Mese: Febbraio 2017
MAURO BINI
D – 1964…si formano gli Spettri con Mauro Bini all’organo…il tuo primo gruppo.
R SI proprio così il gruppo degli Spettri nasce nel 1964 con alcuni musicisti navigati e di avanzata età, pensa che io avevo 17 anni e il mio sassofonista aveva oltre 60 anni , ma dopo pochi mesi sulla scia dei Beatles il gruppo si rinnova con Arturo Morlacchi alla chitarra e con Roberto Dossena al basso ovviamente io e il batterista Buti Carlo.
D – Gli Spettri si sciolgono nel 1965 e nel 1967 entri a far parte dei Fantasmi…
R Nel 1966 dopo aver suonato in alcuni locali del Pisano come “La Pergola” a Cenaia “Lo Sparviero “ a Ghezzano, “il Palco” a Castellina M. ecc. ecc e dopo alcuni cambi di musicisti il chitarrista Ciro che intanto si era aggiunto in quel periodo viene ingaggiato per suonare all’estero e il batterista Buti decise di cessare per motivi di lavoro il gruppo degli Spettri si sciolse.
Nel 1967 io e il bassista Roberto Dossena che avevamo stretto una sincera amicizia entrammo a far parte del gruppo dei Fantasmi , che in quel periodo erano fermi ; più che entrare nel gruppo ingaggiammo in particolare il cantante e chitarrista Mauro Silvi che portò con se il nome del gruppo. Mauro Silvi che a tutt’oggi in attività avendo una particolare voce molto adatta per brani del genere blues e rythm’ n’ blues modulando la voce alla Elvis Presley.
D – Al Pirata eravate di casa ma vi esibiste anche al mitico Piper e all’Atleti, dove eravate molto apprezzati…
R Si, il nostro maggior impegno fu, subito dopo il nostro assestamento, al ” Pirata” oggi la Goldonetta , mi pare nei locali del teatro Goldoni . Il Pirata ogni domenica straboccava di gente , fu un periodo come dici tu di grandi soddisfazioni e venivamo chiamati a suonare da molte parti compreso l’Albergo Atleti , il Piper collocato al circolo Astra all’epoca, avemmo un contratto a Camp Darby al circolo ufficiali , sotto ufficiali e al bagno degli americani di Tirrenia. Fu un periodo nel quale si scambiavano molti musicisti infatti con il nostro gruppo suonò in periodi diversi Filippo Russo sassofonista , Mauro Ciagherotti, Starnotti Ilio batteria , e altri batteristi di cui ricordo solo il nome quali Luciano , Piero , e infine Paolo Granchi. Devo dire però che lo zoccolo duro diciamo cosi per intenderci , fu rappresentato da 3 componenti , Mauro Silvi, Roberto Dossena e il sottoscritto.
D – In pratica siete stati sulla breccia fino al 1974…poi l’avventura finì. Una bella avventura comunque…bellissimi ricordi immagino.
R Negli anni successivi sino al 1974 anno di conclusione di questa esperienza, ricordo proprio l’ultimo dell’anno al Delfino di S.Vincenzo con il gruppo dei Fantasmi, suonammo in molti locali della Vesilia ,un lungo contratto a Ripa di Seravezza che ci permise di essere conosciuti da diverse persone e che tramite impresari fummo inviati a suonare in Lucchesia nell’Empolese e addirittura nel Grossetano.
D – Erano anni incredibili…a Livorno in ogni rione c’erano gruppi che suonavano; in che rapporti eravate con i vostri colleghi musicisti livornesi?
R E’ vero, erano anni incredibili e di grande fervore musicale; se non ricordo male in quel periodo furono censiti in maniera approssimativa in tutta la provincia di Livorno oltre 100 gruppi tra chi suonava, chi si avvicinava alla musica, chi stava provando ma insomma un bellissimo periodo per i musicisti, ed i rapporti almeno tra quelli che ci conoscevamo erano spesso di collaborazione e amicizia perché cosi è la musica è un filo sottile che unisce chi davvero chi la ama .
D – Tu sei un organista…quali i tuoi punti di riferimento?)
R Organista è un titolo importante , suono le tastiere e provengo dalla Fisarmonica come mio primo strumento , comunque i mie riferimenti sicuramente sono quelli dei grandi organisti che hanno fatto si che l’organo divenisse , in particolare l’Hammond , uno strumento fondamentale per tutti i generi musicali questi per me sono dei Miti : Jimmy Smhit , Brian Auger, Keith Emerson, Joe Zawinul …purtroppo alcuni di loro non ci sono più.
D – Dopo i Fantasmi mica avrai attaccato la tastiera al chiodo ?)
R Purtroppo si, per molti anni ho proprio attaccato la tastiera al chiodo come si dice , ma in questi ultimi tre quattro anni ho ripreso a suonare e mi sono comprato una tastiera Hammond SK1 che era il mio sogno da giovane; chiaramente uno strumento digitale e che pesa solo 6 kg a differenza del famoso organo Hammond che anche il portatile pesava qualche decina di kg. Devo dire che il suono però è uguale e quasi ti meravigli che un piccolo strumento cosi faccia gli stressi identici suoni dell’originale compreso il leslie.
D – Mauro, qualche rimpianto, musicalmente parlando ? C’è un treno sul quale non sei salito ?
R Si un rimpianto musicalmente parlando mi è rimasto : nei primi anni ’70 il gruppo dei Fantasmi venne contattato da un’agenzia che organizzava crociere turistiche: dovevamo , prima fare alcune esibizioni per 2 mesi circa in alcuni locali in Svizzera , dopodichè imbarcati su una nave da crociere con conseguenti contratti annuali. La nostra risposta purtroppo sofferta fu un no, perché alcuni di noi , io compreso, avevamo ottenuto un lavoro sicuro e altri si erano sposati e ciò comportò il nostro diniego , ma queste erano riflessioni che a quei tempi venivano dalla nostra cultura e dalle abitudini, delle nostre famiglie, oggi sarebbe stato sicuramente diverso perché far divenire la passione della musica il proprio lavoro penso che sia la soddisfazione maggiore per qualsiasi musicista.
D – Gli anni sono passati…i capelli non sono più dello stesso colore…ma sei d’accordo con me nel dire che chi ama la musica non invecchia mai?
R Mi pare che questa risposta sia già espressa nelle precedenti perché il sentimento di uno che ama la musica non può mai passare. E’ vero che la musica ci fa sentire sempre più giovani ci mette sempre in discussione e nel tempo ci forma con un sentimento più dolce, meno egoistico e più solidale, non guardando troppo alle differenze perché la musica si scrive nella stessa maniera, si legge nella stessa maniera e si suona con espressioni sentimentali di culture diverse.
D – Oggi hai un ruolo di prestigio all’interno della associazione ARCI; un impegno che penso ti gratifica e appaga…quindi chi è oggi Mauro Bini ?
R Nel periodo prima citato dicevo di aver attaccato la tastiera al chiodo ,è vero perché in tutti questi anni sono stato impegnato in attività politiche , sociali e culturali in particolare presidente di un comitato territoriale dell’Arci , di conseguenza ai livelli Regionali e Nazionali dell’associazione. Questo però mi ha permesso di non dimenticarmi ma, semmai sviluppare in altro modo la mia fondamentale passione ,la musica. Infatti sono uno dei promotori della “festa della musica” lanciata molti anni fa dall’Arcia, rassegna musicale dei gruppi giovanili e emergenti che si svolge nella data del 21 giugno in moltissime città italiane. A livello locali abbiamo organizzato da oltre 20 anni “Beat e Summerbeat”, due rassegne musicali ,una invernale ed una estiva dalle quali sono transitati tra i migliori musicisti del mondo tra i quali David Holland, Kenny Wheeler, Jan Garbarek, Joe Zawinul, Brian Auger, Herbie Hancok, e gruppi come gli America non chè gruppi Italiani quali i Nomadi, Piero Pelù, Ivano Fossati e Jazzisti italiani quali , Paolo Fresu, Danilo Rea, Gatto ed altri ancora
Quando mi hai cercato ero a Cuba , io molto spesso vado a Cuba per collaborazione con il ministero della cultura cubano su progetti di cooperazione per l’Arci: questo mi ha permesso di portare e lavorare all’organizzazione di tre concerti all’Avana : I Nomadi , Edoardo Bennato e Jovanotti. Devi sapere che Cuba è una fucina di musicisti. Suonare Salsa con ritmi afrocubani per i cubani è pane quotidiano e i percussionisti e musicisti di strumenti a fiato quali tromba trombone e sax sono tra i migliori.
Come puoi vedere se c’è stato una pausa molto lunga della mia vita non suonando sono sempre stato impegnato in questo meraviglioso mondo che difficilmente può essere cancellato dalla mia mente. Oggi ho un duo Fikkin’s che prende il nome dal mio alias Ficchino e da tre anni suoniamo in locali facendo piano bar con musiche cover ovviamente di quei favolosi anni musicali ’60 ’70.
SERGIO CONSANI
D.: 1967… nascono i Pionieri, gruppo storico di Livorno e tu ne eri il batterista…
R.: Sì, è stato il mio primo vero gruppo con cui ho cominciato a suonare. C’erano Auro Morini alle tastiere, Andrea Michelazzi al basso e Alberto Esposito alla chitarra.
D.: Iniziaste come gruppo di supporto al cantante Alfonso Belfiore, con il quale vi esibiste in molti locali della Versilia e della costa ligure. Che ricordi hai?
R.: In realtà Belfiore è subentrato dopo qualche mese che noi avevamo già iniziato a suonare in vari locali della Toscana. Alfonso cercava un gruppo con il quale esibirsi, e trovò noi. La Versilia l’abbiamo battuta a tappeto, e oltre, fino a Marina di Carrara e La Spezia.
D.: Nel 1968 cessa la collaborazione con Belfiore e il gruppo intraprende un proprio cammino musicale. “Abbandonammo il beat per dedicarci alla nuova musica americana, soprattutto il rythm’n’blues di Otis Redding e James Brown” mi diceva il tuo compagno Andrea Michelazzi… confermi?
R.: Assolutamente. Ci piaceva molto quel genere, e Redding e Brown a quei tempi erano dei veri e propri miti della musica. Abbiamo cercato poi altre soluzioni musicali, ma forse eravamo troppo giovani per avere le idee chiare, e quando ti lasci trasportare solo dall’istinto senza abbinare tecnica e preparazione, allora tutto diventa più difficile.
D.: Nel 1970 vi siete sciolti… che successe?
R.: Io avevo voglia di andare oltre, di intraprendere una vera e propria professione, di fare della musica la cosa principale della mia vita. Invece gli altri si sono fidanzati e accasati, mentre io entrai a far parte del quintetto di Livio Marchetti, trombettista, e andai a suonare con loro su una nave da crociera sulla quale sono rimasto un anno e tre mesi. Un’esperienza fantastica, dove ho conosciuto un sacco di gente, di musicisti e mi sono visto mezzo mondo.
D.: Sei rimasto in contatto con qualche “pioniere”?
R.: Certo! Con tutti. Andrea, Alberto e Auro sono ancora amici miei, e ci siamo visti, abbiamo cenato insieme e quasi quasi avevamo in progetto di organizzare una serata come ai vecchi tempi, mettendo su un piccolo repertorio ed esibirci in qualche locale. Ma manca il tempo, e tra il dire e il fare…
D.: Inutile negarlo… gli anni ‘60 sono stati anni irripetibili. Senza dubbio sono ricordati come gli anni della gioventù… ma non penso che sia solo per quello. Tu che hai vissuto da protagonista musicale quel periodo che ne pensi?
R.: Gli anni ’60 sono stati il periodo d’oro per cantanti e gruppi musicali. La cosa bella è che c’erano tantissimi locali in cui potevamo suonare, e nonostante fossimo in molti a volerci esibire, i concerti e le serate nelle sale da ballo non mancavano mai. Quando avevo 17 anni suonavamo quasi due volte alla settimana: impensabile oggi per un gruppo che è appena nato. Lo vedo male il futuro per i giovani musicisti.
D.: “Erano solo canzonette” si sente spesso dire, rispetto alla musica beat… ma se tutt’oggi fanno “battere il piede” forse non erano solo canzonette…
R.: Ma quali canzonette! Forse che oggi in giro ci sono delle canzoni migliori di quelle degli anni ’60? Poche sono le canzoni di oggi che rimarrano nella storia, mentre quelle degli anni ’50 e ’60 le ascolteranno anche fra cent’anni. Certo, oggi la tecnologia ha influenzato molto le sonorità e la qualità è migliorata, ma poi sono i musicisti e i parolieri a dover far bella una canzone, e se non hai talento non c’è tecnologia che tenga.
D.: Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
R.: In linea di massima ho sempre amato il jazz e le grandi orchestre. Non disdegno però la fusion e sono tanti i musicisti che apprezzo, ascolto e ammiro.
D.: Una domanda che faccio a tutti i batteristi alla quale non puoi sottrarti: Charlie Watts dei Rolling Stones ha sempre detto che il suo “culo” è quello di Mick Jagger che da più di 50 anni si trova davanti sulle scene. Quale è il “tuo culo”?
R.: Uno su tutti: Steve Gadd. In seconda fila Dave Weckl. E poi, per andare un po’ indietro nel tempo, ho sempre amato Joe Morello, il batterista di Dave Brubeck: pulito, tecnicamente bravissimo ma con un cuore sempre aperto alle emozioni e alla comunicatività.
D.: Hai attaccato le bacchette al chiodo o suoni ancora oggi?
R.: Stai scherzando! Un vero musicista non attacca mai lo strumento al chiodo fino a che non muore! Io, quando ho lasciato i Pionieri e sono andato negli Stati Uniti, ho iniziato a fare la professione vera. Sono rimasto negli States cinque anni, ho suonato per diversi musical in molte città americane, ho avuto un gruppo jazz con una cantante cinese eccezionale e poi sono tornato in Italia. Un produttore livornese che lavorava per la RCA mi disse che i Pandemonium cercavano un batterista, sono andato a Roma, ho fatto un provino e mi hanno preso. Era il 1976. Vi ricordate quel pezzo intitolato “Tu fai schifo sempre”? Be’, con questo pezzo assolutamente fuori dalle righe andammo a Sanremo nel 1979. Poi nell’80 ho lasciato i Pandemonium e ho fatto molto lavoro di studio dove registravamo quasi ogni giorno colonne sonore per i film che allora uscivano in continuazione. Ho lavorato per anni con Ennio Morricone, Nicola Piovani, Luis Bacalov, Pino Donaggio, Stelvio Cipriani e… non so quanti altri. In tour con Francesco De Gregori, Gabriella Ferri, un’incisione con Paolo Conte… e basta, sennò non si finisce più. E oggi, che sono tornato a Livorno da qualche anno per questioni personali, ho un gruppo jazz, il JBJ Trio, con il quale mi trovo benissimo: Max Fantolini al pianoforte e Giulio Boschi al contrabbasso. E anche quest’anno parteciperemo al mese del jazz organizzato dall’Unesco ad aprile.
D:: Chi è oggi Sergio Consani?
R.: Uno che non si arrende mai e che una ne fa e cento ne pensa. Oltre a suonare con il mio trio, sono il responsabile della Redazione di questo giornale, 57100livorno.it, poi insegno scrittura creativa, perché c’è da dire che ho pubblicato sei romanzi. Inoltre insegno sceneggiatura cinematografica alla Scuola Cinema del Vertigo. Ho qualche altro progetto in mente, ma magari ne parliamo un’altra volta.
DICK MATTACCHIONE
D Dick Mattacchione…batterista…i tuoi vicini ti amavano quando provavi lo strumento?
R Non provavo certo in casa mia…altrimenti sai che problemi !
D Nel 1966 nascono i D/MEG…nome strano…
R Erano le iniziali dei nostri nomi : Dick (Mattacchione), Maurizio(Di Giovanni), Emilio (Buffolino), Giorgio (Nicastro).
D Nel vostro repertorio soprattutto cover dei Beatles ma non solo…
R Esatto. Beatles ma anche altri complessi famosi. Riuscimmo anche a scrivere due nostre composizioni “Tweed” e “L’estate presso passerà”.
D Eravate di casa alla Baita sugli Scali D’Azeglio; che ricordi hai di quel periodo?
R Ricordi bellissimi…forse perchè eravamo più giovani !
D Nel 1970 il gruppo si sciolse…che hai fatto dopo, musicalmente parlando?
R Ho continuato al “allenarmi da solo”…
D Erano anni molto belli quelli, si respirava un’aria incredibile in città…
R Si certo, era un momento storico completamente diverso da adesso, da molti punti di vista migliore…una esplosione di vitalità gioiosa e non violenta.
D E dopo la musica il tuo nuovo grande amore : il teatro.
R Il teatro ha sempre fatto parte della mia vita : sono figlio e nipote di attori da parte di madre.
D Sempre su un palco si sta…diversità tra il musicista e l’attore?
R Diversità enorme, ma spiegarlo sarebbe troppo lungo. Il pubblico musicale è molto differente da quello che va a teatro.
D Il teatro ti ha completamente “preso” o trovi il modo di suonare ancora?
R Non mi sono più esibito in pubblico come musicista. Comunque mi mantengo in esercizio.
D Chi è oggi Dick Mattacchione ?
R E’ il Direttore Artistico della Compagnia Teatrale “Dietro il Sipario” che si esibisce ormai da trenta anni…ma questa è un’altra storia.
LOU PINA
Intervista alla cantante Lou Pina
D Lou Pina, cantante . Perchè questo nome d’arte visto che il tuo nome di battesimo è Sara?
R Mi chiamo Sara Lupini, ma da quando ho iniziato a utilizzare i social media, soprattutto facebook, ho cercato di utilizzare uno pseudonimo per mantenere un minimo di controllo sulla privacy. Lou Pina è un gioco di parole con il mio vero cognome e poi mi ricorda Lou Reed che fa sempre bene!
D Penso di essere stato il primo che ha “passato” un tuo brano in radio. Ricordo il tuo concerto con Francesco al Cavern…
R Stavo guidando per raggiungere la sala prove e ho sintonizzato la radio in tempo per sentire “Sunday Morning”, il nostro brano, alla radio; è stata una sensazione meravigliosa e ti saremo sempre grati per avercela regalata. Abbiamo ancora dei bellissimi ricordi delle serate al Cavern, sono state una parte importante della nostra esperienza musicale e non solo.
D Hai una gran bella voce, ripercorriamo la tua carriera musicale?
R Sorrido al pensiero di considerare la mia una carriera: ho iniziato con il teatro a 16 anni, presso il Vertigo dove, dopo qualche anno di intensa frequentazione, ho scoperto la mia passione per la musica. Grazie ai corsi e all’ambiente creativo di quella scuola ho trovato la mia “voce” e per questo devo ringraziare 3 persone: Marco Conte, Marco Voleri e Sergio Brunetti, che mi hanno convinto a fare un salto nel buio e iniziare a cantare. I primi passi tramite saggi e spettacoli, dal musical ai classici italiani, fino agli stornelli Livornesi, chitarra e voce sul palco dei 4 Mori.
A quel punto per sperimentare qualcosa di diverso ho lasciato il teatro e iniziato a cantare brani cover in una band di ragazzi.
Le prime prove al fondo presso il mercato centrale, non c’era un’idea precisa, suonavamo cosa ci piaceva e cercavamo occasioni per i live durante il periodo estivo.
Quando la band ha trovato un assetto e un progetto, sono nati gli Strange Colours. Ci eravamo spostati in zona Picchianti e avevamo realizzato una scaletta di cover classiche rock anni 60′ e 70′. C’era un ottimo feeling in sala e riuscivamo più o meno diplomaticamente ad accordarci sulla scelta dei brani, riascoltando le registrazioni amatoriali fatte da parenti e amici durante i concerti non eravamo male…tra il 2010 e il 2012 siamo andati un po’ in giro sui palchi di Livorno e provincia.
Siamo stati a suonare al mercatino americano durante Effetto Venezia, al Summer festival in Villa Corridi per la celebrazione dell’anniversario di Woodstock e in diversi locali cittadini, tra cui il Cavern. La mia storia musicale comunque si intreccia a maglie strette con quella personale visto che ho trovato l’amore tramite la musica, Francesco, il mio compagno da 7 anni: era il batterista della band e per me anche il principale supporto tecnico visto che personalmente non ho basi di teoria e, sebbene lui non abbia studiato musica, ha una predisposizione naturale ad apprendere e una pazienza infinita nel cercare di insegnarmi. Francesco suona anche la chitarra acustica e così al lato del progetto rock, a partire dal 2012 ci siamo dedicati a un progetto parallelo: un duo acustico minimalistico, chitarra d’accompagnamento, voce e un nome assurdo, i Sotto Una Grande Foglia Verde, che era effettivamente un oggetto di design per camerette in vendita all’IKEA che ci portavamo sul palco per fare un po’ di scena! Qui sono dovuta scendere a compromessi con le mie mancanze tecniche, con un assetto così essenziale c’è molto più spazio per errori e molto più potenziale per creare un contatto emotivo con il pubblico; tutto ruota intorno a quello a prescindere dal brano che si esegue, ci si sente molto più esposti, quasi nudi, la cosa mi terrorizza ogni volta ma non posso farne a meno.
Abbiamo portato con noi il progetto acustico che è ancora in piena salute qui nel circolo polare artico dove continuiamo a suonare nei locali e ai festival cittadini!
D Suoni anche la tastiera…
R Magari!! No, non suono la tastiera, nè altri strumenti… riesco a maneggiare una chitarra, saprei difendermi a una spiaggiata estiva davanti al falò ma non di più.
Francesco ancora oggi si domanda come è possibile che io abbia sviluppato un talento nel cantare e allo stesso tempo io abbia un rifiuto irrazionale quando si tratta di applicarmi allo studio di uno strumento.
D Che ci fai in Norvegia? Splendido posto, ma un po’ freddino…
R La Norvegia del nord, 200 km oltre il Circolo Polare Artico, in un’isoletta chiamata Tromsø. Non è stata una scelta facile, ma non ci siamo pentiti di averla fatta.
Mi ero laureata dopo 5 anni di studi in relazioni internazionali, era il 2012 e a causa della crisi finanziaria non c’erano i presupposti per un ingresso sereno nel mercato del lavoro, nè per me nè per Francesco. 6 mesi di internship in un’azienda meravigliosa mi hanno permesso di pianificare il trasferimento in Norvegia, avrei continuato gli studi con un master all’università di Tromsø che conoscevo già dai tempi del mio Erasmus. A gennaio 2013 ci siamo trasferiti, per due anni abbiamo convissuto in 12 metri quadri di stanza nello studentato, bagno e cucina condivisi con altri 3 studenti, studiavamo e lavoravamo per mantenerci. Piano piano la situazione è migliorata, ci siamo integrati con la cultura locale e decisi a restare abbiamo scelto di muoverci in un appartamentino privato, 30 metri quadri sembrano una reggia a confronto, non dobbiamo nascondere la chitarra sotto il letto e nessuno si lamenta di eventuali concerti improvvisati!
Questo paese ci sta offrendo delle opportunità e ora, a quattro anni dal nostro arrivo, possiamo dire di esserci tolti delle soddisfazioni, anche sul piano musicale dove continuiamo a incontrare reazioni positive dal pubblico locale.
D Quindi continui a cantare…
R I musicisti livornesi adorerebbero la scena musicale di Tromsø, ne sono certa.
Generalmente i norvegesi hanno una cultura musicale estesa, sofisticata e trasversale, amano il metal e le ragazzine vanno pazze per Justin Bieber, tutto vero, ma conoscono il jazz e la musica classica, hanno un versione nordica di country e folk appassionato, oltre al pop, la musica elettronica e certe nicchie indie sperimentali; qui la musica è rispettata, in tutte le sue forme. Tutte le persone che conosco si interessano a qualche forma d’arte, penso che sia una reazione al clima estremo e a una bassa capacità di socializzazione spontanea. Per uscire e trovarsi serve uno stimolo, suonare a un concerto o andare ad ascoltare un concerto sono ottimi stimoli, sani e talmente potenti da vincere contro le bufere di neve e la timidezza. In più chi suona uno strumento, e sono tanti, si può permettere di iniziare con strumenti di qualità e ricevere un supporto professionale dai locali e dagli organizzatori di eventi. Quasi tutte le band emergenti sfoggiano il top di gamma in vendita sul mercato e c’è una vera e propria ossessione per la qualità del suono in qualsiasi locale che presenti un palco per musica dal vivo. Inoltre è norma ricevere un compenso e l’assistenza necessaria, il musicista è trattato da professionista anche alla “sagra dello stoccafisso” e pertanto ci si aspetta una performance professionale in cambio; questo incoraggia e mantiene una scena musicale di alto livello. Non deve sorprendere che nell’arco dell’anno vi siano 7 maggiori festival musicali solo nella città di Tromsø, tra cui un meraviglioso 3 giorni estivo a celebrare la storia del rock, con nomi del calibro di Nick Cave, Patty Smith, Dream Teather, Iggy Pop, Gogol Bordello, Opeth, Alice Cooper, per menzionare solo le headlines degli ultimi anni.
D Com’è la scena musicale norvegese, per te che vieni da Livorno, città musicale tra le più prolifiche?
R Si, ovviamente, qui il duo acustico piace, abbiamo dovuto cambiare nome perchè ricordare Sotto una Grande Foglia Verde è già complicato per gli italiani figuriamoci per dei norvegesi che neanche sanno come pronunciare le singole parole. Qui ci chiamiamo “Folking Around” e grazie un debutto con il botto al Musikkfest siamo entrati di prepotenza sulla scena musicale amatoriale della città. Il festival che ci ha dato la possibilità di presentarci al pubblico si svolge ogni anno a fine agosto, per un’intera giornata il centro città ospita 10 palchi suddivisi per genere dove gli artisti si danno il cambio ogni 30 minuti. Ci siamo presentati con i nostri pezzi e alcune cover italiane, principalmente brani di De Andrè che rimangono capolavori a qualsiasi latitudine. Da quel momento abbiamo ricevuto ingaggi per eventi, anche privati, e siamo stati invitati a partecipare a jam sessions e open mic nights, da cui sono nate altre collaborazioni che tuttavia sono sempre in via di assestamento.
D Sei giovanissima, beata te, ma c’è un’occasione che non hai sfruttato o va bene così ?
R Amo quello che faccio e come lo sto facendo, va bene così, non mi prendo sul serio come musicista, nè mi sono mai affannata per crearmi delle occasioni nel settore. Potessi tornare indietro mi applicherei allo studio di uno strumento, questo è certo; è frustrante sentirsi limitati per la mancanza di basi solide su cui lavorare al miglioramento delle proprie prestazioni. Credo che possedere un qualche talento musicale sa un dono incredibile ma non ho mai creduto di avere qualcosa in più di molte altre belle voci là fuori. Forse, con un po’ più di consapevolezza del proprio potenziale, se affidata a qualcuno in grado di aiutarmi a coltivare quel potenziale e indirizzarlo verso un obiettivo preciso sarei stata in grado di vedermi come una cantante, trovare il mio stile personale e dare alla musica un ruolo ufficiale nella mia vita.
D Vuoi salutare la tua città e qualcuno attraverso il nostro giornale ?
R Livorno me la porto negli occhi e nel cuore ogni giorno, e da quando vivo all’estero sono sempre più convinta che non ci sia luogo migliore dove essere nata e cresciuta. Sono orgogliosa che la mia appartenenza alla città labronica definisca la mia persona, con le leggi livornine, i buchi per l’ombrelloni agli scogli piatti e “Puccio sterza”. Mi manca, mi mancano le passeggiate sul lungomare, le libecciate, il sabato in Via Ricasoli, le serate in Venezia, i miei locali preferiti dove sedersi a mangiare e chiacchierare con i proprietari è normale e si discute davanti a un ponce, e si gioca a carte sui bagni la sera, e si dibatte di politica davanti alle edicole e si va a sentire il Luti che suona al Cage o alla Bodeguita. I nostri saluti da qui vanno a tutti coloro che rendono Livorno unica e fiera nel mondo, e anche gli amici e i parenti, e i musicisti che ci hanno accompagnato e che ancora suonano in città e tutti coloro che ci hanno offerto una pizza e una birra in cambio di qualche nota messa bene.
D un ultima domanda…chi è oggi Lou Pina…Sara ?
R “I’m one of those regular weird people.” Janis Joplin