SERGIO TADDEI

D Sergio, chitarristi si nasce o si diventa ?

R Bè,è una cosa che hai dentro e la porti fino alla fine.

D Nel 1965 nascono i Thugs, il tuo gruppo…bei tempi

R Fu una cosa veramente voluta con passione, è stato un periodo bellissimo con dei cari amici.

D Avete partecipato anche alla inaugurazione de La Goldonetta…una bella soddisfazione

R Non ricordo quel periodo, peccato, sicuramente una bella cosa..

D Nel 1966 vi siete sciolti dopo svariati concerti a Livorno e provincia, che successe ?

R Niente di particolare, cose che possono accadere , sicuramente in amicizia.

D E dopo i Thugs che hai fatto, musicalmente parlando ?

R In quel periodo mi ha cercato un gruppo che suonava in vari posti in Toscana; facevano musica da Night , musicisti già con esperienza ,il pianista si chiamava Bubi, poi batterista e bassista e io chitarra e voce.

D Quali sono le tue influenze, i tuoi “mostri sacri” ?

R Niente mostri, mi piacevano i Beatles,Bee Gees,Pink Floyd .ecc.ecc.

D Che ricordi hai della scena musicale livornese degli anni ’60, anni irripetibili…

R Bei ricordi in generale (Piper,serate e piccoli concerti …).

D Sergio hai un rimpianto nel cassetto, una occasione non sfruttata ?

R No niente rimpianti , poi e difficile a dirsi .

D Vedi sempre i tuoi compagni di gruppo ? Mai pensato ad una reunion, oggi che molti ci stanno pensando ?

R Riguardo i Thugs e gli altri no .Nel 1968 sono entrato nel gruppo degli Storms,(con Giovanni G. Batterista – Giovanni P. Pianista Organista -Sergio C.Bassista e io Chitarrista ,tutti con delle voci buone con gli Storm abbiamo suonato all’estero per diversi anni ,poi a Milano ecc ecc.Sarebbe bello riunirsi ma siamo lontani ,uno in Spagna , un altro in Francia ,il terzo Livorno e io qui, comunque ci vediamo e ci sentiamo.

D Chi è oggi Sergio Taddei ?

R Io abito in campagna con la famiglia (lago di Bolsena), da qualche mese mi sono rimesso a cantare e suonare dal vivo quando capita con delle basi , senza troppe pretese.

ORESTE SPADONI

D 1978 si forma il gruppo Sole di Mezzanotte e Oreste Spadoni è alla chitarra ritmica e voce…
R Avevo 14 anni ed avevo appena conosciuto alcuni dei miei amici con i quali avremmo formato S.D.M.; ascoltavamo folgorati per interi pomeriggi LP con “puntine rumorosissime” : l’ energia del rock di Emerson Lake &Palmer, la chitarra di Santana, il flauto di Ian Anderson che dettava il ritmo dei Jetro Tull. Il rock era un collante che univa le nostre energie adolescenziali; io ero il più piccolo del gruppo, eravamo trascinati

D Erano tempi diversi da oggi…mi risulta che per comprare un amplificatore , spacciandovi per ragazzi della parrocchia, effettuaste una raccolta di carta, cartone, stagnola che rivendeste…
R Ero arrivato in quegli anni a Livorno per il trasferimento di mio padre che lavorava nelle Capitanerie di Porto. Affittammo un appartamento di proprietà della famiglia di “Armando Picchi”, amato fuoriclasse livornese. Spero che la famiglia non se la prenda, eppure ricordo che per comprare un amplificatore che ci consentisse di avvertire sulla pelle le prime vibrazioni del rock, svaligiammo la soffitta di tutte le scartoffie contenute che vendemmo tutto a peso. Purtroppo all’atto della vendita ci accorgemmo che la stagnola era pagata più del doppio della carta normale e comunque spacciandoci per poveri ragazzi della parrocchia racimolammo 5 mila lire che ci servirono per acquistare un amplificatore, indispensabile per liberarci dei” bongos” e della chitarra classica, che cominciavano a starci stare stretti.

D Il primo pezzo che provaste fu “Impressioni di settembre” ma nel vostro repertorio anche cover di Neil Young, Rolling Stones, Jetro Tull…che ricordi?
R Ricordo perfettamente quali atmosfere musicali ci circondavano. Intuì subito l’importanza della tecnica, e cominciai a prendere lezioni di solfeggio e chitarra classica. Avevamo perfettamente capito che dietro le svisate e i virtuosismi era necessario far crescere tecnica e rigore nell’approccio con lo strumento musicale.
Il rock era un pugno nello stomaco e poterlo condividere con i miei amici è stata un esperienza straordinaria.

D La terrazza dove abitavi vide le vostre prime prove…chissà come erano contenti gli altri inquilini…
R La terrazza, e spesso la mia casa fu teatro delle prime prove. Ricordo un concerto che facemmo nel salone di casa mia; il bassista si era provocato una frattura al pollice della mano destra, che, comunque non impedì lo svolgimento della “jam session”. Eravamo molto determinati, probabilmente con scarso senso critico, ma totalmente innamorati di quei suoni, della libertà che si nascondeva tra quelle note.

D L’inverno del 1980 segnò il tramonto del SDM come gruppo musicale, ma non come gruppo di amici. Nel 2009 c’è stata anche una reunion in un agriturismo nel volterrano…a quando la definitiva reunion ?
R Si, l’inverno del 1980 segnò il tramonto del SDM come gruppo musicale, ma non come gruppo di amici. Io ho continuato a girare per l’Italia dietro al lavoro di mio padre, ma ormai era fatta. L’esperienza livornese, proprio nel periodo della adolescenza, aveva modificato in modo indelebile il mio approccio alla vita. Senso pratico, ironia, cazzeggio erano diventati parte di me, e tuttora molto di quel ragazzo è rimasto nell’adulto che sono diventato.
Nel 2009, grazie a questi tanto criticati “social network”, ci siamo ritrovati un fine settimana in un agriturismo perduto nel tempo e nello spazio; le nostre vite hanno prese strade diverse, eppure quei due anni hanno avuto un effetto magico su di noi, solo la musica poteva fondere personalità diverse, e creare affinità che trenta anni dopo ancora si mantenevano intatte. E’ bastato uno sguardo, un camino acceso e una chitarra per ritrovarci a cantare insieme ed avvertire quelle atmosfere adolescenziali che in qualche modo continuavano ad esistere. Rimasi folgorato quella sera. Come un barattolo tenuto per alcuni anni in dispensa, che aprendolo, riproduce gli stessi sapori e gli stessi profumi che all’epoca erano il nostro pane quotidiano.

D Come chitarrista, quali sono le tue influenze, le tue fonti di ispirazione?
R Oltre quel rock anni 70 di cui accennavo, forte è stata influenza della musica brasiliana, dei cantautori italiani, che tra l’altro avevamo anche incluso nel nostro repertorio: Fabrizio De Andre di cui all’epoca era uscita una collaborazione straordinaria con la PFM, mischiando dunque al poeta genovese la timbrica aggrewswiva del rock italiano.

D Oreste, qualche rimpianto ? Qualche occasione non sfruttata ?
R Assolutamente no. Mi sono divertito da morire.
Forse, l’unico aspetto, che prescinde dal gruppo musicale, è il rimpianto di una vita livornese che non è mai accaduta, ma che ho sempre sentito dentro di me. Mi sentivo all’epoca livornese, e a dirla tutta continuo a sentirmici un po’.
Nel 1980 mio padre venne trasferito a Porto Torres e quei sogni, quelle energie, quei suoni, continuano ad essere parte integrante della mia personalità.

D Abiti a Civitavecchia, vuoi salutare qualcuno a Livorno attraverso il nostro giornale ?
R Oggi vivo e lavoro a Civitavecchia, e di tanto in tanto, qualcuno ascoltandomi parlare mi chiede se sono di Livorno, non riesco a nasconderlo…
Voglio ringraziare i miei amici di band e di vita Tore, Enrico, Salvatore e Franco e Giovanni perché, anche se non ho più l’opportunità di frequentarli quotidianamente, quelle energie, quell’entusiasmo che mi hanno regalato ha costituito il capitolo più importante della mia formazione.

ANGELO PIERONI

D 1975, nascono i Glicerine Cream e tu sei alla batteria…bei tempi immagino…

R Si Massimo, tempi meravigliosi, c’era in giro una grande voglia di fare. Tante emozioni e tanta voglia di condividere. I Glicerine Cream sono stati il mio primo gruppo musicale: con loro ho scoperto e vissuto l’emozione del gruppo, della band, un’esperienza unica per un ragazzo. Quel tipo di esperienza da cui nascono le amicizie che durano una vita, quelle legate agli interessi musicali. Ancora oggi tengo i contatti con molti dei musicisti con cui ho condiviso quei momenti.

D Nel vostro repertorio Rock underground e funk…

R Sì, era la mia prima esperienza e avevo voglia di comprendere meglio le tendenze musicali emergenti che mi affascinavano e da cui ho poi sviluppato un mio stile personale. Il nostro repertorio ha risentito molto dei Jefferson Airplane, Lou Reed, Janis Joplin ma anche delle influenze funk che arrivavano fresche dagli States. Da questa esperienza ho compreso che la strada da seguire era quella della composizione originale.

Da questa prima esperienza ha preso vita anche il primo collettivo musicale livornese: un’esperienza collegiale molto interessante grazie alla quale riuscii a far collaborare diversi musicisti, condividendo i pochi mezzi che avevamo a disposizione per poter suonare al meglio. La cosa funzionò bene e molte persone riuscirono così a fare i primi concerti dal vivo.

D Poi il tuo percorso musicale ti trova nel gruppo Jazz Rock Magazine…jazz rock, con strizzata d’occhio agli Area e Perigeo…musica impegnata, tipica del periodo; che ricordi hai?

R Il ricordo che ho di quel periodo è di grande crescita musicale, con dei musicisti veramente in gamba. Mi ero accostato a quel tipo di musica anche perché politicamente impegnato. Il bisogno di cambiamento era insito in quel periodo storico e la musica era uno dei collanti. Musica come quella degli Area, un gruppo che amavo profondamente. Ne ho ricavato una percezione più profonda della forza del messaggio che la musica riesce a trasmettere e una tecnica musicale migliore.

D Infine si arriva al tuo gruppo forse più importante i Sagoth, con musica decisamente più “dura”, metal rock…un cambiamento a 360°…raccontaci

R L’esperienza con i Sagoth è stata devastante, in senso positivo. In seguito all’incontro coi fratelli Cateni, Vito, Rino e Claudio, è nato il gruppo che io stesso ho battezzato Sagoth, nome di un demonio di cui avevo letto anni prima. Ma la cosa sbalorditiva di questa esperienza è stata non tanto e non solo il cambio di genere così repentino, quanto proprio il modo di pensare la musica. In realtà ci siamo contaminati a vicenda: io che venivo da una realtà più complessa dove la ricerca di sottili cambiamenti di ritmo o di accenti era la base della composizione del brano, e loro che invece avevano una tecnica sì ricercata ma più immediata e di impatto. Devo dire che con loro sono cresciuto molto e mi sono anche divertito tanto.

D Oltre ad apparire sulle pagine di giornali specializzati come “Tuttifrutti” avete anche inciso…una bella soddisfazione…

R Sì, la prima apparizione su Tutti Frutti e in seguito quella su HM ci avevano dato già una grande soddisfazione. L’aver poi potuto realizzare il nostro primo video e la presentazione su Video Music in cui abbiamo conosciuto Clive Griffith, con cui mantengo tuttora rapporti di amicizia, ci aveva aperto altre possibilità. Possibilità che purtroppo in quel periodo non abbiamo compreso, tra cui l’opportunità di continuare e di arrivare ad un livello superiore. Ma noi eravamo proprio una Garage Band vera: si viveva il momento presente e si pensava solo a quello successivo, senza preoccuparsi del futuro.

D Ma è nella dimensione “live” che soprattutto si percepiva la potenza del vostro suono e ciò che volevate trasmettere al pubblico…sei d’accordo?

R Assolutamente vero: l’emozione che sentivamo noi sul palco la riuscivamo a trasmettere al pubblico, proprio perché profondamente spontanea. Erano momenti irrepetibili. Mi ricordo come fosse ora il pubblico sotto al palco che ci incitava e quanta energia passava tra loro e noi. Era questo il senso del Live. Dare e ricevere forti emozioni condivise.

D E dopo i Sagoth che ha fatto Angelo Pieroni ? E soprattutto, mi sono scordato qualche gruppo nella tua vita musicale?

R Purtroppo per ragioni di lavoro mi sono allontanato da Livorno per trasferirmi a Firenze ed ho dovuto lasciare il gruppo musicale. Qui ho incontrato una persona speciale, Stefano Bellandi, che è diventato sia il mio bassista che uno dei miei migliori amici. Con lui ho iniziato a suonare con i Satan Sphere, facendo Metal strumentale insieme al chitarrista Matteo Nativo. In seguito io e Stefano siamo migrati nei Dark Tower, Metal classico anni ’90: un’esperienza che purtroppo è finita con la sua morte prematura. Lì mi sono fermato e non ho più suonato in una band per diversi anni, nonostante qualche sporadico incontro con il mio vecchio chitarrista Vito Cateni mi abbia ridato la possibilità di suonare. Ad oggi sto di nuovo suonando con alcuni musicisti e stiamo pensando ad una probabile reunion dei Sagoth.

D Quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi batteristi di riferimento?

R All’inizio i miei batteristi di riferimento sono stati prima Geene Krupa ed in seguito Billy Cobham, ma da quando ho visto il solo di Moby Dick il mio idolo è diventato John Bonham. Le mie fonti di ispirazione sono state molteplici, nonostante sia sempre stato definito un batterista dal tocco forte e con spiccate caratteristiche Metal e utilizzi nei miei ritmi alcune finezze che vengono dalla mia esperienza nel Jazz.

D Angelo, hai avuto una ottima carriera musicale ma c’è un treno sul quale non sei riuscito a salire?

R C’è stato un momento in cui abbiamo pensato seriamente con i Sagoth di fare una tournee: ero in contatto con i Vanadium, gruppo di punta del panorama metal italiano di quegli anni. Andai anche a parlarci a Milano ed incontrai a Roma il loro produttore. Purtroppo, per motivi interni al gruppo, alla fine si decise di non farne niente. Ecco, quello è stato un treno che è partito senza di noi.

D Una domanda che faccio a tutti i batteristi…Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il suo “culo preferito” è quello di Mick Jagger (musicalmente parlando) perché sono più di 50 anni che se lo vede davanti sul palco…quale è il tuo “culo preferito” ?

R Sicuramente quello di Vito Cateni: non solo un musicista eccezionale, ma anche un amico vero che continua ad essere presente nella mia vita. Uno con cui farei mille concerti senza mai stancarmi e di cui ho un gran rispetto sia come chitarrista che come persona.

D Chi è oggi Angelo Pieroni ?

R Una persona che continua a comunicare, sia con la musica che con altri strumenti che ho imparato ad utilizzare. Oltre a lavorare nell’insegnamento per 20 anni, ho prodotto Video di vario genere e realizzato mostre fotografiche. Ma la musica rimane il mio primo amore e forse quello più grande. Spero a breve di incontrare di nuovo il mio pubblico.