D 1975, nascono i Glicerine Cream e tu sei alla batteria…bei tempi immagino…
R Si Massimo, tempi meravigliosi, c’era in giro una grande voglia di fare. Tante emozioni e tanta voglia di condividere. I Glicerine Cream sono stati il mio primo gruppo musicale: con loro ho scoperto e vissuto l’emozione del gruppo, della band, un’esperienza unica per un ragazzo. Quel tipo di esperienza da cui nascono le amicizie che durano una vita, quelle legate agli interessi musicali. Ancora oggi tengo i contatti con molti dei musicisti con cui ho condiviso quei momenti.
D Nel vostro repertorio Rock underground e funk…
R Sì, era la mia prima esperienza e avevo voglia di comprendere meglio le tendenze musicali emergenti che mi affascinavano e da cui ho poi sviluppato un mio stile personale. Il nostro repertorio ha risentito molto dei Jefferson Airplane, Lou Reed, Janis Joplin ma anche delle influenze funk che arrivavano fresche dagli States. Da questa esperienza ho compreso che la strada da seguire era quella della composizione originale.
Da questa prima esperienza ha preso vita anche il primo collettivo musicale livornese: un’esperienza collegiale molto interessante grazie alla quale riuscii a far collaborare diversi musicisti, condividendo i pochi mezzi che avevamo a disposizione per poter suonare al meglio. La cosa funzionò bene e molte persone riuscirono così a fare i primi concerti dal vivo.
D Poi il tuo percorso musicale ti trova nel gruppo Jazz Rock Magazine…jazz rock, con strizzata d’occhio agli Area e Perigeo…musica impegnata, tipica del periodo; che ricordi hai?
R Il ricordo che ho di quel periodo è di grande crescita musicale, con dei musicisti veramente in gamba. Mi ero accostato a quel tipo di musica anche perché politicamente impegnato. Il bisogno di cambiamento era insito in quel periodo storico e la musica era uno dei collanti. Musica come quella degli Area, un gruppo che amavo profondamente. Ne ho ricavato una percezione più profonda della forza del messaggio che la musica riesce a trasmettere e una tecnica musicale migliore.
D Infine si arriva al tuo gruppo forse più importante i Sagoth, con musica decisamente più “dura”, metal rock…un cambiamento a 360°…raccontaci
R L’esperienza con i Sagoth è stata devastante, in senso positivo. In seguito all’incontro coi fratelli Cateni, Vito, Rino e Claudio, è nato il gruppo che io stesso ho battezzato Sagoth, nome di un demonio di cui avevo letto anni prima. Ma la cosa sbalorditiva di questa esperienza è stata non tanto e non solo il cambio di genere così repentino, quanto proprio il modo di pensare la musica. In realtà ci siamo contaminati a vicenda: io che venivo da una realtà più complessa dove la ricerca di sottili cambiamenti di ritmo o di accenti era la base della composizione del brano, e loro che invece avevano una tecnica sì ricercata ma più immediata e di impatto. Devo dire che con loro sono cresciuto molto e mi sono anche divertito tanto.
D Oltre ad apparire sulle pagine di giornali specializzati come “Tuttifrutti” avete anche inciso…una bella soddisfazione…
R Sì, la prima apparizione su Tutti Frutti e in seguito quella su HM ci avevano dato già una grande soddisfazione. L’aver poi potuto realizzare il nostro primo video e la presentazione su Video Music in cui abbiamo conosciuto Clive Griffith, con cui mantengo tuttora rapporti di amicizia, ci aveva aperto altre possibilità. Possibilità che purtroppo in quel periodo non abbiamo compreso, tra cui l’opportunità di continuare e di arrivare ad un livello superiore. Ma noi eravamo proprio una Garage Band vera: si viveva il momento presente e si pensava solo a quello successivo, senza preoccuparsi del futuro.
D Ma è nella dimensione “live” che soprattutto si percepiva la potenza del vostro suono e ciò che volevate trasmettere al pubblico…sei d’accordo?
R Assolutamente vero: l’emozione che sentivamo noi sul palco la riuscivamo a trasmettere al pubblico, proprio perché profondamente spontanea. Erano momenti irrepetibili. Mi ricordo come fosse ora il pubblico sotto al palco che ci incitava e quanta energia passava tra loro e noi. Era questo il senso del Live. Dare e ricevere forti emozioni condivise.
D E dopo i Sagoth che ha fatto Angelo Pieroni ? E soprattutto, mi sono scordato qualche gruppo nella tua vita musicale?
R Purtroppo per ragioni di lavoro mi sono allontanato da Livorno per trasferirmi a Firenze ed ho dovuto lasciare il gruppo musicale. Qui ho incontrato una persona speciale, Stefano Bellandi, che è diventato sia il mio bassista che uno dei miei migliori amici. Con lui ho iniziato a suonare con i Satan Sphere, facendo Metal strumentale insieme al chitarrista Matteo Nativo. In seguito io e Stefano siamo migrati nei Dark Tower, Metal classico anni ’90: un’esperienza che purtroppo è finita con la sua morte prematura. Lì mi sono fermato e non ho più suonato in una band per diversi anni, nonostante qualche sporadico incontro con il mio vecchio chitarrista Vito Cateni mi abbia ridato la possibilità di suonare. Ad oggi sto di nuovo suonando con alcuni musicisti e stiamo pensando ad una probabile reunion dei Sagoth.
D Quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi batteristi di riferimento?
R All’inizio i miei batteristi di riferimento sono stati prima Geene Krupa ed in seguito Billy Cobham, ma da quando ho visto il solo di Moby Dick il mio idolo è diventato John Bonham. Le mie fonti di ispirazione sono state molteplici, nonostante sia sempre stato definito un batterista dal tocco forte e con spiccate caratteristiche Metal e utilizzi nei miei ritmi alcune finezze che vengono dalla mia esperienza nel Jazz.
D Angelo, hai avuto una ottima carriera musicale ma c’è un treno sul quale non sei riuscito a salire?
R C’è stato un momento in cui abbiamo pensato seriamente con i Sagoth di fare una tournee: ero in contatto con i Vanadium, gruppo di punta del panorama metal italiano di quegli anni. Andai anche a parlarci a Milano ed incontrai a Roma il loro produttore. Purtroppo, per motivi interni al gruppo, alla fine si decise di non farne niente. Ecco, quello è stato un treno che è partito senza di noi.
D Una domanda che faccio a tutti i batteristi…Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il suo “culo preferito” è quello di Mick Jagger (musicalmente parlando) perché sono più di 50 anni che se lo vede davanti sul palco…quale è il tuo “culo preferito” ?
R Sicuramente quello di Vito Cateni: non solo un musicista eccezionale, ma anche un amico vero che continua ad essere presente nella mia vita. Uno con cui farei mille concerti senza mai stancarmi e di cui ho un gran rispetto sia come chitarrista che come persona.
D Chi è oggi Angelo Pieroni ?
R Una persona che continua a comunicare, sia con la musica che con altri strumenti che ho imparato ad utilizzare. Oltre a lavorare nell’insegnamento per 20 anni, ho prodotto Video di vario genere e realizzato mostre fotografiche. Ma la musica rimane il mio primo amore e forse quello più grande. Spero a breve di incontrare di nuovo il mio pubblico.