso, lascio respirare e vivere chi ho intorno, ma quando mi convinco totalmente della giustezza di una cosa, mi adopero in ogni maniera affinché ci si convinca di questa e che si faccia.

Il basso è uguale, tu sei in discoteca e balli mentre canti la canzone, apparentemente il basso non lo noti, ma se smetto di suonare, tu smetti di ballare.

È stata una scelta caratteriale.

 

D Bassista e produttore attivo dal 1995, lo studio in Conservatorio, vincitore con i Virginiana Miller di un David di Donatello, poi due targhe Tenco, la prima nel 2013 con Mauro E. Giovanardi e Sinfonico Honolulu in qualità di bassista e arrangiatore, la seconda con i Virginiana Miller nel 2014 in qualità di bassista e co-compositore. Vanti esperienze in studio, live e tv, da bassista e da arrangiatore. Sei membro dell’Orchestra del Teatro Nuovo di Milano nel mondo del musical e produci dischi di altre band nel tuo studio… ma tutto come inizia?

R Inizia con un ragazzo di 14 anni, sdraiato sul proprio letto, che ascolta “Out of time” dei R.E.M abbracciandosi come altre volte sulla chitarra classica del proprio padre. Quella volta, di diverso dal solito, misi insieme quattro note che ricalcarono la canzone che stavo ascoltando… Suonai Low dei R.E.M, quelle quattro note messe in fila, e trovai un link tra la musica immaginata e quella riprodotta. L’emozione mi sconvolse.

Dopo qualche settimana mio padre realizzò come in realtà non stessi suonando la chitarra, ma soltanto le corde singole, come fanno i bassisti. Entro breve, forse per salvare la chitarra, si presentò con un basso Eko. Ricordo ancora l’odore buono e tutto da scoprire. Sapeva di moderno, di futuro.

Di lì a poco mi ritrovai nel mio primo vero gruppo, i Sea Side. Ero cresciuto con i Cure, the Smiths, i Talking Heads, amavo e suonavo gli U2 dell’allora Achtung Baby, ma con i Sea Side ci spostammo più sul lato punkeggiante, quindi gli Stooges, i Sex Pistols. Poi arrivarono i Nirvana, cominciammo a scrivere roba nostra e cambiò tutto.

D Dai Sea Side ai Virginiana Miller, gruppo storico del panorama musicale livornese e non solo, gruppo impegnativo ma di grande soddisfazione…

R Alla resa dei conti torno sempre lì. Sono il gruppo più importante con cui abbia avuto a che fare, oltre che per il prestigio, anche per l’uniformità di mire, di percorso e di scrittura.

Sono le uniche persone con cui sia riuscito a comporre canzoni lavorandoci in sei, contemporaneamente. È difficile, ma bellissimo. Gli unici oltre che i primi.

E poi sono famiglia.

Noi siamo ancora lì. Sta per uscire il nostro settimo lavoro, “The unreal McCoy”, per la prima volta scritto in lingua inglese.

 

D Non è mancata una “scappatina” con i Sinfonico Honolulu…

R Beh, una scappatina di 7 anni!!!

È stato un momento importante, mi hanno delegato il ruolo di direttore artistico e ci ho messo tutto me stesso.

Siamo arrivati su dei bei palchi, a dei punti impensabili per un gruppo partito dall’essere una cover band e credo come dicono nel film “The Commitments”, che in quel periodo siano cambiate molte prospettive dentro di noi, sono contento di aver fatto parte di un periodo di punta.

Poi siamo arrivati ad un punto di rottura e la scissione è diventata inevitabile, stava diventando tutto molto difficile e non ci so stare nelle situazioni che non ingranano.

È stato un gruppo in cui ho creduto molto, ma la fine è stata davvero inevitabile.

 

D Progetti futuri, concerti in vista, un nuovo album, cosa “bolle in pentola” ?

R Ho 5-10 cose importanti da fare nel giro di un anno.

Sto allestendo un progetto nuovo, bello, ballabile, che ho sempre sognato di fare. C’è tanto funk, musiche originali, stiamo registrando e mi piace tantissimo.

Il nuovo dei Virginiana sta per uscire, e a breve usciranno le date.

Collaboro con lo spettacolo di tributo a Dalla dal titolo “Com’è profondo il mare”, e suonerò con le Voci sole e col reprise del musical Kinky boots al Nuovo di Milano.

Ho delle produzioni in cantiere al Banana studio, il quartier generale dove collaboro col tecnico del suono Valerio Fantozzi.

E poi ci sono i fondamentali imprevisti, che aspetto sempre a braccia aperte.

 

D Daniele quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi bassisti cult ?

R In ordine sparso ho imparato tantissimo dal tiro senza fronzoli di Donald Duck Dunn, il funk fisico da Flea, il suono aggressivo di Tim Commerford dei Rage against.

Jaco Pastorius e Les Claypool sono invece quelli da cui ho rubato un bel po’ di tecnica, hanno cambiato la percezione del basso elettrico.

McCartney e Familyman Barrett tra i suoni più rotondi e appoggiati sono i miei prediletti.

John Deacon dei Queen mi ha insegnato tantissimo oltre che tecnicamente, caratterialmente. La sua modestia è una roba che va studiata, si respira nella sua maniera di stare sul palco.

Potrei andare avanti per un paio d’ore, perché continuano a venirmi i nomi di Nathan East, Bernard Edwards…

Chiudo con John Taylor dei Duran Duran, anche perché credo sia stato il primo ad aver fatto capire al genere femminile che “anche il bassista… tutto sommato…”.

E suona da Dio.

 

D Suoni in una band importante, sei salito su palcoscenici di rilievo, sei stato a contatto con realtà diverse…come spieghi il “fenomeno Livorno”, una città che da sempre ha dato vita a centinaia di ottimi musicisti ma che non riesce a imporsi come potrebbe e dovrebbe nel panorama musicale italiano ?

R La livornesità è un aspetto che non aiuta a prendersi sul serio. L’ho sempre vista così.

Ultimamente però ho cominciato a deresponsabilizzare questa risposta, che risuona un po’ come una scusa, insomma fa comodo dare la colpa a qualcos’altro, anche se si parla del proprio carattere.

Magari la verità è che uno non si impone perché non è in grado. Oppure Livorno è in fase fiorente e siamo così ciechi da non volerlo vedere.

La verità che mi solletica il pensiero è duplice: da un lato che l’idea di fallimento sia uno strascico, un’abitudine anni novanta, figlia del mancato e totale successo degli Ottavo Padiglione, cosa che tutti speravamo. Ed è come se quell’insuccesso fosse diventato la bandiera della livornesità musicale.

Da un altro lato, forse il più definitivo, penso che essere ottimi musicisti non serva a niente, ma serva essere degli ottimi lavoratori.

“E un giorno come altri cento _tornano a Livorno

Che è una piccola città _ piena di vento”

(Parenti lontani, Virginiana Miller)

 

D Oltre che musicista anche scrittore : Rinomina, edito da Valigie Rosse è il tuo volume…36 storie da leggere e riflettere…

R Finire RINOMINA mi ha consentito di mettere in pratica qualcosa di diverso. La collaborazione con Valigie Rosse è stata molto bella e emozionante.

L’idea di base è che ci siano 36 dialoghi tra persone la cui identità venga svelata soltanto a fine dialogo. Questa forma di narrativa, tra l’investigazione del lettore e il realismo più puro dello scrittore, mi ha dato la possibilità di dare una voce, un volto a delle riflessioni mie, ancorate chissà dove.

Esperimento riuscito, adesso sto scrivendo un paio di cose nuove. È tutto un embrione, in cui intravedo soltanto qualcosa di interessante, mi piace.

D Daniele, un rimpianto, una occasione perduta, un treno che hai visto partire senza di te…

R Vivo di piccoli rimpianti, ma me li dimentico questo tutti il giorno dopo. Mi piace la mia vita di oggi.

 

D Chi è oggi Daniele Catalucci ?

R Sono appena diventato padre, sono felicissimo, ho una famiglia che si sta creando. Sono in una fase unica e adesso dovrò rinascere intorno a questa nuova dimensione.

 

MASSIMILIANO MAGNI

D Massimiliano Magni, batterista dalla giovane età immagino…per la gioia dei tuoi

coinquilini…

R In verità in tarda età e quasi per gioco. Ho iniziato da bambino ma con il pianoforte che

poi ho abbandonato. Una sera sono andato ad ascoltare le prove di alcuni amici, quelli

che oggi sono i Madame du Bois e dove suono come batterista. Non c’era posto per

sedersi se non sullo sgabello della batteria. Da li a poco il cantante mi ha chiesto di

provare a tenere un tempo per vedere se il brano che avevano scritto funzionava. una nota

tira l’altra ed ho iniziato a battere il ritmo.

D “I Rifugio di Nilo sono un poeta maledetto tre musicisti sfigati” così vi

presentavate al pubblico quando facevi parte appunto dei RdN…traduci please

R L’esperienza dei Rifugio di Nilo è stata una tra le più belle che ho vissuto. 4 personalità

completamente diverse tra loro che si sono messe insieme con la voglia di provare a dire

qualcosa. Beh non siamo mai stati tanto fortunati e quindi ci siamo sempre presi per il

culo. Era come mettere in un sacchetto quattro ingredienti a caso e sperare di tirare fuori

la torta dell’anno. A parte gli scherzi in realtà funzionava molto bene, tutte queste

differenze si sentivano e notavano anche negli atteggiamenti. Nel casino generale si

nascondeva una poesia che non poteva che stare li in mezzo

D 4 amici, ottimi musicisti con la consapevolezza di non voler essere più della

realtà…con la soddisfazione di produrre un fortunato demo, con canzoni importanti come

Giù le mani”, “Inesorabilmente”, “Casomai”…

R Abbiamo scritto molti brani e tutti di getto. Ogni tanto nella sera giusta capitava di

azzeccare il giro giusto, il groove giusto e le parole si incastravano quasi alla perfezione.

Dopo un periodo di fermo abbiamo ripreso a scrivere e quel demo segnava un po il

cambiamento, la voglia di fare sul serio. Sentivamo la voglia di fissare un punto di

partenza più importante quindi abbiamo deciso di andare in studio e provare a dare una

forma a questo progetto con l’aiuto di un nostro carissimo amico, Francesco Landucci de

Il Poderino, che ci ha messo a nostro agio ed ha capito cosa volevamo.

D E si arriva ai Big Monkey…buon sano rock’n’roll, con venature di blues e i piedi

ben piantati nel passato

R I Big Monkey nascono per desiderio di Alessandro, bassista appunto di Monkey e dei

Madame Du Bois.

Ci sembrava un idea che poteva funzionare e abbiamo avuto ragione. Spaziamo dal

rock&roll di Elvis o Jerry Lee Lewis al blues di BB King e cosi via. Una scaletta di 3 ore

e più dove il pubblico si scatena ballando e cantando con noi. Abbiamo ripreso le versioni

più vecchie ed originali per rispettare appunto lo spirito dell’epoca. Questo è un progetto

che ci sta dando tante soddisfazioni e soprattutto ci fa divertire molto.

D E della Lussy Brown & Red Street Band che mi dici ?

R Lussy Brown & Red Street Band è stato un esperimento che purtroppo è durato poco.

Abbiamo fatto qualche concerto e abbiamo avuto una buona risposta dal pubblico ma per

vari motivi non potevamo continuare.

D Quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi batteristi da ispirazione ?

R Sono cresciuto con il rock&roll e quindi molti “batteristi da ispirazione” vengono da quel

genere. Mi piace Danny Carey dei Tool ma anche John Bonham dei Led Zeppelin, Phil

Collins come Gavin Harrison dei Porcupine Tree. Ascolto tutto quello che posso e per

ogni genere che suono cerco gli artisti che meglio lo rappresentato. Ho tanto da imparare

e poco tempo per studiare quindi faccio quello che riesco quando posso.

D Progetti futuri, magari qualche pubblicazione, concerti in arrivo ?

R Il progetto più immediato è quello di promuovere il disco che abbiamo inciso con i

Madame Du Bois, Il secondo dall’ingresso del nuovo bassista . Ci abbiamo lavorato tanto

e ne siamo particolarmente entusiasti. Stiamo iniziando a cercare posti dove proporre

brani originali che come sai non è cosi scontato trovarli.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi : Charlie Watts dei Rolling Stones ha

detto che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè da più di 50 anni se lo trova

davanti sui palchi di tutto il mondo…qual’è il “tuo culo” ?

R Il “mio culo” è quello di aver incontrato tanti musicisti sulla mia strada e molti amici che

credono in me e apprezzano il mio lavoro. Tra l’altro sono tutti i culi che costantemente

ho davanti mentre suono.

D Massi, un rimpianto, una occasione perduta che ancora oggi di fa “mordere la

mai” ?

R Il rimpianto più grande è quello di non aver capito, quando ho iniziato a studiare, che il

mio strumento era la batteria. Le occasioni vanno e vengono, credo che ci si debba porre

in modo giusto al momento giusto e per la giusta situazione . Se non avessi sbagliato

scelte in passato adesso non suonerei con tutti i miei amici e quindi non farei tutto quello

che faccio oggi.

D Chi è oggi Massimiliano Magni ?

R Sai che non lo so. Sono una persona che cerca ancora la sua strada, che sperimenta tanti

generi che ama ascoltare i suoi compagni mettere insieme accordi e parole. la musica è

una lingua universale e mi piacerebbe saperla parlare bene.

LUCIO TIRINNANZI

D Lucio Tirinnanzi, chitarrista ma anche cantante…da sempre immagino…hai fatto studi classici o autodidatta ?

R Ho imparato a suonare per imitare mio padre che, da piccoli, deliziava me e mia sorella con le canzoni di Lucio Dalla durante le estati al mare. Lui mi ha sempre spronato a imparare, e infatti mi ha regalato le mie prime chitarre, una Clarissa classica e una Epiphone elettrica stile Les Paul. Di maestri veri e propri però ne ho avuti pochi, mi sono sempre arrangiato cercando di carpire i segreti del mestiere da chi ne sapeva molto più di me. Uno di questi è Mirko Russomanno, un vero talento e uno dei migliori esecutori dei Beatles che abbia mai conosciuto. Un altro è Carlo Virzì, musicista tout court che non ha bisogno di presentazioni. Tra l’altro i due suonavano anche insieme prima che li conoscessi, mi sono divertito un mondo con loro, è stato un onore averli avuti come insegnanti inconsapevoli. Quanto alla voce, sono sempre stato un disastro, forse un maestro mi avrebbe fatto comodo, invece improvvisavo alla Dylan, ma con risultati meno epici.

D Il 2000 ti trova membro del gruppo PAM, un quintetto di ottimi musicisti…

R Tutti molto più bravi e preparati di me, alcuni venivano dalla Surf Music, altri dal Rock. Ma quello che ci teneva insieme era l’amicizia, che dura tuttora. Non avrei mai voluto accanto altri se non loro. E finché ho suonato, difatti, non ho mai cambiato gruppo. Quando poi da Livorno mi sono trasferito a Roma, ho iniziato a fare dei live anche da solo o con un trio, ma non era la stessa cosa. Così ho smesso. Mi mancavano i miei amici, di cui il gruppo era solo un aspetto, per quanto centrale.

D Il vostro sound affonda le radici nella musica italiana anni 70 con De Andrè e De Gregori su tutti…ma ci sono anche tracce psichedeliche con le chitarre in evidenza, anche se il folk è da sempre il vostro punto di riferimento…

R Sono sempre stato un fanatico di Bob Dylan, cui De Andrè e De Gregori come noto hanno sempre fatto riferimento, soprattutto il secondo. Di certo, i miei testi sono stati influenzati dalle loro intuizioni e dai loro spunti intellettuali. Ma io sono cresciuto anche con il grunge nelle orecchie, per cui le influenze rock e le chitarre distorte hanno sempre accompagnato ogni arrangiamento delle canzoni dei PAM. Se consideri poi che Nico Sambo, ovvero il chitarrista solista, è sempre stato un cultore della psichedelia, ecco che ne è uscito un Folk Psichedelico (il copyright del nome è del bassista, Alessandro Quaglierini), una trovata originale per la scena livornese del tempo. Addolcito dalle note al piano e organo di Luca Valdambrini, restava comunque molto patchanka grazie alla rudezza di Jody Guetta, un rullo tamburo continuo.

D Avete partecipato a Sanremo Rock e Sounds Cube…una bella soddisfazione…

R Certo, ci siamo divertiti un sacco, avrei voluto che durasse di più e puntavo ad arrivare anche oltre. Ero molto ambizioso all’epoca e credevo tanto nel progetto. Purtroppo, però, al momento di incidere il nostro primo disco, il produttore ci ha per così dire fregato e questo ha minato molto la fiducia nella tenuta del gruppo. Al tempo, inoltre eravamo diventati sei, io abitavo già a Roma. E, in breve, tutto era diventato ingestibile. Forse, oggi che i dischi sono pressoché scomparsi dalla scena, sarebbe andata diversamente. Il ricordo più bello, comunque, resta il concerto a Livorno per la promozione in serie A. Una folla quasi oceanica a sentirci e a incitarci, con il mare sullo sfondo. Indelebile.

D Una volta sciolto il gruppo che è successo, che hai fatto ?

R Sono invecchiato! Mi sono costruito una carriera come giornalista, e oggi sono persino diventato editore. Insomma, sono rimasto nel mondo della scrittura, ma i miei versi si sono fatti articoli e la mia creatività attualmente si esprime più nelle copertine dei libri che in quelle dei dischi. Sono felice, ma mi manca la spensieratezza e la gioia del rock. Mi mancano i live incendiari e le notti intere passate in studio a creare armonie e melodie. Quella magia, insomma, che solo la musica sa donare.

D Oltre alla musica la tua grande passione è per la parola scritta e la carta stampata…se ti dico Oltrefontiera News e Paesi Edizioni che mi dici ?

R Sono le mie passioni attuali. Sono sempre stato interessato alla politica internazionale, e sia la mia specializzazione sia la casa editrice che ho fondato riflettono questi interessi. Oggi mi occupo soprattutto di geopolitica e affari esteri, tralasciando per quanto possibile la politica interna, che trovo triste e persino deprimente. Uno sguardo oltre il nostro ombelico e i nostri egoismi nazionali credo sia doveroso, così come lo è interessarsi agli altri per tentare di spiegare qualcosa di questo pazzo mondo.

D La scena musicale livornese è particolare, dagli anni 50 in poi ha “sfornato” centinaia e centinaia di ottimi musicisti, eppure pochi di loro hanno fatto parlare di sé…cosa manca per poter emergere come succede in altre realtà magari meno prolifiche ?

R Non credo sia così, o almeno non più. Molti nuovi artisti sono emersi o stanno emergendo. Certo, pietre miliari come Pietro Mascagni o appunto Piero Ciampi per restare agli anni 50 e 60 forse hanno toccato vette non più raggiungibili. Però, molti nostri ragazzi si sono fatti strada; penso al Sanremo 2019, dove più di un livornese si è distinto. Io credo che per entrare nell’Olimpo dei grandi della musica servano solo più poesia e più autenticità, proprio perché il talento musicale ai livornesi non è mai mancato. E serve anche un po’ meno snobismo.

D Progetti futuri ?

R Attualmente sono molto concentrato nel portare la Paesi Edizioni al successo che merita e che le auguro, perché abbiamo tanto bisogno di riflettere sul mondo che abitiamo, e in generale abbiamo carenza di cultura. Però, confesso che mi piacerebbe anche fare qualcosa di importante per Livorno, dove le mie radici restano ben solide. Se guardo a come la città sia depressa e decadente nel suo senso deteriore, mi si stringe il cuore. Peraltro, non credo che queste elezioni politiche per il rinnovo di Sindaco e Giunta porteranno ciò che serve davvero alla città. Ovvero un rilancio che metta in evidenza le nostre grandi potenzialità. Non vedo giganti in corsa per le amministrative.

D Lucio, un rimpianto, una occasione perduta, musicalmente parlando, che avrebbe potuto portarti in altre direzioni ?

R Se ho imparato una lezione da mio padre, è proprio quella di non cedere ai rimpianti. Io poi ce l’ho stampigliato nel nome il concetto di non guardarsi indietro: “Tirinnanzi” significa proprio andare avanti ed è quello che ho intenzione di fare. E poi, per suonare e scrivere canzoni, per me stesso o per altri, c’è sempre tempo.

D Chi è oggi Lucio Tirinnanzi?

R In cauda venenum. Hai lasciato la domanda più difficile alla fine, ti posso rispondere così: uno che non intende svoltare a sinistra o a destra per trovare scorciatoie, ma vuole andare diritto finché c’è strada da percorrere. E ne vedo ancora molta di fronte a me.