DAN BERN – Sarzana 12/4/2001

Gran bella serata quella di giovedì dodici aprile al Jux Tap di Sarzana, locale di punta nel circuito della musica live in Toscana. Sul palco si esibiva Dan Bern, giovane ed interessante cantautore americano con al suo attivo tre album (di cui uno doppio), tutti di pregevole fattura.

Il giovanotto riunisce nella propria musica massicce dosi di Dylan, soprattutto per quanto riguarda il songwriting e talvolta il modo di impostare la voce, sapientemente miscelate con il senso del tempo di Elvis Costello e l’incedere maestoso pregnante di alcune cose di Leonard Cohen. Il tutto però viene fuori in modo assolutamente originale e sorprendente rendendolo una delle migliori realtà del panorama musicale contemporaneo.

L’inizio del concerto è acustico. Dan si presenta sul palco da solo e attacca una cover di un vecchio brano di Mississippi Fred McDowell, “Freight train blues”, la voce è molto dylaniana e sembra uscire da “Freewheelin’” o “Another side”, quindi la band lo raggiunge e nell’aria si librano le note di un altro grande classico, “House of the rising sun”, due pezzi soli ed il concerto va già alla grande. La voce di Dan Bern è forte e potente, ma allo stesso tempo di notevole estensione, di stampo dylaniano certo, ma non quella di uno dei tanti cloni del menestrello di Duluth, quando vuole sa imitare il grande Bob alla perfezione, ma lo fa sempre volutamente. La band, dal canto suo è solida e compatta, totalmente al servizio del leader, suona pulita e senza sbavature di sorta, assecondando bene il cantante. In questo modo scorrono via che è un piacere “Jerusalem”, “Marilyn” e “I’m not the guy”, poi Dan fa qualche passo in avanti, oltrepassa il microfono e comincia a cantare “Tiger Woods”, quando ritorna sui propri passi si inserisce la band e ne esce una versione tirata e nervosa.

“Kurt Cobain”, lullaby semiacustica dal bell’assolo di chitarra elettrica e “One thing real”, compatta, cantata con voce potente e dall’assolo di armonica sul finale ci introducono alla parte centrale dell’esibizione. Un’introduzione parlata sui furti musicali precede una delle composizioni migliori del songwriter dell’Iowa, “Chelsea hotel”, la canzone è di grande presa ed il pubblico la segue con attenzione e non lesina applausi neppure quando si interrompe perché Dan si toglie una lente a contatto per pulirla dal sudore che gli era colato nell’occhio, nel finale si sente un buffo accenno a “That’s amore”.

“Suzanne” e “Cure for AIDS” ci portano ad un altro dei momenti caldi della serata, seppur in due modi diametralmente differenti, molto rock e potente la prima con la band che canta tutta insieme, scarna e delicata con delle tastiere appena accennate che sorreggono la melodia la seconda.

Partono le note di un famoso pezzo dei Beatles e subito la platea si scalda, Dan canta bene e la band come al solito lo segue compatta, c’è anche un breve assolo country del chitarrista Eddie Brown, “All my loving” si chiude fra applausi scroscianti. E’ passata un’ora e un quarto e non ce ne siamo neppure accorti.

Dopo la lenta “Without you” Dan Bern presenta “Wasteland”, forse il suo capolavoro, una canzone splendida che potrebbe benissimo aver scritto il Dylan di Highway 61. L’inizio è lento con la voce in evidenza, il suono cresce maestoso, sul ritornello Dan dà il meglio di sé porgendola in un modo che sta a metà tra Dylan e Springsteen, il pezzo cresce sempre più, lirico, potente, di grande impatto. L’apice del concerto.

Da una grande canzone all’altra. “Rome” ha un incedere cadenzato, epico, alla Leonard Cohen, il suono è sempre senza sbavature, l’assolo di chitarra elettrica come al solito breve e preciso, Dan Bern canta a voce spiegata e nel finale gli altri componenti del gruppo si uniscono a lui alzando ulteriormente il climax dell’esibizione. Pubblico in visibilio.

A questo punto un tizio sale sul palco e chiede al nostro di accompagnarlo in una versione di “Thunder road” di Springsteen, la band si presta simpaticamente e al termine Dan presenta la band composta oltre che dal succitato chitarrista anche da Will Masisak alla batteria e alle tastiere e da Tiny Leland al basso quindi dà il via all’ultimo pezzo del concerto. “Estelle” parte semiacustica con l’accompagnamento che cresce e decresce a ondate successive mentre la voce rimane sempre al centro della canzone. Concluso il brano la band scende dal palco ma la platea non ci sta e la richiama a gran voce.

I nostri rientrano e nell’aria si spandono le note di una delle più belle ballate del primo periodo dei Rolling Stones, “As tears go by” è splendida di suo e Dan Bern conferma la sua grande qualità di interprete, il brano quindi sfuma in uno dei riff più celebri della storia del rock e ancora una volta il ragazzo conferma di avere le radici giuste perché “Mr. Tambourine man” è allo stesso tempo personale e fedele all’originale. Il pubblico è visibilmente soddisfatto, gli applausi si sprecano, così come le grida di giubilo e approvazione.

“Too late to die young” chiude definitivamente la serata, la canzone è di Dan Bern ma è puro Costello sound, il che dimostra per l’ennesima volta la versatilità e la grande capacità compositiva del giovanotto, alla conclusione le luci in sala si accendono, dagli amplificatori esce musica registrata, stavolta è proprio finita, ma ci apprestiamo a tornare a casa soddisfatti per avere assistito ad un concerto bello e coinvolgente da parte di un artista che ci ha sorpreso in positivo dimostrandosi ancora più in gamba di quello che già sapevamo.

RUTH GERSON – Pisa 13/2/2001

INTERVISTA A RUTH GERSON

BORDERLINE – PISA 13-02-2001

Parlare con Ruth è un piacere, infatti il suo italiano migliora anno dopo anno ed ora è arrivata ad un livello tale che lo parla meglio della signora che abita nel mio pianerottolo che è 60 anni che sta a Livorno. E’ la terza volta che vedo Ruth dal vivo e che ho l’opportunità di scambiare due chiacchiere con lei :

ruth-pi

  • Ciao Ruth, ti ricordi di me ?
  • Si, Massimo, come stai ?
  • Bene grazie, e te ?
  • Molto bene, sono contenta di essere ancora una volta qua, ma te come fai ad essere così abbronzato ?
  • Sai , vado al mare tutto l’anno e perciò…
  • Dove vai in “pisciata” ?
  • Come in “pisciata”, vuoi dire in piscina ? (Le spiego la sottile differenza tra i due termini e lei scoppia in una risata irrefrenabile, fino alle lacrime)
  • E’ un po’ che non pubblichi un album, a quando il prossimo ?
  • Avevo già finito un nuovo lavoro, ma dopo, a risentirlo bene, non mi soddisfaceva e così l’ho buttato a mare e ho iniziato di nuovo. Penso che tra 4/5 mesi sarà pronto. Posso prendermi tutto il tempo che voglio, sono una indipendente, mi produco i CD per conto proprio, non sono legata ad alcuna major.
  • Ancora una volta in Italia e a Pisa (E’ la terza n.d.r.)
  • Si, e ne sono felice. In Italia c’è un bel clima, il cibo è il migliore del mondo, voi siete simpatici e Pisa è bella.
  • ruth
  • Perché non hai mai visto Livorno.
  • La prossima volta mi farai da Cicerone.
  • Volentieri, è uno dei sogni della mia vita (Ride divertita)
  • Cosa mi dici della scena musicale di New York. La tua città ?
  • E’ una scena in continuo fermento, con bands che nascono e muoiono di continuo, con locali che possono fare la fortuna di un artista. Pensa che ultimamente ho fatto 40 serate al “Mondocane”, un locale del Village, uno dei locali più famosi , ed è stato un “sold out” tutte le sere.
  • Per una donna è più difficile ?
  • Dipende ,se ci sai fare è tutto più facile.
  • Come fai ad essere sempre più carina ?
  • Sei sempre il solito adulatore.

E’ tardi e Ruth è reclamata sul palco, ci lasciamo con l’intesa di scriverci il più possibile via e-mail per tenersi in contatto.

Se prima ero innamorato di lei, ora sono totalmente “cotto”.

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MOLLYS – Sarzana 30/05/2002

MOLLYS

GIOVEDI 30 MAGGIO 2002 – JUX TAP ( SARZANA )

Avevo già visto i Mollys lo scorso anno e ne rimasi folgorato; non potevo quindi farmi sfuggire l’occasione di vederli ancora grazie all’amico Carlo Carlini che ha fatto si che si esibissero ancora in quel magnifico locale che è il Jux Tap di Sarzana ottimamente condotto da Umberto Bonanni.

Quando entriamo la band sta sempre cenando e ci fermiamo a fare due chiacchiere; il tempo vola veloce e tra un bicchiere di rosso italiano, molto apprezzato, e un caffè italiano, molto apprezzato anche questo, facciamo l’ora della esibizione.

La band è al completo con Nancy McCallion in forma smagliante (l’anno scorso era in stato interessante), suo marito, il chitarrista Daniel Krieger, il batterista Marx Loeb, il bassista DanielSorenson e soprattutto il fisarmonicista Kevin Schramm sono suoi degni compari.

Si spengono le luci nella sala e subito abbiamo un assolo di fisarmonica (sarà il filo conduttore della serata) che introduce Sierra Madre. La grande voce suadente di Nancy ci porta in piena festa messicana per un inizio con i fiocchi.

Il secondo pezzo mi conferma già che avevo ragione: i Mollys sono una grande band. Odessa infatti ci trascina in una sagra paesana, con i falò che scoppiettano e le persone che cantano e ballano, con una irrefrenabile gioia di vivere. Musica di frontiera ,con un duetto tra fisa e chitarra (bravissimo Krieger) che si rincorrono, si lasciano, si ritrovano. Un battimani generale accompagna la canzone dall’inizio alla fine con una McCallion scatenata.

Per un attimo Sarzana (Italia) = Odessa (Texas).

La calda e dolce voce di Nancy fa da inizio a Trouble, una canzone appena sussurrata, intimistica, con gli strumenti che accompagnano senza essere invadenti.

Anche Moon è introdotta da una voce cadenzata ma dopo pochi secondi vi è una esplosione di suoni e colori come solo la musica del border sa fare, con una fisarmonica imperiosa, vera anima musicale del gruppo che lega tutto lo stupendo tappeto sonoro.

Un duetto canoro tra Nancy e Daniel è il leit motive di Round, una canzone dolce e tenera, con la fisarmonica onnipresente che ricama il tutto per un finale epico, da brivido.

Appena il tempo di finire di batter le mani e ci troviamo in Irlanda con Lang Town. Nancy stavolta è al whistle con il fisarmonicista Schramm che lascia il suo prezioso strumento per duettare con un bouzouki con lei. La voce di Nancy introduce una giga finale mozzafiato: impossibile non battere il piede.

Questa volta Sarzana (Italia) = Dublino (Irlanda)

Solo la chitarra, basso e batteria per Up Spoke, con un ritmo decisamente accattivante dal finale incandescente.

Adesso duettano la chitarra con la fisarmonica in Baby In Cart per poi lasciare spazio alla voce di Nancy.

La splendida Strike Me Down ci riporta in Texas. E’ inutile, è questa la “nostra” musica. Le note sgorgano limpide, pulite, con la fisa che ora sembra un lamento, ora allegra, ancora su tutto e tutti. Kevin Schramm è un bagno di sudore, completamente bagnato.

La seguente Mother Mother ci fa capire la grandezza dei Mollys. L’inizio ha un incedere epico, con i verdi prati d’Irlanda sotto i nostri piedi, poi entrano le chitarre scintillanti e siamo ad Asbury Park, finale con la Nancy McCallion e la sua voce che ci riporta in Texas, al confine col Messico. Una dimostrazione di musica totale, di musica vera, di musica con un cuore e delle vene.

Pride è l’apoteosi. L’introduzione è affidata alla fisarmonica, poi entrano tutti gli altri strumenti in un crescendo continuo ed esplode la gioia. La fisa è inarrestabile, inarginabile, assistiamo ad un finale interminabile con tutti gli strumenti che rispecchiano l’anima dei musicisti.

I nostri eroi sono stremati, non si sono certo risparmiati, ma dopo i saluti, tornano ancora per il bis affidato a Sophye. E’ una festa di suoni, con quella fisa indiavolata, incontrollabile. C’è tutta la musica di frontiera in quelle note, una musica piena di quella gioia piena di tristezza e malinconia che solo la musica di frontiera è in grado di esprimere. Ad accompagnare la fisarmonica ora c’è la chitarra, poi la fisa è ancora da sola con Kevin che sembra deponga la sua anima al di sopra di tutto, in perfetta simbiosi con il suo strumento. Il finale coinvolge tutti, ed è un finale dirompente, vulcanico, pieno di polvere e sudore.

Anche noi siamo sudati ma felici di aver assistito ad un grandissimo concerto. La sera, in questa terra di confine tra Liguria e Toscana è tiepida e piacevole e per un momento anche noi ci sentiamo “on the border”.

Alla prossima Mollys.

Massimo Volpi.